Lettura

Gesù è a Gerusalemme per una delle tre feste alle quali affluivano numerosi pellegrini: Pasqua, Pentecoste, Capanne. A nord-est del tempio, presso la “Porta delle pecore”, vi è una piscina all’interno di un grande spazio formato da cinque portici. Il nome della piscina probabilmente è Betesda (Beth hesed, cioè Casa di misericordia). Lo spazio di questi cinque portici è come una grande sala d’attesa; vi si raccolgono tanto dolore e miseria, tanta speranza e delusione… come un santuario dei miracoli. I malati sperano nell’efficacia terapeutica dell’acqua: quando essa viene agitata, il primo ad entrarvi guarisce. 

Meditazione

Ciechi, infermi, zoppi, paralitici… si tratta di poveri che al tempio non possono entrare: la malattia lo impedisce per il suo carico simbolico di peccato e di morte. Questi poveri sono gli esclusi per eccellenza: non hanno più un nome, non contano più nulla… Quasi tutti vivono di elemosina, la loro vita dipende dagli altri. L’atmosfera che circola in quella piscina è molto tesa: è una corsa, una lotta per la vita… Tra gli ammalati, uno senza nome è là da 38 anni, una situazione cronica che dice impossibilità di cambiamento, spirito di rassegnazione. È un uomo incapace di camminare e di rimettersi in piedi da solo. La sua vera malattia, però, sta nella sua risposta a Gesù: «Non ho nessuno che mi aiuti». È un rassegnato e un solitario. La solitarietà è la malattia del nostro tempo… è un lento suicidio perché nell’interiore, dove l’individuo non ritrova più se stesso, è sempre notte e fa sempre freddo. Nel carnaio di derelitti che stazionano sotto i portici, presso la piscina di Betesda, entra Gesù, la Parola fatta carne. E fra tanti emarginati vede proprio lui, e gli si “fa prossimo”. È l’unico caso in cui Gesù va a cercare un malato. «Vuoi guarire?»: è un invito alla riscoperta della propria identità, non di malato, ma di uomo chiamato ad emergere, ad “alzarsi”, nella ricerca della propria verità sepolta sotto cumuli di compromessi, disperazioni, ripiegamenti. Gesù rivolge al paralitico tre imperativi: Àlzati! È il verbo della risurrezione e della vita nuova. Prendi il tuo lettuccio! Non ti lasciare bloccare dalle tue ferite ma solleva ciò che imprigiona la tua vita! Cammina! Assumi il tuo posto e il tuo ruolo nel mondo, con responsabilità. Àlzati, prendi, cammina: è la grazia di una vita ritrovata e di una ritrovata dignità di vita. 

Preghiera

Eccomi davanti a te, Signore, nella malattia e nelle ferite del cuore. Accendi in me la speranza e aiutami a credere con costanza. Per essere con te, mio Signore, un altare di grazia e di amore. 

Agire

Guarire e ricominciare è possibile. Oggi devo avere uno sguardo positivo verso me stesso e verso gli altri. Perché occorre amarsi per amare. 

Meditazione del giorno a cura di monsignor Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti  info@edizioniart.it