Siate mediatori, non intermediari. Così Papa Francesco nell’udienza di oggi ai Rappresentanti dell’Anci, l’associazione Nazionale Comuni Italiani. Nel suo discorso, il Pontefice ha elencato pregi e difetti del ruolo del sindaco, a partire da una particolare caratteristica: la stanchezza.
Sì, proprio quella fatica dovuta a tante richieste di tante persone che fa finire un sindaco un po’ “accasciato” a fine giornata. Eppure questa è la missione, anzi l’identità stessa del sindaco: “Stare in mezzo alla gente”.
Un esempio di questa prossimità è stato il cardinale Michele Pellegrino – arcivescovo di Torino dal 1965 al 1977 – che il presidente dell’Anci e sindaco del capoluogo piemontese, Piero Fassino, ha ricordato all’inizio del suo discorso.
Il Papa ha ringraziato subito Fassino per aver nominato il porporato, al quale – ha detto – “io sono tanto grato”, perché “nel dopoguerra è stato lui ad aiutare la mia famiglia a trovare lavoro”. È un bel gesto quindi, secondo il Pontefice, “ricordare questi uomini di Chiesa, questi uomini e queste donne di Chiesa – parroci, suore, laici – che sapevano camminare con il loro popolo, all’interno del popolo e con il popolo”.
Bergoglio si è poi riagganciato ad un altro passaggio del saluto del “Signor Sindaco di Torino”: “Lei ha incominciato il suo discorso dicendo: ‘Questo si rivolge al sindaco, questi si rivolgono al sindaco…’. Con tutti quelli che si rivolgono al sindaco, povero sindaco, finisce accasciato da tante cose…”, ha esclamato il Santo Padre.
Tuttavia “questo è il lavoro del sindaco”, ha ribadito e ha detto a tutti i sindaci d’Italia quale sia la loro “spiritualità”: “Io la penso un po’ alla fine della giornata, e vi parlerei della stanchezza del sindaco, quando dopo una giornata torna a casa con tante cose che non sono state risolte. Alcune sì, ma tante no”.
In ogni caso, ha rimarcato Francesco, il posto del sindaco è “in mezzo alla gente”, “non si capisce un sindaco che non sia lì, perché lui è un mediatore, un mediatore in mezzo ai bisogni della gente”. E il pericolo – ha avvertito – “è diventare un sindaco non mediatore, ma intermediario”.
La linea di confine è sottilissima, ma la differenza tra mediatore e intermediario c’è eccome. “L’intermediario – ha spiegato il Papa – sfrutta le necessità delle parti e prende una parte per sé, come quello che ha un negozio piccolo e uno che gli fornisce e prende di qua e prende di là; e quel sindaco, se esiste – lo dico come possibilità – quel sindaco non sa cosa è fare il sindaco”.
Il mediatore, invece, “è quello che lui, lui stesso è colui che paga con la sua vita per l’unità del suo popolo, per il benessere del suo popolo, per portare avanti le diverse soluzioni dei bisogni del suo popolo. Dopo il tempo dedicato a fare il sindaco, quest’uomo, questa donna finiscono stanco, stanca, con la voglia di riposarsi un po’, ma con il cuore pieno d’amore perché ha fatto il mediatore”.
L’augurio del Papa è quindi “che voi siate mediatori”: “In mezzo al popolo, per fare l’unità, per fare la pace, per risolvere i problemi e anche risolvere i bisogni del popolo”. Come Gesù, che – ha evidenziato il Pontefice – “non era sindaco”, ma è una “icona” da cui trarre ispirazione.
“Penso a Gesù in un momento della sua vita, quando era in mezzo alla folla – ha detto – la folla lo spingeva al punto da non poter quasi respirare. Così dev’essere il sindaco, con la sua gente, con lui, con lei, perché questo significa che il popolo, come con Gesù, lo cerca perché lui sa rispondere”. Dunque, ha concluso il Pontefice ribadendo il suo auspicio, “stanchezza, in mezzo al vostro popolo, e che la gente vi cerchi perché sa che voi sempre rispondete bene”.