Un tempo calcava i campi di calcio, inseguiva palloni per colpirli verso la porta avversaria e fare gol, la sua specialità. Oggi Guillermo La Rosa, ex centravanti della nazionale peruviana, famosissimo in patria, calca le strade delle Marce della Vita. In Perù è diventato il simbolo mediatico della battaglia pro-life.
Di recente ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione della prossima Marcia della Vita che si terrà a Lima il prossimo 22 marzo. Il numero di partecipanti si attende altissimo, già l’anno scorso le presenze sono passate da 30mila a 100mila. El Tanque (ossia, il carroarmato), come è soprannominato La Rosa per via della stazza fisica che lo aiutava a scavalcare le difese avversarie, ha parlato della sua storia personale, dei motivi che gli hanno fatto maturare sensibilità verso questo tema.
Agli inizi degli anni ’90, appesi gli scarpini al chiodo, venne a conoscenza del fatto che una sua nipote, rimasta incinta, era tentata dall’aborto. Quest’omone scuro e riccioluto ne rimase profondamente colpito, tanto da attivarsi subito per dissuadere la nipote dal compiere quel gesto. Le sue parole penetrarono nel cuore della ragazza, la quale si convinse a far nascere suo figlio, che oggi ha ventitré anni.
Durante la conferenza, La Rosa sedeva a fianco di un suo ex collega e compagno di squadra, Cesar Cueto, anche lui sostenitore della battaglia pro-life. Entrambi gli ex calciatori hanno invitato specialmente le famiglie a partecipare alla Marcia, per dire sì alla vita e per difendere l’istituto familiare nella società.
La Rosa ha detto che “dobbiamo difendere la vita del bambino indifeso. Talvolta la persona non vuole tenerlo perché vive una situazione non facile. Però quel bambino è una grazia, è un dono del Signore”. E dunque, La Rosa ha pronunciato una parola di sostegno, tipicamente spagnola, nei confronti di tutte le donne che vivono questo dramma interiore. “Animo!”, ha esclamato.
Parlando di se stesso, ha spiegato di avere cinque figli, ma che ne avrebbe voluti anche di più. “Mio padre aveva undici figli – ha raccontato – e se lui non fosse nato, non sarei nato neanche io”. Emozionato, ha dunque ripetuto che “i figli sono un dono di Dio”.
In sala l’emozione è diventata oltremodo contagiosa quando La Rosa ha parlato del suo intervento nei confronti della nipote, quando lei voleva interrompere la gravidanza. “Un giorno – ha spiegato – mia sorella è venuta da me, ero nella biblioteca di casa mia. Mi ha detto che sua figlia era incinta e che, essendo tanti in famiglia, avrebbero avuto difficoltà a sfamare un’altra bocca”.
A quel punto La Rosa ha capito che la decisione sarebbe potuta dipendere da lui. “Ero il membro della famiglia con soldi e fama”. Così ha detto a sua sorella e a sua nipote che “se si mangia in due o in tre, si può mangiare anche in quattro”. Oggi, lo sguardo di quel nipote ventitreenne lo riempie d’orgoglio.
Infine, La Rosa ha confidato di pregare costantemente per tutte le donne che, come la nipote ventitré anni fa, pensano di voler abortire. “Chiedo a Dio di dar loro la forza per accogliere i figli”. Ha poi ricordato che “Giovanni Paolo II sosteneva: anzitutto c’è la famiglia, poi c’è il lavoro, l’economia e la politica. Se la famiglia è distrutta, un Paese è distrutto”.
Guillermo La Rosa ha partecipato con la maglia del Perù ai Mondiali del 1978 in Argentina e a quelli del 1982 in Spagna, durante i quali ha siglato, contro la Polonia, l’ultima rete della nazionale peruviana in questa competizione. La maglia che indossa oggi, idealmente, è invece quella di chi sostiene la vita sin dal concepimento. Il tema è molto sentito in Perù, una legge del 2002 ha istituito che il 25 marzo, data dell’Annunciazione, si celebri la Giornata del Bambino che deve nascere, per promuovere la difesa del nascituro come persona giuridica, come è sancito dalla Costituzione peruviana.