Sull’onda dell’emozione destata dalla canonizzazione dei due “Papi Santi”, ecco un interessante volume dedicato a Giovanni Paolo II, pubblicato in prossimità dell’atteso evento del 27 aprile. Il libro, intitolato Accanto a Giovanni Paolo II – Gli amici e i collaboratori raccontano (Edizioni Ares), raccoglie le testimonianze di personalità laiche e religiose che hanno conosciuto da vicino Karol Wojtyla. Ne è autore il vaticanista Wlodzimierz Redzioch, che nel 1980 si stabilì a Roma per organizzare un centro per i pellegrini polacchi, convinto dalle parole di due amici sacerdoti: «Non dimenticare che adesso la storia della Polonia si fa qui».
«Ho vissuto accanto a Giovanni Paolo II per tutto il suo pontificato», scrive Redzioch nell’introduzione al volume. «Stando vicino a lui e ai suoi collaboratori a un certo punto mi sono reso conto che era un santo». Ed è appunto il carisma di santità di Wojtyla a costituire il filo conduttore del libro che, secondo le parole dell’autore, vuole «far conoscere Karol Wojtyla, l’uomo, il sacerdote e il Papa, raccontato dalle persone che lo hanno servito, che gli sono state accanto, che lo hanno aiutato a scrivere la storia della Chiesa e del mondo».
La prima di queste persone è un personaggio d’eccezione: Sua Santità Benedetto XVI. Bellissimo il ritratto di Giovanni Paolo II che sgorga dalla narrazione del Papa emerito, in ricordo dei lunghi anni di lavoro comune. Un ritratto da cui emerge la «straordinaria bontà e comprensione» di Wojtyla ma anche il suo impegno instancabile: «Durante la sua prima visita in Germania (1980) – ricorda Benedetto XVI – per la prima volta feci un’esperienza molto concreta di questo impegno enorme. Per il suo soggiorno a Monaco di Baviera, decisi pertanto che dovesse prendersi una pausa più lunga a mezzogiorno. Durante quell’intervallo mi chiamò nella sua stanza. Lo trovai che recitava il Breviario e gli dissi: “Santo Padre, Lei dovrebbe riposare”; e lui: “Posso farlo in Cielo”».
Se il pezzo forte del volume è l’intervista al Papa emerito, occorre dire che il complesso dei personaggi intervistati è di altissimo livello: dal Card. Camillo Ruini, che fu Vicario di Wojtyla per la Diocesi di Roma, al Segretario di Stato Card. Angelo Sodano; dal Card. Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, a Mons. Slawomir Oder, postulatore della Causa di beatificazione e canonizzazione; da Joaquín Navarro Valls, già Direttore della Sala Stampa Vaticana, a Stanislaw Dziwisz, Cardinale arcivescovo di Cracovia.
Un apposito capitolo è dedicato agli “amici di sempre”: i cardinali Andrzej Maria Deskur e Stanislaw Nagy (scomparsi rispettivamente nel 2011 e nel 2013) ; il filosofo laico Stanislaw Grygiel; l’amica spirituale Wanda Póltawska, che fu accanto al Santo Padre fino alla fine, condividendo gli ultimi giorni della sua agonia.
Di particolare interesse il confronto a distanza tra le due donne miracolate per l’intercessione di Giovanni Paolo II: la costaricana Florybeth Mora Díaz, guarita da un irreversibile aneurisma cerebrale, e la suora francese Marie Simon Pierre Normand, guarita dal morbo di Parkinson.
Un verdetto senza speranza quello formulato nel 2011 per Florybeth Mora Díaz: «Rottura di aneurisma dell’arteria cerebrale destra con emorragia». Il giorno della beatificazione di Wojtyla, malgrado gli atroci spasmi alla testa e la paralisi totale, Florybeth chiese aiuto al Beato e volle seguire la Messa in Tv. Il mattino seguente i sintomi della malattia erano scomparsi. I medici dovettero constatare un fatto scientificamente inspiegabile: nel cervello della paziente non c’era più traccia dell’aneurisma. Altrettanto inspiegabile la guarigione di Suor Normand avvenuta nel 2005: prostrata dalla sofferenza e costretta sulla sedia a rotelle da un Parkinson conclamato da anni, dopo una novena delle sue consorelle rivolta a Wojtyla, si era «alzata di scatto, senza sentire dolore».
