Viaggio fotografico all'inferno di Auschwitz

Per la Giornata della Memoria una mostra fotografica nel Convento dei Minimi di Roccella Jonica

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di Eugenio Fizzotti

ROMA, venerdì, 27 gennaio 2012 (ZENIT.org) –Un viaggio in Polonia, programmato da molto tempo, ha segnato in forma talmente profonda Domenico Scali, un giovane calabrese di Roccella Jonica, nel territorio della Locride, che gli ha fatto fare la scelta di offrire ai suoi concittadini la possibilità di conoscere attraverso una notevole quantità di fotografie quel luogo dove si è consumata la più vergognosa barbaria umana, così da vincere la tendenza all’incredulità di alcuni che, pur avendo studiato e immaginato la follia nazista, non hanno mai percepito l’effetto concreto che riesce a cogliere solo chi si reca direttamente sul territorio dei campi di sterminio.

Tale conoscenza realistica ha luogo attraverso una mostra fotografica che Domenico Scali ha organizzato dal 27 al 30 Gennaio nel Convento dei Minimi di Roccella Jonica e che effettivamente permette di vedere la complessità e la tragicità di quell’assurda fabbrica dello sterminio che fu Auschwitz di cui, afferma Domenico Scali, «non si può raccontare ma si può testimoniare solo con le sensazioni che ti lascia, tenendo ben presente che i 70 anni di storia non sono riusciti a cancellare l’odore pungente dei forni, mentre le migliaia di foto di persone che ti guardano ti chiedono di non dimenticare cataste di scarpe, occhiali, valigie».

La notevole e originale quantità di foto rappresenta, infatti, la concreta e autentica testimonianza che «in quella fredda città si è consumata una delle più grandi tragedie dell’umanità: l’assassinio sistematico e scientificamente programmato e realizzato di milioni di esseri umani inermi, colpevoli solo di essere nati». E oltre a questo i visitatori hanno la possibilità di verificare che «la violenza ha strappato non solo la vita, ma la dignità, il pudore, il nome, l’identità stessa della persona».

Del resto è ben noto che Auschwitz, avendo fatto scomparire la bellezza dell’uomo e affiorare l’artiglio della bestia, ha fatto morire anche l’arte, l’amore e la fantasia trasformando milioni di persone in «vittime della routine diabolica dell’orrore, inconcepibile per una mente umana, ma ugualmente realizzato con una lucidità agghiacciante».

Molte delle foto consentono di vedere in forma chiara i viali e gli edifici squadrati e perfettamente allineati del campo di Auschwitz, come pure le orme indelebili degli zoccoli di uomini non più uomini, schiacciati e violentati da altri uomini non più uomini.

Certamente i visitatori, mentre avvertiranno l’esigenza di soffermarsi a guardare le foto in silenzio, si porranno la domanda: “Perché milioni di persone sono state costrette a perdere la libertà, la dignità e la vita?”, alla quale purtroppo non riusciranno a trovare una risposta soddisfacente. Piuttosto avvertiranno nel profondo del loro cuore e della loro mente che Auschwitz cambia la vita soprattutto di chi dopo tanti anni ripercorre quel luogo e non riesce a dimenticare le vittime innocenti, il cui viso in molti casi risulta fotografato.

Ecco perché in modo particolare coglieranno la sensibilità proposta da un breve e significativo messaggio di Domenico Scali che viene loro consegnato all’ingresso della mostra con l’invito a non dimenticare la tragedia di Auschwitz: «Viandante pietoso che nelle malinconiche notti vai per le tragiche campagne di Auschwitz, quando tu odi nel silenzio, con lo stormire delle fronte, diffondersi un sommesso mormorio, fermati e prega. È quello il gemito di tante e tante ombre doloranti per le mille e mille piaghe del loro martirio, è la voce sommessa di milioni e milioni di fantasmi senza pace, che vagano inquieti, cercando fra loro i loro cari. Ora che le fiamme allucinanti non rosseggiano più nelle buie notti, che il profumo dei campi ha steso un velo d’oblio su tanti innocenti cadaveri martoriati, possa la tua preghiera, viandante pietoso, placare l’offesa e lenire il tormento a quelle anime in pena».

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ZENIT Staff

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