«Quando una famiglia non ha da mangiare perché deve pagare il mutuo agli usurai, no, quello non è cristiano, non è umano».
Papa Francesco nell’udienza del mercoledì ha parlato di usura alla sua maniera, franca e schietta, davanti a migliaia di persone ed ai rappresentanti delle Fondazioni associate alla Consulta nazionale antiusura. Poche parole ma chiare, segno dell’inequivocabile volontà di mettere la Chiesa con sempre più forza e determinazione dalla parte dei deboli e dei giusti, sollecitando «l’impegno delle istituzioni a fianco delle vittime dell’usura, drammatica piaga sociale che ferisce la dignità inviolabile della persona umana».
A volte basta poco per restituire fiducia e speranza. Servono sempre il buon esempio, il rispetto per le leggi e per il prossimo, dignità e coerenza. Ma occorrono anche segnali concreti per continuare a nutrire speranza e, soprattutto, la convinzione che la famiglia degli uomini e dei popoli non sia stata abbandonata da un Amore più grande. Accanto a misure e politiche che riaprano e garantiscano l’accesso al credito, il sostegno concreto alle vittime, una legislazione ancor più severa per i cravattari, è necessario aprire le porte alla stagione d’una nuova primavera delle coscienze.
La vita, in particolare per i cristiani, deve essere comunione, non competizione, pace non ostilità. Lo è se se si accettano dei limiti al proprio potere e al proprio avere. Altrimenti, nel migliore dei casi, si arriverà ad un’aurea solitudine.
Non ci vuole molto a capire quanto sia distante da questa prospettiva la società contemporanea, che utilizza il denaro per acquistare altro denaro: l’economia è regolata dal desiderio, da parte di chi possiede, di voler possedere sempre di più. A tal fine vengono pilotati i bisogni, molti dei quali chiaramente artificiali, immaginari e destinati ad alimentare quel circolo vizioso già denunciato da eminenti economisti quali Adorno, Marcuse, Horckheimer: si produce per consumare, si consuma per produrre. Col risultato di concentrare la ricchezza nelle mani di pochi: l’82,7% del reddito mondiale è detenuto dal 20% della popolazione.
Inevitabile venire a contatto con situazioni di disuguaglianza e ingiustizia, povertà e sfruttamento, di cui l’usura è la compagna più subdola. Si può reagire a questo stato di cose? Sì, ma a patto di passare attraverso la testimonianza di povertà evangelica dei cristiani; uno stile di vita rinnovato; una cultura che sia capace di incidere sugli attuali sistemi politici ed economici; la scelta di modelli educativi sull’uso responsabile del denaro. «Essere perduti al mondo del mondo e rinascere al mondo di Dio vuol dire impegnarsi in una vita di libertà spirituale e di servizio, della quale è condizione una certa povertà», scriveva il teologo Yves Congar. È la formula che porta alle uniche soluzioni in grado di sconfiggere ogni male: l’onestà che rincuora e la fede che trasforma i cuori.