La Cei esprime "non poche riserve" sulla sentenza del Tribunale di Grosseto

Per i vescovi italiani il matrimonio è “l’unione tra un uomo e una donna”, è uno “strappo” disporre per via giudiziaria a trascrivere un matrimonio omosessuale contratto all’estero

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Succede in Italia. Sebbene il matrimonio omosessuale non sia legalmente riconosciuto, un giudice può stabilire che due persone dello stesso sesso che hanno contratto matrimonio all’estero si vedano riconosciuta anche in Italia la trascrizione del loro legame.

È quanto ha stabilito il Tribunale di Grosseto, il quale ieri ha ammesso la trascrizione nei registri del Comune del matrimonio contratto a New York nel dicembre 2012 tra due uomini. Secondo il giudice Paolo Cesare Ottati, che ha emesso la sentenza, non esiste in Italia una norma che vieta esplicitamente il matrimonio omosessuale.

La decisione suscita tuttavia “gravi punti interrogativi e non poche riserve”. Lo afferma la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana parlando di “strappo” e “pericolosa fuga in avanti”.

“Riteniamo che, al di là degli aspetti tecnici da approfondire adeguatamente in tutte le sedi competenti, sia doveroso da parte nostra sottolineare alcune questioni di fondo”, si legge nella nota diffusa dalla Cei.

“Con tale decisione rischia di essere travolto uno dei pilastri fondamentali dell’istituto matrimoniale, radicato nella nostra tradizione culturale, riconosciuto e garantito nel nostro ordinamento costituzionale”, proseguono i vescovi italiani. “Il matrimonio – si precisa nella nota – è l’unione tra un uomo e una donna, che in forma pubblica si uniscono stabilmente, con un’apertura alla vita e all’educazione dei figli”.

Che una sentenza di un tribunale provi a demolire questa realtà naturale è considerato dalla Cei “uno strappo, una pericolosa fuga in avanti di carattere fortemente ideologico”. In tal modo, conclude la Presidenza, “perfino si riducono gli spazi per un confronto aperto e leale tra le diverse visioni che abitano la nostra società plurale”.

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ZENIT Staff

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