Anche se per motivi di calendario e di protocollo è stato il Governo uscente a rappresentare l’Italia in occasione del ricevimento in Ambasciata per l’anniversario – sia pure celebrato in ritardo – dei Patti Lateranensi, l’oggetto dell’attenzione generale era costituito dalla valutazione della Santa Sede sul nuovo Esecutivo, che forse sarà già in carica in occasione del Concistoro del fine settimana.
Era comunque presente il Presidente Napolitano, simbolo della continuità dello Stato, ma anche protagonista delle scelte che l’hanno garantita nella successione dei Governi. Monsignor Parolin, che sabato prossimo sarà creato cardinale, ha voluto pronunziarsi all’uscita, davanti ai giornalisti, e le sue parole sono state trasmesse dalla televisione. Possiamo dunque trascriverle senza tema di errore: “Il nostro auspicio è che il futuro governo possa realizzare il programma, che mi pare un programma molto impegnativo. Spero che con l’aiuto di Dio lo possa fare”.
A queste parole occorre aggiungere quanto detto da Monsignor Galantino, il nuovo Segretario della Conferenza Episcopale, anche egli presente all’incontro: “Per quanto ci riguarda le attese forti sono per la famiglia e per il lavoro. Il governo dovrà anche operare per un riequilibrio delle realtà che costituiscono la società, evitando ideologismi, a partire dalla famiglia”.
E’ chiaro che la valutazione su di un Governo che non si è ancora insediato può riguardare soltanto il suo programma; l’apprezzamento delle azioni e delle eventuali omissioni verrà più avanti. Non vi è però dubbio che il programma di Renzi venga valutato come “molto impegnativo”, il che lascia trasparire che vi è concordanza sugli obiettivi.
In questo quadro, l’attenzione rivolta al tema del lavoro determina di per sè una terreno di possibile, ma vorremmo dire necessaraia convergenza, nel nome e nel solco del cattolicesimo sociale, rappreserntato da Renzi quale “leader” della componente “bianca” confluita insieme con altre nel Partito Democratico: il che fa del Sindaco di Firenze al contempo l’erede di De Gasperi e l’erede di Togliatti; non è casuale che egli si rifaccia continuamente al pensiero di Giorgio La Pira, suo predecessore a Palazzo Vecchio ma soprattutto pioniere del dialogo tra cattolici e comunisti.
E qui si individua un primo terreno comune di azione non soltanto tra le diverse anime del partito di Renzi, ma soprattutto tra Stato e Chiesa: la famiglia deve essere strenuamente difesa, ma lo si può fare soprattutto dando la sicurezza del pane quotidiano.
Gli “ideologismi” cui giustamente si riferisce mons. Galantino sono quelli che porterebbero a privilegiare nell’azione legislativa temi meno aderenti con le urgenze della realtà sociale, quali le unioni civili anche omosessuali. Non è il momento di dividere l’Italia, e di contrapporre lo Stato e la Chiesa, su polemiche nominalistiche, per l’appunto meramente “ideologiche”, quando urge un’azione comune per affrontare l’emergenza. E qui vale la pena di notare come neanche si sia parlato, nelle trattative per comporre il Governo, delle cosiddette “unioni civili”, nella consapevolezza che “majora premunt”.
A suo tempo, l’urgenza della ricostruzione materiale e morale del Paese determinò la scelta di Togliatti di inserire i Patti Lateranensi nell’articolo 7 della Costituzione, rinviando di una generazione il tema della regolamentazione da parte dello Stato degli effetti civili del matrimonio: l’introduzione del divorzio avrebbe comportato – ed in effetti comportò – una vulnerazione del Concordato, e non era tempo per aprire un conflitto con la Chiesa.
Nè è tempo oggi per riaprirlo, quando sulla spinta del nuovo pontificato la Santa Sede si impegna per la giustizia sociale, schierandosi oggettivamente in questa causa a fianco del nuovo Governo italiano. Lo Stato sociale dovrà essere corretto, ma non dovrà mai essere abbattuto, in conformità con la scelta comune dei padri fondatori dell’Europa, che affiancò quella per l’unità politica del Continente: due opzioni contestuali che hanno garantito settanta anni consecutivi di pace interna e di pace tra le Nazioni.
Non può però essere dimenticato l’altro grande tema ideale, quello del cattolicesimo liberale. A tal riguardo, è interessante notare come la Santa Sede non insista sul vecchio principio dei “valori non negoziabili”, quanto meno declinato in termini meramente giuridici, anzi in teremini legislativi. Se il primo di questi valori è costituito dalla famiglia, allora la sua difesa coincide con la promozione della giustizia sociale, e su quest terreno non vi può essere discrepanza tra Chiesa e Stato.
Non si discute però, come si faceva fino a poco tempo fa, il diritto dello Stato di legiferare in materia civile. Semplicemente, si concorda sul fatto che un’azione legislativa in questo campo non è attuale, sia perchè aprirebbe contese ormai superate, sia perchè distoglierebbe dal perseguire gli obiettivi comuni. Un modo concreto, non certo celebrativo, per ribadire lo spirito della Conciliazione, che dovrà accompagnare il popolo italiano nel suo prossimo difficile cammino.