I cristiani d'Egitto non hanno più paura di battersi per i loro diritti

Gran parte della comunità copta offre il suo appoggio al generale al-Sisi, probabile candidato alle elezioni presidenziali

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«La maggioranza dei copti sostiene incondizionatamente il generale al-Sisi e se si candiderà alle elezioni presidenziali voterà per lui. Io invece sono un po’ scettico: i precedenti con l’esercito non sono stati troppo buoni». Così Mina Elkess racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre lo stato d’animo dei fedeli in Egitto. Mina appartiene alla Maspero Youth Union, gruppo attivista copto che prende nome dalla piazza cairota in cui, nell’ottobre 2011, 23 cristiani hanno perso la vita in seguito ad alcuni scontri con l’esercito.

Il giovane attivista descrive il clima nel paese come «non libertario», e fa notare come le carceri egiziane siano sì popolate da islamisti, ma anche da diversi rappresentanti dei movimenti democratici che hanno animato le prime rivolte di piazza Tahrir. Tra i detenuti vi sono anche una ventina di giornalisti, su cui pendono capi d’accusa disparati, dal terrorismo alla diffusione di notizie false. Intanto i cristiani guardano con fiducia alle prossime elezioni presidenziali che con molta probabilità consegneranno la guida del paese all’attuale comandante in capo delle forze armate egiziane e vice primo ministro Abd al-Fatah al-Sisi.

Elogiato per aver deposto l’ex presidente Mohammed Morsi, il generale, che tuttavia non ha ancora annunciato ufficialmente la sua candidatura, è particolarmente apprezzato dalla comunità copta. «Molti lo considerano un eroe, perché ci ha liberati da Morsi e dagli islamisti», afferma Mina invitando però alla prudenza, perché al-Sisi è pur sempre un musulmano conservatore e non si può escludere che un suo eventuale governo possa causare ulteriori sofferenze ai cristiani. «Non possiamo prevedere il nostro futuro, ma possiamo contare su un’unica certezza: i copti non hanno più paura di battersi per i loro diritti».

Mantiene un certo ottimismo anche il portavoce della Chiesa cattolica egiziana, padre Rafic Greiche, che sottolinea come la costituzione adottata lo scorso gennaio «per quanto non ottima, sia la migliore che i cristiani abbiano mai avuto». Il sacerdote dichiara ad ACS di non essere particolarmente preoccupato per le prossime consultazioni presidenziali, giacché la nuova carta non permetterà al futuro leader – il cui mandato non potrà superare gli otto anni – di accentrare tutti i poteri su di sé. Padre Greiche teme piuttosto che, come accaduto nel 2012, il prossimo parlamento possa essere a maggioranza islamica. «Ciò avrebbe gravi conseguenze, visto che l’assemblea ha il potere di annullare le decisioni presidenziali, ed è purtroppo una possibilità che non possiamo escludere: dopotutto la transizione democratica non è ancora conclusa». Per il portavoce della Chiesa cattolica l’avvenire dell’Egitto dipende dalla capacità dei cittadini di cambiare la loro mentalità: un obiettivo che può essere raggiungibile soltanto attraverso l’educazione. «Scuole e università sono il migliore investimento per il futuro del paese e potremmo ottenere ottimi risultati se, ad esempio, Francia, Gran Bretagna e Germania costruissero ognuna trenta scuole».

Una visione condivisa dal George Ishak, a capo del dipartimento culturale dell’educazione cattolica del Cairo. «La nostra Chiesa conta solo 250mila fedeli – spiega ad ACS – eppure gestiamo ben 170 scuole, per un totale di oltre 170mila alunni». La maggior parte degli studenti è di fede islamica e la convivenza con i ragazzi cristiani ci permette di porre delle solide basi per un proficuo dialogo interreligioso futuro.

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ZENIT Staff

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