di Luca Marcolivio
ROMA, lunedì, 30 gennaio 2012 (ZENIT.org) – Proseguono al Vicariato di Roma gli incontri del ciclo di letture teologiche sulle omelie pasquali di Benedetto XVI. Giovedì scorso, 26 gennaio, è stata presa in esame l’omelia della veglia pasquale del 22 marzo 2008, intorno alla quale si è tenuta una tavola rotonda dal tema L’identità dell’uomo nel tempo e oltre il tempo.
Relatori dell’incontro: monsignor Livio Melina, preside del Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II”, Laura Palazzani, docente di bioetica alla LUMSSA, e Angelo Luigi Vescovi, direttore scientifico dell’ospedale Casa sollievo della sofferenza a San Giovanni Rotondo. Il dibattito, come il giovedì precedente, è stato moderato da Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale.
L’uomo è, in primo luogo, un essere limitato: lo è – osservava il Santo Padre, nell’omelia citata – in relazione al tempo, allo spazio e al corpo.
“Eppure – ha osservato monsignor Melina – il corpo attesta anche la possibilità di un superamento di questi limiti. Esso infatti scopre proprio nella relazione con gli altri di essere chiamato ad un’apertura nell’amore”.
Il nostro corpo mortale, quindi, facendo esperienza dell’amore, può acquisire una percezione di eternità, che spinge la persona ad andare oltre il proprio egoismo e a donarsi, entrando finalmente in relazione “con Lui che ha in se stesso la vita”.
Gesù Cristo, quindi, è colui che viaggia “oltre la morte” e vi fa addirittura ritorno. “La Pasqua di Gesù è il grande passo, il grande viaggio, che unisce il nostro passato e il nostro futuro nell’abbraccio del Padre”, ha commentato monsignor Melina.
La corporeità, quindi, in ragione della Resurrezione ed Ascensione al Cielo di Cristo, sarà anche parte integrante della nostra vita eterna. Non è un caso che il Redentore abbia preso commiato dai discepoli proprio in un momento conviviale, l’Ultima Cena, e che le Sacre Scritture stesse parlino spesso di cibo e di banchetti assieme al Signore e in maniera nemmeno troppo metaforica (cfr. Is 25,6; Lc 22,30; Ap 3,20).
È proprio nella “fragilità del corpo” e nel “dramma del tempo” che “il Signore risorto ci prende per mano”, ha aggiunto monsignor Melina. In questo modo Egli “ci dona quello Spirito che assume e porta a compimento, con la nostra vocazione all’amore, la promessa più intima e segreta della vita”, ha poi concluso il teologo.
Che l’identità dell’uomo non si esaurisca nel corpo è convinzione anche del biologo Angelo Luigi Vescovi, che ha ricordato come la percezione del mondo da parte dell’uomo sia sempre estremamente limitata rispetto alla realtà oggettiva.
La relazione della professoressa Laura Palazzani ha avuto il suo fulcro nel delicatissimo tema della cessazione della vita, in relazione al progresso medico-scientifico. Come ha rilevato la bioeticista, nel tempo si sono susseguiti vari standard, dal neurologico (morte dell’intero encefalo o morte corticale) al cardio-circolatorio.
Sul piano filosofico, invece, si oppongono la teoria della separazione corpo/persona e la teoria che della coincidenza corpo/persona.
Il primo dei due assiomi affonda le radici nella distinzione cartesiana tra res cogitans (mente) e res extensa (corpo) ed è alle origini di teorie eugenetiche che giudicano la “dignità” della persona, in base alla funzionalità e all’efficienza del proprio corpo.</p>
In bioetica questa concezione “si radica, in prima istanza, nella oggettivazione del corpo umano e nella disincarnazione della persona”, ha osservato la professoressa Palazzani.
Al contrario, la teoria della coincidenza corpo/persona, definita in modo esauriente da San Tommaso d’Aquino, “elabora una fondazione teoretica forte del concetto di dignità umana che richiama alla originaria identificazione tra persona ed essere umano riaffermando il fondamento e il senso dei diritti umani”.
Con questi fondamenti culturali alle spalle, l’attuale epoca di progresso della scienza ha attribuito alla biomedicina un “compito illimitato e sconfinato”, pretendendo di sconfiggere la morte e la sofferenza, con le inevitabili derive dell’eutanasia e dell’accanimento terapeutico, complementari conseguenze del rifiuto della malattia, del dolore e della morte.
Il ciclo di letture teologiche sulle omelie pasquali di Benedetto XVI si chiude giovedì prossimo, 2 febbraio: alle ore 20, in Vicariato, sul tema La stabilità dell’uomo nel mondo globalizzato, si confronteranno monsignor Luis Ladaria Ferrer, S.I., segretario della Congregazione per la dottrina della fede, Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, e Giampiero Milano, professore ordinario di diritto canonico ed ecclesiastico all’Università di Roma-Tor Vergata.