Errata corrige

Film: “E ora dove andiamo?”

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Nel servizio di ieri, sabato 28 gennaio, è subentrato un errore nell’ultimo paragrafo della recensione del film E ora dove andiamo?. Chiediamo scusa ai nostri lettori e riproponiamo la versione corretta.

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E ora dove andiamo?

Un film che è un inno alla pace e alla concordia fra le religioni

di Franco Olearo

ROMA, sabato, 28 gennaio 2012 (ZENIT.org).- In un non meglio identificato villaggio libanese cristiani e musulmani convivono pacificamente, isolati dal resto del mondo grazie al provvidenziale crollo di un ponte. Ma ogni tanto gli echi della guerra che è ripresa nel paese arrivano anche da loro, complice una televisione di fortuna e le donne si riuniscono in segreto per trovare un espediente che riesca a dissuadere gli uomini dal rivoltarsi nuovamente uno contro l’altro…

Il film E ora dove andiamo? è un inno alla pace e alla concordia fra le religioni privo di qualsiasi retorica perché fondato sulla realtà di tante comunità multietniche del vicino oriente

Qualche linguaggio è un pò esplicito fra le donne, qualche scena sensuale.

Grande bravura dell’autrice (anche protagonista) nel saper dirigere un folto gruppo di caratteristi che riescono a restituirci l’immagine di una comunità viva, appassionata e carica di umanità

Il film, se trascuriamo qualche perdonabile aritmia, è un capolavoro.

L’ambientazione in un piccolo paese isolato dal resto del mondo a causa della guerra in un tempo non precisato dona al film i connotati di una storia in grado di parlarci di un argomento universale come la pace.

Lo fa mescolando commedia, favola, dramma e musical con una capacità di sorridere  facendoci riflettere su cose molto serie, in un modo che non si vedeva dai tempi di La vita è bella (1997) di Roberto Benigni.

In questa piccola comunità vivono insieme cristiani e mussulmani che si conoscono fin da ragazzi, gestiscono pacificamente i loro affari all’ombra di una moschea e di una chiesa, ma al di là di un ponte rimasto provvidenzialmente distrutto, c’è la guerra che ogni tanto, attraverso le immagini di un televisore di fortuna, riversa il suo carico di odio. Il piccolo cimitero del villaggio, diviso inesorabilmente in due settori, è ormai popolato di tombe di mariti, figli e padri che le donne di entrambi i fronti sono ormai stanche di andare a  visitare per rinnovare i fiori e pulire le foto ricordo. 

Già dai tempi della Lisistrata di Aristofane è la donna che ha sempre manifestato una ferma vocazione alla pace; ora anche Nadine Labaki, autrice e al contempo anche attrice (come nel suo precedente Caramel) assieme alle altre donne del villaggio escogita tutti gli espedienti e gli incantamenti che possono servire a distrarre i loro uomini dall’uccidersi fra loro per odio religioso, per vendetta o semplicemente per difendere il proprio orgoglio.  

Il film si diverte e ci diverte nel mostrarci la fantasia di queste donne che conoscendo i loro bambinoni li distraggono con la vista di un gruppo di ballerine russe capitate in paese non certo per caso o cercano di far loro credere ai messaggi di una Madonna fin troppo informata sui pettegolezzi del paese. Ma la commedia non è l’unico registro del film: quando la tragedia irrompe imprevista e una madre si trova di fronte al figlio ucciso da una pallottola vagante, il tono diventa eroico e la donna sa soffocare il proprio rancore seppellendo clandestinamente il ragazzo per evitare che diventi un pretesto per innecare una catena di vendette.  

Si potrebbe restare perplessi, di fronte alla complessità delle problematiche del mondo mediorientale, per il modo semplice e lineare con cui le donne, nonostante le molteplici provocazioni, riescono a mantenere la coerenza di pensare sempre e comunque a mantenere in vita i loro uomini (impiegando a volte metodi poco ortodossi) considerandosi soddisfatte solo quando riescono a sotterrare i fucili in dotazione al paese. Ma forse è proprio questo il modo di affermare l’assurdità di tutte le guerre: quanto sia semplice pensare alla pace e quanto risultano stupidi e irriflessivi quelli che vedono nella guerra una soluzione ai loro problemi.

Molto belle sono le figure dell’imam e del parroco del paese, solidali  nel pensare prima di tutto alla concordia delle due comunità e quando si alleano con le donne nel mettere in atto sotterfugi volti a pacificare gli animi, non si sentono molto sicuri di aver compiuto atti graditi alle loro rispettive Superiorità Celesti.

Nadine Labaki è molto brava nel caratterizzare tutti i personaggi: le bastano poche scene e qualche battuta per farci entrare nel vivo di questa simpatica comunità: la comunità di una favola è vero, ma una comunità che potrebbe essere il modello per tante realtà multietniche.

Se di qualcosa bisogna rimproverare l’autrice, non si può negare che il suo punto di vista sia esclusivamente femminile: sono tanto sagge e controllate le donne quanto gli uomini sono preda dei loro istinti, siano essi di natura bellicosa o semplicemente quelli di perdere la testa di fronte alla prima gonna un po’ corta che passa loro davanti.

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Titolo Originale: Et maintenant on va ou?

Paese: Francia, Libano, Italia, Egitto

Anno: 2011

Regia: Nadine Labaki

Sceneggiatura: Nadine Labaki, Jihad Hojeily, Rodney El-Haddad

Produzione: LES FILMS DES TOURNELLES, PATHÉ, LES FILMS DE BEYROUTH, UNITED ARTISTIC GROUP, CHAOCORP, FRANCE 2 CINÉMA, PRIMA TV CON LA PARTECIPAZIONE DI CANAL +, CINECINEMA, FRANCE 2

Durata: 100

Interpreti: Nadine Labaki, Claude Baz Moussawbaa, Layla Hakim, Yvonne Maalouf

Per ogni approfondimento: http://www.familycinematv.it/

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ZENIT Staff

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