Lo scorso 28 marzo si è svolta a Roma, presso l’Istituto Sturzo, la presentazione del libro Giovanni Paolo II e la fine del comunismo (ed. Guerini e Associati), scritto da Massimiliano Signifredi. L’autore è dottore di ricerca, studioso della Polonia in età contemporanea, che attualmente lavora presso l’Università di Roma Tre.
Tra i relatori presenti, il cardinale Paul Poupard, il quale, ricordando le sue numerose missioni oltre la Cortina di ferro come presidente dell’allora Segretariato per i non-credenti, ha affermato: “Leggendo il libro, ho ritrovato la passione per eventi che avevo vissuto e ho appreso fatti che non conoscevo, pur essendo a me tanto vicini”.
Il presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura ha ricordato di aver trascorso la sera del 16 ottobre 1978 a cena dall’ambasciatore della Repubblica Popolare Polacca a Parigi. Quando si diffuse la notizia dell’elezione del cardinale Wojtyla, Poupard chiese un commento all’ambasciatore, per capire se si trattava di una notizia da festeggiare o no. Per tutta risposta, l’ambasciatore fece portare subito una bottiglia di champagne.
Il cardinale ha poi sottolineato che, dal libro di Signifredi si comprende bene come la storia sia fatta dagli uomini e non dalle ideologie e come fosse falsa l’immagine, diffusa in Occidente, del “blocco sovietico” come un monolite che non si poteva scalfire. Le sfumature esistevano e Signifredi le ha colte e spiegate con intelligenza. E ha concluso: “L’autore ha ben compreso che non c’è stato un protagonista solo nella liberazione della Polonia dal comunismo, ma tutta una nazione si è sollevata. Certo insostituibile è stato il ruolo di Giovanni Paolo II, che ha ridato speranza ai suoi compatrioti, come durante i viaggi, la cui lettura in questo libro si rivela esemplare ed entusiasmante”.
La parola è stata dunque ceduta al diplomatico Piotr Nowina-Konopka, che ha elogiato la capacità di Signifredi di entrare nelle pieghe della storia polacca, di non fermarsi alle spiegazioni superficiali: “L’autore di questo libro ha scavato nel nostro recente passato, interpretando con grande acume gli eventi che hanno portato alla fine del comunismo”. Per l’ambasciatore della Repubblica di Polonia presso la S. Sede, il merito dell’autore consiste soprattutto nell’aver compreso l’eccezionalità del processo di rivoluzione pacifica, culminata negli accordi della Tavola Rotonda. Ricordando l’udienza di Walesa in Vaticano nell’aprile ’89 dopo la conclusione di quegli accordi e la legalizzazione di Solidarnosc, Nowina-Konopka, all’epoca portavoce di Walesa, ha descritto l’esultanza di Giovanni Paolo II. Il Papa, abbracciando Walesa, esclamò: “È fatta!”. Con un richiamo all’attualità, Nowina-Konopka ha concluso augurandosi che la strada percorsa dalla Polonia negli anni Ottanta possa essere percorsa anche dall’Ucraina e che presto qualcuno possa scrivere la storia della transizione pacifica a Kiev.
Il giornalista Lucio Caracciolo ha definito “fondante” il libro di Signifredi, perché documentato come nessuno prima d’ora e perché l’autore è sfuggito alla tentazione del determinismo, a cui hanno ceduto tanti altri che si sono cimentati con il tema della fine del comunismo. Ha affermato: “Sappiamo che il comunismo è finito, ma il quando e il come non erano noti ai protagonisti di quelle vicende, che – come spiega bene Signifredi – si muovevano al buio”. Il direttore di Limes ha quindi osservato come, dalle pagine del libro, emerga la visione di Giovanni Paolo II rispetto al comunismo: il papa puntava alla vittoria e non ha ascoltato le voci, molto diffuse in Occidente, che consigliavano prudenza e guardavano con diffidenza nei confronti dell’esperimento polacco.
Andrea Riccardi ha elogiato il lavoro di Signifredi, capace di restituire l’immagine vera di Giovanni Paolo II: “Un patriota polacco e non un nazionalista”. “Dalla trama complessa, in cui si snoda la narrazione di questo libro – ha osservato il fondatore della Comunità di Sant’Egidio – emerge il metodo di governo di Wojtyla, che curava molteplici rapporti e seguiva tutti i fili che portavano alla Polonia. Tutti erano necessari: i vescovi, gli esponenti del regime polacco, gli oppositori di “. Un merito del libro di Signifredi è restituire dignità alla figura del primate cattolico in Polonia Jozef Glemp, troppo poco considerata, se non denigrata da una parte dell’opinione pubblica e accusata di debolezza. “Come documenta Signifredi, Glemp – che era tanto diverso da Wojtyla – è stato un interprete fedele delle linee del papa”, il parere di Riccardi.
Il quale ha definito l’atteggiamento di Giovanni Paolo II nei confronti del comunismo un mix di audacia e prudenza, “un grande gioco di scacchi”. In questo senso, anche la vicenda degli aiuti alla Polonia va ricompresa. In tempi difficili per il suo Paese natale, Wojtyla ha esercitato il ruolo di “mallevadore”: tanti hanno inviato denaro e beni di vario genere alla Polonia. “Non è una storia da nascondere o di cui vergognarsi”, ha notato Riccardi. La transizione in Polonia è stata possibile con un fiume di aiuti, ma senza una goccia di sangue. Infine il fondatore della Comunità di Sant’Egidio ha osservato come occorre riconsiderare la data simbolica della fine del comunismo: non la caduta del Muro di Berlino, ma il 6 febbraio 1989, quando per la prima volta i comunisti di Varsavia accettarono di sedersi allo stesso tavolo negoziale con i loro oppositori. Fu quello il momento finale del potere comunista e l’inizio di un futuro diverso per l’Europa e per il mondo.