Un sentimento condiviso che caratterizza molti degli intervistati è la consapevolezza della santità di Giovanni Paolo II, percepita nella prassi quotidiana quando il Pontefice era ancora in vita. Benedetto XVI: «Che Giovanni Paolo II fosse un santo, negli anni della collaborazione con lui mi è divenuto di volta in volta sempre più chiaro»; Card. Angelo Amato: «Ero convintissimo della santità di Giovanni Paolo II prima ancora che cominciasse il processo»; Emery Kabongo, arcivescovo, segretario di Wojtyla: «Sentivo nel mio cuore che sarebbe diventato santo, e che la Chiesa lo avrebbe riconosciuto come tale».
Convinzioni che hanno poi trovato conferma nell’intuizione popolare, che si espresse nella famosa acclamazione “Santo subito!”, la sera della morte di Wojtyla.
Molto interessante anche la testimonianza di Mons. Pawel Ptasznik, capo della sezione polacca della Segreteria di Stato, che fu per quasi dieci anni uno dei più stretti collaboratori del Papa. Mons. Ptasznik spiega, tra l’altro, che i manoscritti delle prime encicliche di Giovanni Paolo II erano praticamente perfetti, con pochissime correzioni, grazie alla straordinaria capacità del Pontefice di tenere a mente un documento lunghissimo prima ancora di scriverlo.
Nel capitolo intitolato “I collaboratori in Vaticano” sono intervistate due personalità che, per il ruolo che svolsero accanto a Wojtyla, godono tuttora di un prestigio internazionale. Intendiamo parlare di Joaquín Navarro Valls, perno della comunicazione vaticana per oltre vent’anni, e del Card. Camillo Ruini, che venne considerato per quasi un trentennio una delle personalità più influenti della Chiesa. Per entrambi riportiamo una domanda, e la relativa risposta, esemplificative del loro rapporto con Wojtyla. Alla domanda: «Con quali sentimenti parteciperà alla canonizzazione di Giovanni Paolo II?», Navarro Valls risponde: «Forse gli dirò ancora quello che già qualche volta gli ho detto: Grazie Giovanni Paolo II per il capolavoro che, con la grazia di Dio e la tua generosità, hai fatto della tua vita». A Sua Eminenza Ruini viene invece domandato: «Che cosa ha significato il pontificato di Giovanni Paolo II per la Chiesa e per il mondo?». Risposta: «Egli era convinto che il mondo, in qualche modo, stesse voltando pagina, che l’ondata più alta della secolarizzazione fosse già alle nostre spalle. Nel suo grido “Non abbiate paura!” c’era già questa convinzione di fondo».
Il postulatore, Mons. Slawomir Oder, l’uomo che, più d’ogni altro, si è prodigato per portare a compimento il processo di beatificazione e canonizzazione, riassume i momenti salienti di un impegno durato nove anni: “indagare” su Karol Wojtyla – spiega Oder – ha significato per me accostarmi «a un esempio splendido di sacerdozio, che mi ha entusiasmato, ha rafforzato la mia vocazione e mi ha dato molti stimoli per una crescita personale». Mons. Oder parla inoltre del fenomeno dei pellegrinaggi delle reliquie di Giovanni Paolo II, spiegando che «le reliquie sono un segno della presenza del santo in mezzo a noi, un segno storico e concreto. Non è una realtà magica, ma un richiamo ai valori della persona, del suo insegnamento».
La galleria dei personaggi presenti nel libro non finisce qui: ci sono ancora il Card. Tarcisio Bertone; Egildo Biocca, addetto alla sicurezza del Papa; il suo medico personale Renato Buzzonetti; Arturo Mari, fotografo ufficiale; il segretario particolare Mieczyslaw Mokrzycki; il vaticanista Gianfranco Svidercoschi; Javier Echevarría, vescovo dell’Opus Dei… Ma non vogliamo sottrarre al lettore il piacere della scoperta. Concludiamo dunque con le parole di Wanda Póltawska, che sopravvisse ai lager nazisti e fu miracolata da un tumore su richiesta di Wojtyla per l’intercessione di San Pio da Pietrelcina. Alla domanda: come mai Giovanni Paolo II attirava tanta gente, anche persone lontane dalla Chiesa?, la dottoressa Póltawska risponde: «È semplice: lui attirava la gente perché veramente amava tutti. E la ge
nte lo capiva, lo sentiva, e in modo naturale ricambiava amore con amore, affetto con affetto».
In conclusione, un libro che si legge come una meravigliosa avventura del pensiero e del valore salvifico della Fede. Un affacciarsi sul mistero di una personalità che ha lanciato un ponte fecondo verso il Terzo millennio e una concezione più alta del destino dell’uomo.
La santità, così come si è manifestata nel passaggio terreno di Giovanni Paolo II-Karol Wojtyla, ha un carattere di eccezionalità ma, al tempo stesso, un tratto profondamente umano.