E’ stata considerata “rivoluzionaria”, dalla ruota in poi, ogni invenzione che ha permesso all’umanità di intensificare le comunicazioni e gli scambi: dalla scrittura su papiri alla stampa, dalla ferrovia al telegrafo. Così, è oggi per la moderna rivoluzione di Internet e ciò esprime non solo la rilevanza sociale delle innovazioni, quanto, come evidenzia nei suoi libri padre Antonio Spadaro, la considerazione più importante a loro riguardo: esse rispondono a desideri “antichi” e danno forma a bisogni e valori che sempre l’essere umano ha avuto: relazione, comunicazione, conoscenza, condivisione.
Al di là dei rischi molti rischi, come la dipendenza patologica da Internet, l’uso improprio dei dati o gli abusi sessuali, il cyber bullismo ecc., rischi dai quali quotidianamente le agenzie educative mettono in guardia i ragazzi, la rete offre la possibilità di condividere interessi e aggregarsi ad altre persone con sensibilità e passioni simili, superando con la velocità di un click i confini spaziali e geografici. Gli strumenti messi a disposizione dalla Rete permettono ai giovani di rimanere in contatto con gli amici di tutti i giorni, mantenere le amicizie nel tempo o farne di nuove. Tramite Internet i ragazzi sperimentano molteplici e infinite identità, con passaggi continui tra mondi virtuali e reali. Grazie alla rete, possono approfondire e conoscere meglio argomenti, temi e fenomeni del nostro mondo e del passato, con una velocità di risposta che nessuna enciclopedia è in grado di fornire. Sono quindi assolutamente convinta che arginare la diffusione di Internet tra i giovani è non solo praticamente impossibile, ma neanche giusto; internet è ormai parte costituiva dell’identità sociale e personale dei ragazzi: i ragazzi che non hanno la connessione in casa o ne sono privati per punizione, soffrono di tale privazione e si sentono lesi nei loro diritti perché: “se non sei collegato, sei tagliato fuori”.
Piuttosto, invece, per genitori ed educatori credo e auspico che si operi negli attuali scenari mediatici utilizzando le nuove tecnologie e i media come “ponte formativo”, capaci di attirare l’attenzione e intercettando le domande di senso più o meno implicite che i ragazzi inconsapevolmente portano con sé. Questo, però, con la finalità prioritaria dieducare, trasmettendo visioni della vita, narrazioni, assetti valoriali e di significato, riflessioni di senso.In ambito familiare e scolastico, quindi, con una vera e propria “alleanza” tra genitori, insegnanti e figli, quella che ormai è definita “la media education”, potrebbe rappresentare un’ottima strategia educativa e relazionale con una duplice ottica: la prima tesa a svelare e denunciare contenuti pericolosi, e la seconda tesa a “inculturare” e valorizzare la tecnologia e ciò che può offrire al bello, al buono e al vero della vita familiare e sociale.
Operando da anni nella scuola, io colgo nei giovani perennemente “connessi” la ricerca di un senso più profondo che come insegnante cerco di dare alle loro relazioni virtuali: c’è una grande solitudine e un disperato bisogno di contesti educativi , in primis la famiglia, in cui ricevere riconoscimento, sostegno e accompagnamento. Chi darà risposta alle domande dei nostri “nativi digitali”: “chi sono? da dove vengo? conto qualcosa? che sarà di me?”? Ebbene, se certamente la dimensione esistenziale, antropologica e cognitiva è qualcosa che va oltre qualsiasi “notizia” frammentata o “mi piace” trovati sulla home di facebook, credo che si possano però “sfruttare” le nuove tecnologie e i social network come “ponte formativo” in grado di catturare l’attenzione, intercettando e facendo emergere le domande pedagogiche implicite che i ragazzi inconsapevolmente portano con sé, pertrasmettere una visione della vita, per dare criteri di senso per le scelte. Questo richiede agli adulti una capacità innanzitutto di stare con i figli, di essere-per e di essere-con, di entrarci in relazione, di essere significativi ed anche affascinanti.
Auspico una famiglia e una scuola che abbiano tante “connessioni”, le quali sfociano però in vere “relazioni”: che portino i nostri figli, ad esempio, a contatto con gli oratori, con pratiche di volontariato, che tanta soddisfazione regalano, così come ad un impegno nell’associazionismo cattolico fatto di socialità autentica, con appartenenze e frequentazioni identitarie e valoriali, perché le identità virtuali siano anche vere e reali, per offrire un largo orizzonte di senso alle nostre vite. Perché, per dirla con Giorgio La Pira, “I giovani sono come come le rondini: sentono il tempo, sentono la stagione: quando viene la primavera essi si muovono ordinatamente, sospinti da un invincibile istinto vitale – che indica loro la rotta e i porti! – verso la terra ove la primavera è in fiore!”
Anna Rotundo (Catanzaro) è responsabile ufficio stampa Movimento Cristiano Lavoratori Calabria, aderente al Forum delle Associazioni Familiari.
E’ laureata in scienza religiose: insegna religione nelle scuole secondarie, è componente del comitato di redazione del giornale diocesano “Comunità Nuova” e di diverse altre riviste. Si occupa, tra l’altro, di cultura, diritti umani e diritti delle donne, temi intorno ai quali conduce un programma televisivo su “RTC Donna”.