Dopo il triennio di preparazione che, dal 2011, ha portato a riscoprire la storia, la pedagogia e la spiritualità di don Bosco, il prossimo 16 agosto 2014 avverrà l’apertura dell’Anno Bicentenario in occasione del 199° anniversario della nascita del Santo. Numerose le attività previste per ricordare e celebrare un uomo i cui insegnamenti, a distanza di 200 anni, sono ancora vissuti da migliaia di religiosi e laici in oltre 130 paesi di tutto il mondo.
Il programma degli eventi è stato presentato, lo scorso 6 febbraio, in una conferenza stampa presso l’Associazione della Stampa Estera, in via dell’Umiltà, a cui hanno preso parte diversi ospiti, tra cui mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; Flavio Insinna, attore e conduttore televisivo, interprete di don Bosco nella fiction televisiva; don Roberto Gottardo, Presidente della Commissione diocesana per la Sindone.
Presente, naturalmente, anche don Pascual Chávez Villanueva, nono successore di don Bosco, da sei anni Rettore maggiore dei Salesiani e punto di riferimento dell’intera Famiglia Salesiana, che ha presentato le iniziative più importanti che contrassegneranno l’Anno Bicentenario. In particolare, tra questi, l’ostensione straordinaria della Sindone nella primavera del 2015 e il probabile arrivo a Torino di Papa Francesco, proprio per venerare il Sacro Lino e rendere omaggio alla figura del Santo dei giovani.
Durante la conferenza, sollecitato da ZENIT, don Chávez ha osservato che “i 200 anni della nascita di don Bosco coincidono felicemente con il pontificato di Francesco”. “Come ben sapete – ha detto il Rettore – Bergoglio è stato un alunno nostro. Non solo: i suoi genitori vivevano sulla strada per Baldocco, vicino Torino; poi quando emigrarono in Argentina raggiunsero un nostro centro di Maria Ausiliatrice, nel quartiere di Almagro, dove un salesiano aveva fondato il club di San Lorenzo de Almagro”.
Papa Francesco, ha ribadito don Pascual, “è una felice coincidenza, ma soprattutto una boccata di aria fresca, non solo per la Chiesa ma anche per la società. Perché pone in essere una nuova visione del mondo, in cui bisogna vedere quanti elementi di bene ci sono per essere messi in sinergia e risolvere i problemi; per evitare una visione miope di alcune questioni dogmatiche o di tipo pastorale”.
Come Don Bosco, ha aggiunto Chávez, Papa Francesco dice che “si deve iniziare con la soddisfazione dei bisogni primari: cibo, riparo. Inutile parlare di Dio a stomaco vuoto. Il Santo Padre è venuto a cambiare il concetto di Chiesa, presentandola non come un transatlantico, ma come una barca di pescatori in cui si riscontra una grande accoglienza. È un modo nuovo di intendere l’esercizio delle priorità. E, per questo – ha concluso il Rettore – posso dire che il Pontefice è un regalo non solo per la Chiesa, ma anche per la società. E ha ragione chi afferma che è uno dei leader di oggi – come Rollings Stones che lo ha messo in copertina – Francesco è una felice coincidenza, ma soprattutto un dono di Dio”.
D’accordo anche mons. Mario Toso, anch’egli salesiano, il quale, rispondendo ad una domanda di ZENIT, ha sottolineato che “esiste una sintonia tra il carisma salesiano e la sensibilità di Papa Francesco”, che Bergoglio stesso ha confermato raccontando in una sua testimonianza pubblicata da L’Osservatore Romano, in cui diceva che “lo spirito salesiano lo influenzò tanto, al punto che quando faceva apostolato a San Miguel, nella periferia di Buenos Aires, ricevette delle accuse di ‘salesianizzare’ la opera dei Gesuiti”.
Su questo “lato salesiano” di Bergoglio, ZENIT ha poi interrogato di nuovo il Rettore Chávez, rivolgendogli alcune domande al termine della Conferenza che riportiamo di seguito:
Padre Chávez, questo è il suo sesto anno del mandato di Rettore superiore dei Salesiani. Che bilancio può fare?</strong>
Padre Chávez: Dico seempre che mi hanno assegnato uno splendido compito: incarnare don Bosco, il che suppone una grande dignità considerando la figura affascinante che lui è. Basta dare una biografia del Santo ad un giovane che rimarrà incantato per la simpatia così spontanea, quasi congenita, con cui si relazionava ai ragazzi. Al tempo stesso, però, è una grandissima responsabilità, quella di poter consegnare la Congregazione in buona salute dopo 12 anni. E spero di star svolgendo così il mio lavoro.
La Congregazione continua a crescere nel mondo?
Padre Chávez: Sì, siamo cresciuti in 132 paesi, anche se si è verificato un calo in Europa a causa di alcuni problemi “sociali”: non ci sono più bambini nelle famiglie, non ci sono bambini per la Chiesa, c’è una grave lacuna demografica di fondo che ha ripercussioni nella vita sociale. In cambio, però, oggi la maggior fioritura delle nostre vocazioni viene dall’Asia. Solo in India contiamo oltre 2.600 vocazioni e, anche in zone come il Vietnam arriviamo a 350. In America Latina, invece, la situazione è un po’ più preoccupante, perché si sta identificando molto con il modello europeo, ancor più che con quello nord americano. Quindi, mentre i seminari si vanno riempiendo, le case religiose no, e questa è una cosa che dobbiamo “studiare”.
E con un Papa come Francesco la situazione com’è? Si può dire che, per certi versi, sia un po’ salesiano?
Padre Chávez: Il Santo Padre è latinoamericano e conosce molto bene tutta la situazione. Sul fatto che sia un poco salesiano, si dice che Francesco è un Papa che ha il nome francescano, un abito domenicano ed è gesuita. Non abbiamo il coraggio di dire che è salesiano, ma lui stesso ha ammesso di aver avuto una grande nostra influenza.