di Antonio Gaspari
ROMA, luned', 23 gennaio 2012 (ZENIT.org).- Non si può accettare che “la porta della fede” resti deserta, né che “il sale diventi insipido” o “la luce sia tenuta nascosta”, ha affermato il cardinale Angelo Bagnasco nel corso della prolusione con cui ha aperto oggi 23 gennaio, il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
Facendo riferimento alla decisione del Santo Padre di indire l’Anno della fede, il Presidente della CEI ha spiegato che la soglia di quella porta della fede “è mistero e calamita di ogni esistenza, dilemma e dramma, fascinazione e speranza”.
“Davanti a quella porta, - ha aggiunto, riprendendo le parole del Pontefice - ciascuno prima o poi viene a trovarsi: meglio per noi, allora, se non ci faremo trovare avvolti nell’indolenza”.
Secondo l’Arcivescovo di Genova “il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede” e si detto concorde con le parole del Papa secondo cui “se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione ed una forza reale grazie all’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme rimarranno inefficaci”.
Per il cardinale Bagnasco “Sembra esistere qua e là una strana reticenza a dire Gesù, una sorta di stanchezza, uno scetticismo talora contagioso”.
“Al contrario, - ha precisato - c’è l’entusiasmo riscontrabile nei giovani e nei giovani Continenti, a partire dall’Africa dove si è colta un’impressionante vitalità e una larga passione per il Vangelo”.
Il Presidente della CEI ha spiegato la sfida pastorale e posto la quaestio fidei “come far rinascere in se stessi e negli altri la nostalgia di Dio e la gioia di viverlo e testimoniarlo?”
Sul che fare e come ritrovare le radici del “perchè credo” il cardinale Bagnasco ha indicato l’esperienza della Giornata mondiale della Gioventù che “si sta rivelando un modo nuovo, ringiovanito, dell’essere cristiani”.
Ha invitato la Chiesa tutta a “valorizzare l’esperienza del pellegrinaggio ai Luoghi della Terra Santa come ai grandi Santuari sparsi per il mondo”; ha auspicato “lo scambio culturale tra gli immigrati e gli autoctoni, come tra gli studenti internazionali e i coetanei che incontrano nei Paesi e nelle università in cui transitano”, quasi a formare “laboratori di umanità” in grado di fronteggiare “ideologie prepotenti o anche surrettiziamente deboli”; ha sollecitato di “potenziare le testimonianze e i testimoni che, fin dalle origini, la comunità cristiana ha avuto grazie a persone che, toccate dalla grazia, sono diventate dei campioni di fede vissuta”
“Se tutto questo verrà tentato, - ha concluso - ad integrazione organica e supporto intelligente per la pastorale ordinaria, allora davvero si apriranno sentieri nuovi per il Vangelo”.