L'ecumenismo non deve scadere nell'indifferentismo

Il Papa riceve in Udienza i partecipanti alla Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede

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CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 30 gennaio 2012 (ZENIT.org) – Per papa Benedetto XVI è stato un po’ un ritorno al passato: venerdì scorso, 27 gennaio, il Santo Padre ha ricevuto in Udienza i partecipanti alla Sessione Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui il cardinale Ratzinger fu prefetto dal 1981 al 2005.

Il Pontefice ha espresso riconoscenza in primo luogo al suo successore, il cardinale William Levada, sotto la cui guida la Congregazione, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, sta preparando l’Anno della Fede.

“Come sappiamo – ha osservato Benedetto XVI – in vaste zone della terra la fede corre il pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più alimento. Siamo davanti ad una profonda crisi di fede, ad una perdita del senso religioso che costituisce la più grande sfida per la Chiesa di oggi”.

Il Papa ha quindi espresso l’auspicio che l’Anno della Fede possa contribuire “a rendere Dio nuovamente presente in questo mondo e ad aprire agli uomini l’accesso alla fede, all’affidarsi a quel Dio che ci ha amati sino alla fine (cfr. Gv 13, 1), in Gesù Cristo crocifisso e risorto”.

Tra le riflessioni della Plenaria figura il tema dell’unità dei cristiani, oggetto della Settimana di Preghiera conclusasi lo scorso 25 gennaio. A tal proposito Benedetto XVI ha riconosciuto che il dialogo ecumenico ha prodotto “non pochi buoni frutti”, tuttavia è necessario non abbassare la guardia rispetto al “rischio di un falso irenismo e di un indifferentismo, del tutto alieno alla mente del Concilio Vaticano II”.

L’indifferentismo in questione è il prodotto di una “opinione sempre più diffusa”, secondo cui “la verità non sarebbe accessibile all’uomo”. Con la conseguenza che l’umanità si limita a “trovare regole per una prassi in gradi di migliorare il mondo” e la fede finisce rimpiazzata “da un moralismo senza fondamento profondo”.

Senza fede l’ecumenismo sarebbe ridotto a una sorta di “contratto sociale” e a una “prasseologia” finalizzate ad un vago ed utopizzato “mondo migliore”.

“La logica del Concilio Vaticano II – ha proseguito il Papa – è completamente diversa: la ricerca sincera della piena unità di tutti i cristiani è un dinamismo animato dalla Parola di Dio, dalla Verità divina che ci parla in questa Parola”.

Vanno quindi rimessi in primo piano “la relazione tra Sacra Scrittura, la Tradizione viva nella Santa Chiesa e il Ministero dei successori degli Apostoli come testimone della vera fede”, ha aggiunto.

È fondamentale, inoltre, “il discernimento tra la Tradizione con maiuscola, e le tradizioni”, secondo la prassi che si sta utilizzando con la formazione dei fedeli provenienti dall’Anglicanesimo, desiderosi di entrare in comunione con la Chiesa di Roma.

“Esiste, infatti, una ricchezza spirituale nelle diverse Confessioni cristiane, che è espressione dell’unica fede e dono da condividere e da trovare insieme nella Tradizione della Chiesa”, ha detto in proposito Benedetto XVI.

Un principio imprescindibile nei dialoghi ecumenici è proprio la conoscenza della verità, considerata dal papa un “diritto dell’interlocutore in ogni vero dialogo”. Essa è una “esigenza di carità verso il fratello” che implica la necessità di “affrontare con coraggio anche le questioni controverse, sempre nello spirito di fraternità e di rispetto reciproco”.

Il Santo Padre ha proseguito, raccomandando lo studio dei “documenti di studio prodotti dai veri dialoghi ecumenici”. Questi ultimi “non possono essere ignorati, perché costituiscono un frutto importante, pur provvisorio, della riflessione comune maturata negli anni”, sebbene spetti soltanto all’Autorità della Chiesa il compito di “giudicarli in modo definitivo”.

Infatti, attribuire a tali testi “un peso vincolante o quasi conclusivo delle spinose questioni dei dialoghi”, potrebbe risultare controproducente nel “cammino verso una piena unità nella fede”.

Un ultima – ma tutt’altro che secondaria – sfida per il cammino ecumenico, è rappresentata dalle “grandi questioni morali circa la vita umana, la famiglia, la sessualità, la bioetica, la libertà, la giustizia e la pace”. Anche per questi temi bisogna parlare “con una sola voce”, attingendo alle Sacre Scritture e alla “viva tradizione della Chiesa”.

“Difendendo i valori fondamentali della grande tradizione della Chiesa, difendiamo l’uomo, difendiamo il creato”, ha proseguito Benedetto XVI, concludendo che l’unità non è solo “il frutto della fede, ma anche un mezzo e quasi un presupposto per annunciare in modo sempre più credibile la fede a coloro che non conoscono ancora il Salvatore”.

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ZENIT Staff

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