Muore dopo l'assunzione della Ru486, primo caso in Italia

La tragica notizia, secondo l’onorevole Gian Luigi Gigli, “ripropone il problema di un’accurata informazione sui rischi dell’aborto chimico”

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Una donna di 37 anni è morta, all’ospedale Martini di Torino, dopo un aborto con la pillola Ru486. La tragedia si è consumata nella notte di mercoledì: le contrazioni uterine che favoriscono l’interruzione della gravidanza le avrebbero provocato un infarto. Inutili i tentativi dei medici di far ripartire il cuore, il quale ha ceduto poco dopo il ricovero in rianimazione della donna. Si tratta del primo caso in Italia, mentre negli Stati Uniti si contano già otto vittime della pillola abortiva, diciannove nel resto del mondo.

La donna, madre di un altro bambino di 4 anni, aveva deciso di interrompere la nuova gravidanza. Così, rivolgendosi in ospedale, lo scorso 7 aprile le era stato somministrato il mifepristone, la sostanza che entro 48 ore massimo ferma la gestazione. Due giorni dopo, appunto mercoledì, come da protocollo, si è ripresentata in ospedale per la somministrazione dell’altro farmaco, la prostaglandina, che provoca le contrazioni uterine necessarie all’eliminazione della mucosa e dell’embrione. L’autopsia sul corpo verrà effettuata lunedì prossimo.

Stando alle dichiarazioni dei medici, che hanno sottoposto la signora a una visita e a un’ecografia, non era stato rilevato “nulla di anomalo”, ossia nessuna “condizione patologica pregressa” tale da indurli a “evitare il protocollo”. Motivi validi, secondo il direttore sanitario, Paolo Simone, per affermare che “questa tragedia non ha spiegazione”.

Non è dello stesso avviso Gian Luigi Gigli, parlamentare dei Popolari per l’Italia nonché medico. Raggiunto telefonicamente da ZENIT, Gigli ha affermato che “la tragica morta della donna di 37 anni a causa della pillola Ru486 ripropone il problema di un’accurata informazione sui rischi dell’aborto chimico”.

Con questa, sono dunque ventotto le morti verificatesi in giro per il mondo a seguito della somministrazione della pillola in questione. Ma a tale cifra, ricorda l’onorevole Gigli, “vanno aggiunte altre dodici morti che hanno a che fare con un uso a fini non abortivi della stessa sostanza”. Citando gli studi della Food and Drug Administration americana, Gigli ha sottolineato che “si verifica un decesso ogni centomila aborti procurati con questa sostanza”.

Prosegue l’onorevole che, “se questo fosse accaduto con qualunque altro farmaco, anche indicato per patologie gravi, si sarebbe messa in atto una sorveglianza strettissima sul suo uso”. Risulta dunque singolare che “dinanzi a sostanze somministrate non per curare una malattia, bensì per interrompere un fenomeno fisiologico qual è la gravidanza, ossia per sopprimere una vita umana, vi è un tentativo di banalizzazione”.

Al contrario, “queste sostanze andrebbero monitorate per i loro effetti pericolosi”, prosegue Gigli. Il tentativo in atto in Italia di “arrivare alla somministrazione di queste sostanze anche al di fuori dell’ambiente ospedaliero” richiede dunque l’impegno a resistere a “questi tentativi di banalizzazione”, inoltre Gigli invita le autorità sanitarie a “ribellarsi alle pressioni delle industrie che vogliono potenziare lo smercio di sostanze ad alto profitto”.

Questa mattina, nel corso di un’interpellanza nata “per chiarire le modificazioni, anche in questo caso con intenti banalizzanti, del foglietto illustrativo delle pillole del giorno dopo”, l’onorevole Gigli ha preso lo spunto dal dato di cronaca per richiamare l’attenzione del sottosegretario alla Sanità, Vito De Filippo. Tuttavia, sul fatto specifico della morte della donna a Torino, “De Filippo ha ritenuto di non rispondere”.

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Federico Cenci

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