di Eugenio Fizzotti
ROMA, mercoledì, 18 gennaio 2012 (ZENIT.org).- «Abbiamo da poco iniziato il triennio di preparazione al Bicentenario della nascita di Don Bosco. Questo primo anno ci offre l’opportunità di avvicinarci di più a lui per conoscerlo da vicino e meglio. Se non conosciamo Don Bosco e non lo studiamo, non possiamo comprendere il suo cammino spirituale e le sue scelte pastorali; non possiamo amarlo, imitarlo ed invocarlo; in particolare, ci sarà difficile inculturare oggi il suo carisma nei vari contesti e nelle differenti situazioni. Solo rafforzando la nostra identità carismatica, potremo offrire alla Chiesa e alla società un servizio ai giovani significativo e ricco di frutti. La nostra identità trova il suo riferimento immediato nel volto di Don Bosco; in lui l’identità diventa credibile e visibile. Per questo il primo passo che siamo invitati a fare nel triennio di preparazione è proprio la conoscenza della storia di Don Bosco».
Inizia così il messaggio che D. Pascual Chávez Villanueva, Rettor Maggiore dei Salesiani, ha inviato a tutti i suoi confratelli e a tutti i membri della Famiglia Salesiana (exallievi, cooperatori, Figlie di Maria Ausiliatrice, Volontarie di Don Bosco, congregazioni religiose femminili fondate da salesiani in varie parti del mondo) in vista, come prima esperienza, delle Giornate di Spiritualità che avranno luogo dal 19 al 22 gennaio 2012 a Roma presso la Casa Generalizia in Via della Pisana 1111, e che avranno come tema la bella frase evangelica: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore» (Gv 10,11 e punteranno attraverso conferenze e testimonianza ad approfondire la conoscenza di Don Bosco come educatore e pastore, fondatore, guida e legislatore, assumendo a livello personale e comunitario le sue ispirazioni, le sue motivazioni e le sue scelte in modo da «coltivare un amore costante e forte verso i giovani, specialmente i più poveri, che porta a rispondere ai loro bisogni più urgenti e profondi e alle loro situazioni di difficoltà: la povertà, il lavoro minorile, lo sfruttamento sessuale, la mancanza di educazione e di formazione professionale, l’inserimento nel mondo del lavoro, la poca fiducia in se stessi, la paura davanti al futuro, lo smarrimento del senso della vita».
Essere animati dallo spirito creativo di Don Bosco consente, sottolinea Don Chávez Villanueva, di «essere vicini ai giovani come “digital immigrates”, aiutandoli a superare il gap generazionale con i loro genitori e il mondo degli adulti. Ci prendiamo cura di loro durante tutto il loro cammino di crescita e maturazione, dedicando loro il nostro tempo e le nostre energie e stando con loro, nei momenti che vanno dalla fanciullezza alla giovinezza. Ci prendiamo cura di loro, quando difficili situazioni, come la guerra, la fame, la mancanza di prospettive, li portano all’abbandono della propria casa e famiglia ed essi si trovano soli ad affrontare la vita. Ci prendiamo cura di loro, quando dopo lo studio e la qualificazione, sono ansiosamente alla ricerca di una prima occupazione di lavoro e si impegnano a inserirsi nella società, talvolta senza speranza e prospettive di riuscita. Ci prendiamo cura di loro, quando stanno costruendo il mondo dei loro affetti, la loro famiglia, soprattutto accompagnando il loro cammino di fidanzamento, i primi anni del loro matrimonio, la nascita dei figli».
Per riscoprire la storia di Don Bosco le Giornate di Spiritualità consentiranno ai partecipanti di approfondire dal punto di vista biblico, attraverso la relazione di D. Juan José Bartolomé, l’essere “figli di un sognatore e realizzatori di una profezia”, tenendo ben presente che aveva appena 9 anni il piccolo Giovanni Bosco quando fece quel sogno straordinario nel quale la Vergine Maria gli fece comprendere che era importante impegnarsi per aiutare i suoi compagni, che manifestavano comportamenti aggressivi e violenti, a diventare buoni. E in tale prospettiva troverà ampio spazio una tavola rotonda sul tema “I volti dei giovani d’oggi” nella quale D. Hubert Geleen approfondirà le povertà culturali e spirituali, una Figlia di Maria Ausiliatrice dello Sri Lanka la povertà materiale e D. Jean-Marie Petitclerc le povertà sociali e affettive.
È comprensibile, quindi, che l’iniziativa ha come obiettivo di sottolineare che «Don Bosco rimane tuttora un personaggio di notevole levatura e di alto gradimento, una figura a tutto tondo, non riconducibile a semplici formule o a titoli giornalistici, una personalità complessa, fatta di realtà ad un tempo ordinarie ed eccezionali, di progetti concreti, ideali e ipotetici, di uno stile quotidiano di vita e azione, e insieme di particolari rapporti con il soprannaturale». E studiare la storia di Don Bosco vuol dire, richiama il Rettor Maggiore dei Salesiani, «conoscerlo come Fondatore, perché lo richiede la nostra fedeltà alla istituzione cui apparteniamo, conoscerlo come Legislatore, in quanto siamo tenuti ad osservare le Costituzioni e i Regolamenti che egli direttamente o i suoi successori ci hanno dato, conoscerlo come Educatore, affinché possiamo vivere il Sistema Preventivo, preziosissimo patrimonio che egli ci ha lasciato, conoscerlo in particolare come Maestro di vita spirituale, per il fatto che alla sua spiritualità attingiamo come suoi figli e discepoli; egli infatti ci ha offerto una chiave di lettura del vangelo; la sua vita è per noi un criterio per realizzare con caratteristiche peculiari la sequela del Signore Gesù».