Scontri e scarsità alimentare minacciano il Centrafrica

I missionari e l’arcivescovo di Bangui denunciano le milizie “anti-balaka” che stanno mettendo in fuga migliaia di persone. Si spera in “Dio che c’è” e “Dio che sa”

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“Lo scontro tra ex ribelli Seleka e le milizie anti balaka ha avvelenato il Paese e continua a mietere vittime innocenti” ha scritto all’Agenzia Fides p. Federico Trinchero, missionario carmelitano scalzo, superiore e maestro degli studenti nel convento Notre Dame du Mont Carmel di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana.

“La follia della guerra non ha risparmiato neppure le famiglie dei miei confratelli: a qualcuno è stato ucciso un membro della famiglia, a qualcun’altro è stata bruciata o saccheggiata la casa. Se i seleka, e chi li ha sostenuti, sono indubbiamente all’origine della situazione in cui ci troviamo, gli anti-balaka hanno dimostrato una violenza pari, se non superiore, a chi li ha preceduti e provocati” afferma p. Trinchero. 

Mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, in un’intervista a Radio Vaticana, ha detto che “Coloro che dicono di essere cristiani e che appartengono agli ‘anti-balaka’ non devono credere di essere coerenti con la loro fede. Non si può dire di essere cristiano e poi uccidere il tuo fratello, bruciarlo, distruggerlo. Non si può dire di essere cristiano e cacciare il proprio fratello”.

L’arcivescovo di Bangui ha condannato con forza le azioni delle milizie anti-balaka, spesso descritte come “cristiane”, responsabili di violenze contro i musulmani, che hanno costretto alla fuga migliaia di persone, ed ha ricordato di aver scritto una lettera nella quale “condanna le violenze e il ricorso alla forza per prendere il potere” e coloro che “manipolano i giovani” a fini politici.

Padre Trinchero. ha precisato che “Gli anti-balaka, che non sono musulmani, non possono dirsi cristiani. Se lo erano, le loro azioni dicono il contrario” ed ha ricordato che “più volte i Vescovi hanno denunciato questa violenta reazione popolare, che i media hanno frettolosamente interpretato come cristiana. Ma, poiché non sono musulmani, la confusione è stata inevitabile. Ci consola la consapevolezza che, sebbene tutto ciò sia una vergogna, sono stati centinaia, forse migliaia, i musulmani che hanno trovato rifugio nelle parrocchie e nei conventi sparsi nel Paese, salvandosi letteralmente la vita. Ma l’esodo di questa minoranza è ormai cominciato. Tantissimi musulmani – e tra questi anche alcuni nostri carissimi amici – sono stati costretti a lasciare il Paese, pur essendo nati qui”. 

Preoccupa la situazione alimentare. Fides riporta che la FAO ha lanciato l’allarme sulla penuria di cibo, causata da più di un anno di instabilità. Prima l’arrivo dei ribelli Seleka, poi il caos provocato dalle milizie anti balaka, hanno impedito la semina nei campi. Inoltre buona parte dei commerci sono in mano ai musulmani la loro fuga ha contribuito ad innalzare i prezzi dei generi alimentari. 

Padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano, ha detto a Fides che a Bozoum 2.500 musulmani sono stati costretti a trovare rifugio in Ciad: “la partenza dei musulmani e dei Peul avrà gravi conseguenze. Già i prezzi dei prodotti importati (sapone, carburante, olio, sale, zucchero) sono aumentati dal 50 al 100%, mentre la vendita dei prodotti agricoli si fa difficile, per mancanza di clienti”.

P. Aurelio, che si è battuto come ha potuto per proteggere i musulmani dalle violenze, riferisce che è stato ritirato dalla città il piccolo contingente della MISCA (la missione africana in Centrafrica), che comunque ha fatto poco per contenere le milizie anti balaka. “Ma come si può lasciare una città in questo stato? Non c’è nessuna autorità (il Prefetto è assente da 2 mesi) e non c’è modo per limitare la violenza” ha commentato il missionario, che intravede come “unica soluzione, il risveglio della consapevolezza e della responsabilità da parte degli abitanti”.

“A ciò si aggiunge un effetto collaterale che renderà ancora più difficile la già fragile economia centrafricana. Le poche attività commerciali – soprattutto, ma non solo, la vendita all’ingrosso e al dettaglio dei generi alimentari di base – erano infatti in mano ai musulmani. Il futuro del Centrafrica, anche quello economico, è quindi una vera incognita.”

Padre Trinchero ha concluso con una nota di speranza: “In questo quadro desolante c’è stato, il 20 gennaio, un segnale di distensione: l’elezione di un nuovo Presidente nella persona di Cathérine Samba Panza, ex-sindaco di Bangui, che a differenza di chi l’ha preceduta, gode del favore popolare. La nuova Presidente ha in seguito nominato un nuovo Primo Ministro il cui cognome è tutto un programma: Nzapayeke, che “significa ‘Dio c’è’. Un ottimo tandem con l’Arcivescovo di Bangui, il cui cognome, Nzapalainga, significa ‘Dio sa’. Quindi: ‘Dio c’è e Dio sa’. Queste due certezze, che non sembrano mai essere venute meno nel cuore di tutti i centrafricani, siano essi cristiani o musulmani, sono più che sufficienti per non scoraggiarci, sentirci al sicuro e andare avanti”.

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ZENIT Staff

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