Le celebrazioni centenarie del Fondatore delle Suore Cappuccine del Sacro Cuore sono state inaugurate il 22 dicembre 2013 con una solenne concelebrazione, presieduta dall’arcivescovo di Messina, monsignor Calogero La Piana.

Ieri, 19 febbraio, in occasione del 161° anniversario della nascita, a Roccalumera, casa madre della Congregazione, è stato presentato il volume Francesco Maria di Francia, vita e opere- Ritratto della carità di Giovanna Brizi.

La biografa, consultore esterno nella redazione delle Positiones per la causa di beatificazione, ha presentato una biografia documentale che presenta la vita di Padre Francesco, fratello di Sant’Annibale Maria di Francia, fondatore dei Padri Rogazionisti.

La presentazione del volume ha avuto luogo nei locali dell’antica filanda, restaurata e destinata dal Comune agli eventi culturali ed un numeroso pubblico è intervenuto alla manifestazione.

Dopo il saluto della Madre Generale, Suor Maria Concetta Pirrera e dei rappresentanti dell’amministrazione, sono intervenuti nel dibattito con l’Autrice, il reverendo Jan Mikrut, che ha curato la presentazione del volume, e il professor Giuseppe Lipari, cultore di storia locale.

Sono state analizzate le tre dimensioni della vita del Fondatore: il contesto storico e la dimensione sociale delle opere, la dimensione sacerdotale ed il ruolo di Fondatore ed infine la dimensione umana di Padre Francesco, uomo dal cuore d’oro.

Nella presentazione della biografia del Fondatore, prete di frontiera, che ha scelto la missione di servire i poveri nelle periferie di Messina, colpita dal tragico terremoto, gli ammalati e le orfanelle, più volte sono state riportati accostamenti ed  espressioni di papa Francesco.

La vita di monsignor Francesco Maria di Francia, per l’importanza del casato (il padre, cav. Francesco dei marchesi di Santa Caterina dello Ionio e vice console pontificio di Messina, la madre Donna Anna Toscano dei marchesi Montanaro), per il prestigio conseguito e riconosciuto in Diocesi  (Vicario Generale) avrebbe potuto avere altri sviluppi più comodi, e più prestigiosi e sarebbe passato alla storia come tanti buoni e santi sacerdoti, i cui nomi sono incisi nelle lapidi delle chiese, magari con marmi policromi e artisticamente arricchiti dai fregi barocchi.

Padre Francesco ha inteso, invece, la sua vocazione come missione di carità, uscendo dalla Chiesa e dal recinto degli artistici scranni dei cori lignei, dove siedono i canonici nelle chiese cattedrali.

Come il “buon pastore” girava tra le viuzze della Messina povera e incontrava tanta gente alla quale portava conforto, pane e benessere spirituale. “Sentiva e portava addosso”, come spesso ripete papa Francesco, “l’odore delle pecore”, non aveva vergogna a prendere in braccio le piccole orfanelle, anche se sporche e malvestite e consegnandole alle Suore raccomandava tanta tenerezza e materna attenzione.

Paterno e non paternalista, scrivono i suoi biografi, non ammetteva, infatti, sdolcinature e grettezze e voleva che le sue Suore fossero sempre responsabili, disinvolte e coraggiose. “Madri e non zitelle”, come afferma Papa Francesco.

Quando Padre Francesco incontrava le bambine per strada e le vedeva magre, pallide, dagli occhi infossati e tristi, si accorgeva che, per loro, essere in quelle condizioni era “normale”, non sapevano di essere povere, avendo avuto soltanto quell’esperienza ed il Padre buono, soccorrendo prima il corpo e quindi dando loro un piatto di minestra, un vestito, un ambiente caldo, curava poi l’anima e lo spirito, avviandole al catechismo, all’istruzione, al lavoro nella filanda.

L’incontro con il carcerato, sul trenino dei lavoratori, che prendeva ogni giorno, come raccontano i biografi, ed il gesto di carità e di attenzione nell’asciugargli il sudore con il suo fazzoletto bianco, quasi una carezza paterna di conforto e di fiducia, sono immagini che rivelano la profonda umanità del sacerdote, alter Christus, che porta il conforto della fede e trasmette la paternità di Dio e la maternità della Chiesa.

Questo è il vero umanesimo di Padre Francesco, che conduce dalla periferia al centro, che accorcia le distanze e azzera la lontananza dai valori umani.

La missione ed il carisma di Padre Francesco Maria di Francia ha il suo centro nella carità.

“Ecco non ha nessuno, perciò e nostra” è l’espressione emblematica che sintetizza la sua vita e la sua opera  evangelica che le Suore Cappuccine del Sacro Cuore continuano ancora oggi in Sicilia, in Italia, il Colombia, in Polonia  e in Slovacchia.

Quella fredda sera di gennaio, quando monsignor Francesco Maria di Francia consegnò alle Suore la piccola bambina infreddolita e affamata, iniziò la rivoluzione della carità, che aprì il suo cuore di Padre degli orfani, dei deboli, degli ultimi.

L’espressione chiave della dimensione umana di Padre Francesco sta, appunto, in quel “perciò”, quasi una logica conseguenza e naturale epilogo di un evento sociale, che in quegli anni, alla fine dell’Ottocento, era diffuso e frequente.

In un clima storico di contrasto e di opposizione alla Chiesa - e Messina era la roccaforte della massoneria - nessuno pensava ai poveri e agli orfani, la Chiesa, quindi, con i suoi sacerdoti, avviò un’azione sociale di supplenza e di servizio pubblico.

Nel dibattito, coordinato dalla prof.ssa Antonina Foti, si è fatto riferimento ai Vescovi sociali della fine dell’Ottocento in Sicilia ed in particolare all’azione caritatevole del Beato Benedetto Dusmet a Catania, del cardinale Giuseppe Guarino a Messina, di monsignor Michele Celesia a Palermo e di monsignor Giovanni Blandini a Noto e come le diocesi del Mezzogiorno, hanno scritto pagine stupende di umanesimo cristiano e sociale, messo in atto dai veri “campioni della carità” e dalle congregazioni religiose che fiorirono in quegli anni, pur tra le spine soffocanti della massoneria.

Sul tema dell’umanesimo cristiano si è fatto riferimento, inoltre, al convegno di Firenze del prossimo novembre 2015 sul tema: In Gesù Cristo il nuovo umanesimo ed in quella occasione, presentando le figure che nelle diverse diocesi hanno saputo incarnare il senso del vero umanesimo cristiano, è stata avanzata l’ipotesi che, per la diocesi di Messina, potrà essere indicato e proposto come modello di autentico umanesimo cristiano, monsignor Francesco Maria Di Francia. Le sue opere sono un monumento ben visibile e presente nel territorio e la città di Roccalumera, patria e culla della Congregazione, ne potrà essere cristianamente orgogliosa.

La manifestazione si è conclusa con un’originale e applauditissima drammaturgia sulla vita del Fondatore, dal titolo: Ardendo si consuma,   con i testi di Maria Rita Simone e la regia di Mario Barzaghi.

I prossimi appuntamenti dell’anno giubilare saranno a Roccalumera l’11 marzo e il 21 giugno con un pellegrinaggio giubilare e l’incontro con i gruppi laici; dal 14 al 17 luglio a Nicolosi; il 17-19 ottobre al Palacultura di Messina e la conclusione dell’anno giubilare il 22 dicembre.