ROMA, domenica, 22 gennaio 2012 (ZENIT.org).- Riportiamo il comunicato diffuso dall’Apostolato del Mare Italiano (AMI) in seguito alla tragedia della Costa Concordia, la nave da crociera naufragata nella notte del 13 gennaio scorso nei pressi dell’Isola del Giglio (Sardegna), provocando finora 13 vittime accertate e una ventina di dispersi. Il documento porta la data del 20 gennaio 2012 ed è firmato da Don Giacomo Martino, direttore nazionale per la pastorale degli addetti alla navigazione marittima ed aerea.
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Ad una settimana dalla tragedia della Costa Concordia, l’Apostolato del Mare Italiano (AMI), che da molti anni opera sulle navi da crociera con i cappellani di bordo, per l’assistenza ai membri dell’equipaggio e ai passeggeri, vive un sentimento immutato, di dolore per le vittime e apprensione per i dispersi, insieme a tanta riconoscenza verso i membri dell’equipaggio che hanno compiuto il loro dovere con senso di responsabilità e dedizione.
L’Apostolato del Mare ha vissuto questa dramma in prima persona attraverso Don Raffaele Malena, il Cappellano che si trovava a bordo della Concordia, e che si è prodigato per salvare vite umane ed offrire parole di conforto e sostegno nei momenti drammatici della vicenda.
Una calamità che, in diverso modo, ha toccato tutto e tutti, e ha suscitato una rete di solidarietà spontanea e reale che poco spazio ha avuto sui media.
Gli equipaggi, i marittimi, gli “Invisibili del mare”, anche in questa circostanza, sono stati ignorati, se non colpevolizzati; eppure, nell’emergenza reale e non simulata, hanno fatto il loro dovere, fino in fondo. Se da una parte addolora che alcune persone abbiano perso la vita, dall’altra c’è la consapevolezza che quasi tutti, oltre quattromila persone, sono stati tratti in salvo.
Ora è vivo il desiderio di esprimere tutta la comprensione e tutta la solidarietà umana e spirituale a chi ha avuto delle perdite e a chi ha subito i disagi di questa grande tragedia. Altresì è doveroso, nei confronti di questi equipaggi “Invisibili”, che per l’Apostolato del Mare hanno un volto preciso, esprimere tutta la gratitudine e la stima per il senso del dovere e per l’alta professionalità dimostrata, anche e soprattutto in un momento come questo.
Abbiamo avvicinato queste persone, senza distinzione alcuna, cercando con questo di servire il movimento di Dio nel suo mondo, nel quale ogni persona, indipendentemente dalla nazionalità e dalla fede professata, è Sua creatura.
Anche il Direttore nazionale dell’Apostolato del Mare Italiano ha voluto essere presente, adoperandosi per alleviare la sofferenza e i disagi delle migliaia di persone coinvolte e coordinando tutto il lavoro dei volontari delle Stella Maris di Savona e Civitavecchia, nonché i volontari locali della Caritas.
Il sostegno dell’Apostolato del Mare, in questa particolare circostanza, è stato mirato a lenire le ferite umane e spirituali inflitte nel cuore e nei volti dei sopravvissuti.
In particolare, sabato 14, l’Ufficio nazionale e i volontari della Stella Maris locale hanno fatto accoglienza, ascoltando, dialogando e confortando le circa 1.500 persone ospitate nel Terminal di Savona.
La vicinanza della Chiesa è stata testimoniata anche dal Vescovo di Savona, Mons. Lupi, che è stato lungamente in colloquio con quanti erano ricoverati al Terminal Crociere, come pure dalla telefonata di vicinanza del Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Domenica 15 un team congiunto, in cui è stato coinvolto l’Apostolato del Mare, si è recato nei vari hotel di Grosseto, per incontrare, sostenere ed incoraggiare i membri dell’equipaggio, una giornata estenuante ma intensa che ha visto uno dei suoi momenti più alti nella celebrazione della Messa con i membri dell’equipaggio scampati al pericolo.
Lunedì 16 e martedì 17 il Team ha proseguito la sua missione, visitando gli ospedali di Grosseto, Orbetello e Siena. Al Direttore Nazionale e agli altri volontari si sono affiancati i vari Cappellani degli Ospedali. Ad assistere un membro dell’equipaggio indonesiano, ricoverato nell’ospedale di Siena, che ha subito diversi interventi a causa delle ferite riportate, è rimasto un ex cappellano di bordo.
Negli stessi giorni, a Roma e a Civitavecchia, i volontari della Stella Maris di Civitavecchia, il responsabile dell’Apostolato del Mare mondiale del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti, con alcuni seminaristi Scalabriniani, si sono adoperati nell’accoglienza di membri dell’equipaggio di origine Latino Americana, bisognosi di sostegno psicologico e necessità materiali (vestiti, medicine, scarpe ecc.) avendo perso tutto ciò che avevano.
Giorni spossanti, ma intensi, che hanno messo in luce l’importanza, in queste particolari circostanze, del counselling umano e spirituale e di tutta l’attività di debriefing verso i passeggeri e i membri dell’equipaggio. Lo si è notato nei volti delle migliaia di persone visitate. Vedere e sentire che qualcuno si è ricordato di loro, che era lì per loro e con loro, che si faceva carico dell’angoscia e anche della rabbia, va al di là del comfort delle giacche a vento, dei panini e dell’acqua minerale, che pur sono risultati utili.
La rete che mano a mano si è creata è stato un chiaro segno della bontà Divina, non siamo stati affatto soli e abbiamo sentito il conforto di tantissimi che si sono uniti a tutti noi, sostenendoci con la preghiera.
Lo testimoniano le tante mail ricevute, in particolare dagli altri Cappellani di bordo in servizio sulle varie navi in navigazione in diverse parti del mondo. Tramite loro è giunto a noi e, attraverso di noi, ai membri dell’equipaggio della Concordia il sostegno e la solidarietà di tutti gli equipaggi delle varie navi. Si è creata una sorta di ponte ideale grazie ai Cappellani di bordo, che hanno dimostrato, ancora una volta, il loro delicato e prezioso lavoro sulle navi, su cui seguono quotidianamente oltre 14 mila persone di equipaggio.
In questi giorni abbiamo dato, ma ancora di più abbiamo ricevuto. La dignità ferita dei tanti del personale di bordo, accusati ingiustamente, non si è affatto tramutata in rabbia. Dai loro racconti potremmo riscrivere la stessa tragedia da una prospettiva diversa e forse più giusta, lontana dai riflettori e dai processi a “rete” aperta.
Anche se fra qualche giorno calerà il silenzio mediatico, rimangono le ferite, fisiche e morali, alcune delle quali chiederanno tempi di guarigione molto lunghi; anche di questo si farà carico quest’Ufficio nazionale, garantendo l’assistenza per quelli che ancora non possono partire, anche attraverso la rete internazionale dell’Apostolato del Mare, per non lasciare nella solitudine gli equipaggi, i marittimi che – pur rientrando nei loro Paesi – si porteranno comunque il grave peso di quanto hanno vissuto.
Ai famigliari delle vittime e a tutti i passeggeri assicuriamo la nostra preghiera. Alla gente di mare tutta, che Dio ha affidato alla nostra cura, la nostra compagnia diventi sempre più “la casa lontano da casa”, sempre e ovunque. Il lavoro continua, con la modalità di sempre, attento, paziente e costante.
Genova, 20 gennaio 2012
Sac. Giacomo Martino
Direttore Nazionale per la pastorale
degli addetti alla navigazione marittima ed aerea