La Lobby del Bene in Europa

La mobilitazione dei cittadini europei dopo il voto finale sulla relazione Lunacek, dimostra la volontà condivisa di non lasciare ad altri decisioni importanti per la vita di tutti

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Nei giorni precedenti al voto finale sulla relazione Lunacek i cittadini europei si sono mobilitati in maniera sorprendente. Questo è stato uno dei segni degli ultimi tempi, che denota l’importanza che l’UE sta acquisendo per i popoli del nostro continente: al di là dei sondaggi che denunciano l’euroscetticismo dilagante, è chiaro per tutti il non voler lasciar decidere agli altri ciò che conta per le vite di tutti. Questi altri sono soprattutto le varie lobby che influenzano le decisioni prese a Bruxelles e Strasburgo.

Ora, il termine lobby in italiano (come un po’ in tutte le lingue neolatine) ha una valenza prevalentemente negativa. Tuttavia bisogna pensare che le azioni di influenza da parte di privati cittadini (siano essi presi singolarmente o riuniti in gruppi) sono sempre avvenute. Con lo sviluppo del sistema democratico anglosassone il lobbying è stato ufficialmente integrato nel sistema decisionale pubblico. Ciò ha permesso a questi paesi di avere il più delle volte una pratica delle azioni di influenza trasparente e controllata.

Nell’Unione europea, come sempre, tutto è più complesso. Qui si incontrano due sistemi diversi: quello anglosassone (ispirato alla trasparenza) e quello, per così dire, latino. Per meglio dire, il modello latino è un non-sistema, per il quale il lobbying semplicemente non è regolamentato, come avviene normalmente nel Sud d’Europa. Ma ovunque gli uomini politici hanno bisogno di esperti che li possano aiutare a discernere negli ambiti più specifici. E tanto più nelle istituzioni europee, dove spesso ci si occupa di dossier altamente tecnici. Ecco il motivo per cui le grandi aziende come quelle più piccole, si rivolgono a dei professionisti degli affari pubblici, per utilizzare un sintagma a volte sinonimo di lobbying. Dall’industria del tabacco a quella farmaceutica, fino ai produttori di vino e ai fabbricanti di giocattoli, tutti hanno i loro lobbisti a Bruxelles.

Allo stesso modo, è ragionevole che i cristiani, di tutte le confessioni, siano organizzati insieme a tutte le persone di buona volontà per difendere la vita, la famiglia e la libertà in Europa. Gli ultimi eventi hanno dimostrato l’efficacia delle realtà che in tutto il continente si impegnano su vari fronti, sia a livello locale che continentale. L’obiettivo di tali organizzazioni è quello di “formare, informare e manifestare”, come ha affermato recentemente sulla rivista francese Famille Chrétienne Grégor Puppinck, giurista e membro del comitato dell’iniziativa cittadina europea Uno di Noi.

Il manifestare è un elemento distintivo della lobby del Bene, se così la si può chiamare: in effetti, gli interessi da essa difesi sono quelli della stragrande maggioranza della popolazione europea. Invece gli altri “hanno soldi, ma non hanno truppe”, come ha dichiarato Puppinck. Se pensiamo alla relazione Lunacek, ad esempio, quanti sono gli omosessuali che vorrebbero realmente sfruttare i “diritti” da essa rivendicati? Quanti omosessuali vorrebbero realmente sposarsi, in un tempo in cui l’istituzione stessa del matrimonio, quello vero, è in crisi? Ma le lobby omosessualiste restano ben distanti dalla realtà del territorio e a Bruxelles continuano a proporre un modello irreale, che non corrisponde al Bene comune. Scendere in piazza, come con la Manif pour Tous o la Marcia per la Vita è un segno per richiamare tutti alla realtà.

Oltre a manifestare, poi, formare e informare appare sempre più urgente. Sia sulle questioni fondamentali e sui principi non negoziabili che sulle realtà complesse delle istituzioni comunitarie. È evidente come, anche tra i giornalisti, la vaghezza regni indisturbata in questi ambiti. Molti si servono di questa vaghezza per far passare messaggi non veri in linea con le proprie idee. Ad esempio, solo ieri L’Unità ha incentrato il suo esultante articolo sull’approvazione della relazione Lunacek su di un testo che in realtà è stato scartato dal Parlamento europeo perché ancora più radicale.

Allo stesso modo, la formazione è fondamentale. Per i cittadini, che devono poter votare in accordo con la propria coscienza. Per tutto il clero, che per primo ha la missione di formare questa stessa coscienza. E per i politici, che sono chiamati a rispondere del loro operato davanti al popolo.

Il caso dell’On. Sonia Alfano è esemplare. Questa deputata italiana, membro del Gruppo liberale del Parlamento europeo, ha dichiarato “gravissimo” che il vescovo di Cremona le inviasse una mail chiedendole di votare contro la Relazione Lunacek. Eppure Mons. Dante Lanfranconi non ha fatto altro che adempiere alla sua missione di vescovo, ricordando la posizione della Chiesa su queste tematiche e, come cittadino, esprimendo il suo parere ad una sua rappresentante a Strasburgo. E invece l’On. Alfano si è affrettata a stigmatizzare mons. Lanfranconi, strumentalizzando le parole di Papa Francesco sul non giudicare i gay. Pronta la risposta della Curia, che ha subito rispedito al mittente le accuse.

Se qualcuno si muove per difendere il buon senso e i diritti della famiglia ecco che viene subito stigmatizzato come estremista, reazionario e bigotto. Quando invece sono i pretesi diritti di alcuni ad essere sostenuti, sotto la spinta di gruppi spesso economicamente interessati, allora tutto sembra lecito. Ma qualcosa si sta muovendo. La sconfitta della relazione Estrela a dicembre, la recente vittoria della Manif pour Tous in Francia ed altri avvenimenti sono dei segnali incoraggianti: la maggioranza silenziosa degli europei non resta con le mani in mano. La lobby del Bene avanza, con una speranza che tutti le invidiano.

(N.S.)

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ZENIT Staff

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