“Evangelizzate con amore, siate missionari zelanti e gioiosi, non perdete la gioia!”. Questo il mandato di Papa Francesco alle oltre 400 famiglie del Cammino Neocatecumenale, inviate oggi ad annunciare il Vangelo di Cristo Risorto in ogni angolo della terra. Parole, quelle del Santo Padre, di cui hanno fatto tesoro soprattutto i 174 nuclei familiari che prenderanno parte alle nuove 40 missio ad gentes nelle zone più scristianizzate di Europa, America e Asia.
Queste missioni “ai gentili” sono uno strumento forte che il Cammino mette a disposizione dei vescovi, i quali confidano nelle testimonianze di amore e perfetta unità delle famiglie cristiane per riavvicinare alla Chiesa i lontani e i pagani. Sono tante le mamme e i papà che, insieme ai loro figli, rispondono a questa chiamata abbandonando casa, lavoro, affetti, certi che il dono più grande che l’uomo di oggi possa ricevere è conoscere l’amore di Gesù Cristo.
Lo stesso amore che loro stessi hanno sperimentato in prima persona, come raccontano Pedro e Carmen, coppia del New Jersey, genitori di sei figli, di cui uno in seminario a Dallas, inviati oggi dal Santo Padre per la missio a Philadelphia. “Dio mi ha realmente tratto da una situazione di morte” racconta Pedro a ZENIT, “vivevo nella strada, tra le gang, immerso nella droga. Il Signore mi ha reso un uomo nuovo, mi ha dato una moglie e dei figli, e soprattutto una famiglia cristiana. Abbiamo sentito quindi questa chiamata ad andare per il mondo ad annunciare l’amore che Dio ha avuto per noi”.
“Certo, non manca la paura – ammette – ma, come dicevo, ho già sperimentato che Dio mi ha aperto una strada nella morte, e mi ha dato la felicità… Al di là delle difficoltà che sicuramente incontreremo, confido in Lui”. “Sono più spaventata dai miei peccati che dalla missione”, controbatte la moglie; “però ricordo da dove Dio mi ha tratto e le grazie reali che mi ha dato – un matrimonio di 18 anni, sei figli – e che non merito”. Alla domanda, se i figli siano contenti di questa scelta dei genitori, rispondono direttamente i piccoli e dicono in coro: “Siii! Siamo contentissimi!”. “Siamo molto felici di fare questa missione – conclude Carmen – e non vedo l’ora di buttarmi e vedere ciò che il Signore ha preparato per noi”.
Già, perché come ha detto il Santo Padre nel suo discorso di oggi: “Il Signore sempre ci precede”, e prepara un cammino anche “nei posti più lontani” e “nelle culture più diverse”. Certi di questo, Miguel e Beatriz, una famiglia con quattro figli e sette “in cielo”, ha lasciato la Spagna lo scorso anno per partire a Manchester. “Inizialmente è stata dura – dice a ZENIT Miguel – la lingua, le usanze, il cibo… Siamo stati per un anno in una condizione di ‘umiltà’, non potendo comunicare, capire… Però Dio non ci ha mai fatto mancare il suo aiuto, oltre che rafforzando la nostra fede, anche donandoci cose concrete come la casa, il lavoro ecc”.
“Quello che più ha colpito me e mia moglie – prosegue il capo famiglia – è stato vedere come si siano subiti adattati i nostri figli, erano contenti già appena arrivati, hanno imparato anche un ottimo inglese!”. Questa missione, conclude, è “il nostro modo di dire grazie al Signore, per tutto quello che ha fatto, per la vita che ha donato a noi e ai nostri figli”.
Per gratitudine anche Cedric, Cristine e i loro quattro figli hanno deciso di partire in missione a Rajkot, in India. Un atto di fede straordinario considerando che il Paese è noto per le continue persecuzioni verso i cristiani. “I rischi sono tanti”, conferma infatti l’indiano in un timido italiano, “la maggior parte della popolazione è induista, alcuni anche fanatici. È tutto difficile. Anche se restiamo in India, inoltre, dobbiamo imparare un’altra lingua, un’altra cultura, è tutto diverso!”. Allora perché partire? “Perché la gratitudine nei confronti di Dio è più forte – afferma Cedric – abbiamo visto troppi miracoli e troppo amore per non poterlo condividere con altri”. Un esempio, racconta, “sono state le gravidanze difficili di mia moglie, ha rischiato molto, però abbiamo avuto fede, abbiamo pregato e Dio ci ha dato quattro figli. Veramente un miracolo: ogni bambino è stato un dono! I nostri figli sono consapevoli che la vita gliel’ha donata il Signore, quindi sono felici di partire”.
Un’altra bella testimonianza la offrono anche Paolo e Anna, giovanissima coppia di Trieste (lui 28, lei 25), padre e madre di due bambini piccolissimi, tra le famiglie inviate oggi in Asia. “Abbiamo incontrato Gesù Cristo, ci siamo sentiti amati e ci siamo resi disponibile ad andare in ogni parte a portare questo amore”, taglia corto Paolo alla domanda di cosa li abbia spinti a lasciare tutto e partire. “Non è sempre facile, la vita a volte pesa”, aggiunge, “ma confidiamo nello Spirito Santo, senza il quale non facciamo niente”.
“È veramente un miracolo che tutte queste persone partano per il mondo ad evangelizzare, lasciando la propria casa, le loro sicurezze”, commenta a ZENIT mons. Anthony Sablan Apuron, arcivescovo cappuccino di Agaña, nell’isola di Guam. “Soprattutto mi hanno colpito le famiglie inviate in Cina, disposte ad imparare una lingua nuova, una cultura totalmente opposta, a perdere la vita. Sono sicuro che il Signore le aiuterà”.
D’accordo anche mons. John McIntyre, vescovo ausiliare di Philadelphia, dove 12 delle famiglie inviate oggi partiranno per la missio ad gentes. “È stato un incontro molto bello e commovente – dice il presule – soprattutto aver visto la preoccupazione del Santo Padre per le famiglie e il suo interesse per i loro figli, ma anche la generosità di queste persone che si offrono in maniera così meravigliosa per la missione della Chiesa”. “Noi – prosegue – siamo molto grati a queste famiglie, a questi sacerdoti e seminaristi, soprattutto per il loro coraggio ad affrontare le sfide umane che gli si presenteranno: non solo la lingua e la nuova cultura, ma anche trovare lavoro, trovare una scuola per i loro figli. Sono certo però che riusciranno in tutto sostenuti dalla fede in Cristo, nella sua vittoria sui problemi, sul peccato e sulla morte”.