Nel quadro del cammino di preparazione alla canonizzazione dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, si è svolto un importante evento il 4 aprile presso l’Università Europea di Roma (www.universitaeuropeadiroma.it). Elementi caratterizzanti del convegno: il titolo emblematico, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, due Papi, due Santi; l’efficace organizzazione a cura dei “Circoli Culturali Giovanni Paolo II”; l’alto profilo dei relatori – moderati da Antonio Gaspari, direttore editoriale di Zenit – che hanno portato testimonianze, spesso di prima mano, “per rivivere intensamente l’umanità e la personalità dei due grandi Pontefici”, come ha sottolineato lo stesso Gaspari.
Ha aperto i lavori P. Luca Gallizia, L.C., Rettore dell’Università Europea di Roma, che ha ricordato il legame tra l’Università e la figura di Giovanni Paolo II, caratterizzata da “una grande capacità di dialogo interculturale e interreligioso, che è anche una costante dell’UER, nata nel 1999 in occasione del Giubileo e alla quale Papa Wojtyla è sempre stato vicino”. Con riferimento all’abbinamento dei due Papi Santi nella cerimonia di canonizzazione del 27 aprile, il Magnifico Rettore si è così espresso: “I due Papi sono modelli di quella sintesi fra Carità e Verità che caratterizza l’agire cristiano”.
È stata poi la volta di Mons. Pawel Ptasznik, Capo della sezione polacca della Segreteria di Stato, che ha conosciuto da vicino Giovanni Paolo II, avendo collaborato con Lui per oltre dieci anni. “Mi chiedono come si vive accanto a un Santo”, ha detto Mons. Ptasznik: “In realtà in quel periodo non me ne sono reso conto, perché la personalità del Papa non aveva, in nessun modo, un’aura mistica o soprannaturale, ma un tratto molto semplice e molto umano”. Ma la sua santità – ha aggiunto il prelato polacco – si rivelava comunque nel modo di vivere la sua missione apostolica, ad esempio nel rapporto con la sofferenza. Giovanni Paolo II “voleva fare testimonianza anche della sua debolezza”, ha spiegato Mons. Ptasznik (al quale fu affidato il compito di tradurre il testamento di Wojtyla dal polacco in italiano). E a tale proposito ha citato alcune parole illuminanti del grande Pontefice: “Non pregherò per la mia salute, io sono nelle mani di Dio, gli altri ne hanno più bisogno di me…”.
Ha quindi preso la parola Fabio Zavattaro, giornalista RAI e vaticanista, che ha incentrato il suo intervento soprattutto sulla figura di Giovanni XXIII, proiettando un filmato storico per la gioia del folto pubblico presente in sala: il “discorso alla luna” del “Papa buono” scandito dalle magiche parole: “La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi. (…) Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: ‘Questa è la carezza del Papa’. (…) Abbiate per chi soffre una parola di conforto…”. Raccogliendo l’emozione che ha percorso l’uditorio, il giornalista ha quindi raccontato un retroscena. Era l’11 ottobre 1962, serata di apertura del Concilio, e Piazza San Pietro era gremita di fedeli. Il Papa, che aveva già parlato in precedenza, non voleva per quel giorno prendere ulteriormente la parola. Ma Mons. Capovilla (oggi Cardinale) lo invitò a guardare dalla finestra i fedeli in attesa. Il Papa li vide, s’affaccio alla finestra e improvvisò a braccio quello che è forse dei discorsi più celebri della storia della Chiesa. Ma accanto alle doti di spiritualità ed umanità, Zavattaro ha anche ricordato le doti di grande innovatore di Papa Roncalli, che nel suo breve Pontificato di cinque anni avviò il Concilio Vaticano II e pose per basi per un rinnovato impulso evangelizzatore della Chiesa.
Ultimo dei relatori il vaticanista Wlodzimierz Redzioch, curatore del volume Giovanni Paolo II – Gli amici e i collaboratori raccontano (2014, Edizioni Ares), che raccoglie le testimonianze di personalità laiche e religiose che hanno conosciuto da vicino Karol Wojtyla, con un contributo esclusivo del Papa emerito Benedetto XVI. Redzioch, di nazionalità polacca, che si stabilì in Italia nel 1980 per organizzare il rapporto con i pellegrini dell’Est Europa, ha ricordato le parole dei due amici sacerdoti che lo convinsero a trasferirsi a Roma: “Non dimenticare che adesso la storia della Polonia si fa qui”. Ciò che più colpiva nel comportamento del Papa – ha spiegato Redzioch, che ebbe spesso l’occasione di accompagnare i pellegrini agli incontri privati con il Pontefice – era il calore umano che emanava dalla sua persona: “Sembrava di stare di fronte a un amico, nessuno poteva restare indifferente. Il Papa aveva il dono di far sentire ogni interlocutore assolutamente unico e importante. Ed era una cosa commovente pensando al lavoro immenso che gravava su di Lui…”. Redzioch ha quindi concluso il suo intervento ricordando il rapporto mistico di Wojtyla con Dio “che era la fonte della sua forza” e citando le parole dello scrittore Domenico del Rio: “Ho scoperto il Wojtyla mistico attraverso le sue poesie”.
L’ultima parte del convegno è stata dedicata alle domande del pubblico, che hanno riguardato, tra l’altro, le motivazioni che hanno indotto l’abbinamento dei due “Papi Santi”. Le risposte dei relatori hanno individuato essenzialmente tre elementi di analogia tra i due Pontefici: l’impegno per il Concilio Vaticano II, che Giovanni XXIII volle fortemente e a cui Wojtyla (all’epoca Arcivescovo di Cracovia) partecipò attivamente contribuendo alla stesura di importanti documenti; l’ecumenismo che – come diceva Giovanni Paolo II – dev’essere un fatto “prima affettivo e poi effettivo»; la continuità, perché la Chiesa «opera con personalità diverse ma con un passo unico”.
“Forse non ce ne rendiamo conto, ma abbiamo vissuto tempi straordinari”, ha commentato il moderatore Antonio Gaspari a chiusura dell’incontro, esprimendo così la sintesi di un convegno caratterizzato da contenuti informativi inediti ma soprattutto da un’emozione condivisa che ha accomunato sia i relatori che il pubblico presente in sala.