Sono anni che molti sapevano, ma pochi hanno mosso un dito. La Turchia è l’inferno dei giornalisti. Sì, proprio nel paese definito da sempre un paese moderato e libero, i giornalisti detenuti nelle prigioni turche sono più numerosi di quelli arrestati in Cina.
L’Unione Europea e gli Stati Uniti non hanno alzato la voce per timore di tanti interessi geopolitici ed economici, che li legano alla Turchia. Qualche giorno prima delle recenti elezioni amministrative, dopo mesi di violenti proteste e scontri di piazza, repressione, arresti e vittime, a seguito di scandali finanziari e casi di corruzione che hanno quasi travolto il governo.
Pe fermare la rivolta il primo ministro Erdogan ha fatto chiudere i social network, perché considerati veicolo di informazione alternativa e fuori controllo.
Ha oscurato Twitter, chiuso Youtube e bloccato Facebook, per tappare la bocca ai giornalisti scomodi e fermare il flusso di informazione alternativa.
In un clima di censura e minaccia alla libertà di espressione, Erdogan perde punti, ma vince comunque alle urne, anche se con tanti punti interrogativi sui risultati, e con diversi casi di irregolarità e di riconteggio di voti.
Il Premier, fresco di vittoria, ha promesso vendetta senza usare mezzi termini: i traditori della nazione pagheranno. Giornalisti minacciati, perseguitati, licenziati e condannati. L’ultimo caso è della giornalista turca Yasemin Taskin cacciata dal filo-governativo Sabah. La corrispondente da Roma è stata semplicemente licenziata da un giorno all’altro.
I cittadini turchi non ci stanno a questa sorta di ‘mediacidio’ e, insieme a loro giornalisti intellettuali, sindacalisti, associazioni, colleghi e attivisti italiani, si mobilitano per chiedere i ripristino dei diritti fondamentali dei cittadini turchi.
Chiedono più libertà per i giornalisti, uso libero dei socialnetwork, e l’abrogazione della recente legge sull’utilizzo del web.
Queste sono le chiare richieste avanzate nel sit-in di protesta davanti all’Ambasciata della Turchia, in via Palestro 28, svoltosi stamattina a Roma, promosso e organizzato da Iniziativa Europea per il Pluralismo dei Media,www.mediainitiative.eu.
Una campagna transnazionale 2.0 che chiede alla Commissione Europea di adottare una direttiva specifica a tutela della libertà di stampa e del pluralismo dell’informazione grazie allo strumento della raccolta di firme certificate online. Gli iniziatori della campagna, European Alternatives e Alliance Internationale des Journalistes, partendo dai tredicimila cittadini che hanno già sottoscritto, hanno l’obiettivo di raggiungere presto il target di un milione di firme in tutta Europa.
Un’iniziativa che parte dal basso per chiedere ai media indipendenti e pluralisti, come ci spiega Elisa Galletta, una degli organizzatori dell’iniziativa, e che denuncia un silenzio complice su una informazione che non è più plurale ma condizionata da un chiaro conflitto d’interessi.
Uno strumento telematico che inciderà direttamente, sull’adozione di un provvedimento legislativo efficace nei 28 Stati membri dell’Unione.
Il sito dell’iniziativa plurilingue, infatti, presenta l’impegno alla mobilitazione digitale dei cittadini per la risoluzione del conflitto d’interessi che determina un autentico ‘mediacidio’ e dall’esigenza di individuare organismi terzi di autocontrollo dell’emittenza pubblica al tema della libertà digitale, come si chiede firmando su www.iniziativamedia.it.