di Anita Bourdin
ROMA, martedì, 17 gennaio 2012 (ZENIT.org) - I vescovi contro i rastrellamenti. È questo è il titolo che appare in prima pagina sul numero di gennaio-febbraio (n. 58) della rivista francese Histoire du Christianisme Magazine (HCM), la quale aggiunge che erano “sostenuti da Pio XII”. Si tratta di un dossier preparato con l’ausilio della storica Sylvie Bernay, che raccoglie gli elementi principali della sua tesi di dottorato ancora inedita, che sarà pubblicata il prossimo aprile dal Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) con il titolo L’Eglise en France face à la Shoah.
“Come hanno tentato di frenare la macchina genocida i vescovi francesi, sostenuti da Papa Pio XII?”, si è chiesta l’autrice sulla base di archivi rimasti inesplorati. Nel dossier di 28 pagine, riccamente illustrato, HCM spiega “le reti cristiane di salvataggio” di ebrei durante l’occupazione nazista e come Papa Eugenio Pacelli manifestò il suo sostegno. La rivista indica anche alcune “diocesi rifugio” e propone in questo modo anche una nuova visione sulla reazione cattolica rispetto alla Shoah.
Dal 1940, gli ebrei stranieri residenti in Francia venivano raggruppati in campi di internamento. Sotto il controllo della polizia francese, vengono fatti salire sui treni che li portano ai campi di Baume-la-Rolande e Pithiviers, entrambi nel dipartimento del Loiret, nella regione Centro.
L’allora cardinale arcivescovo di Parigi, Jean Verdier (1864-1940), sarà la “punta di diamante della resistenza cattolica alle idee naziste”. Lui è l’architetto del “riavvicinamento tra Chiesa e Stato” e della “amicizia tra ebrei e cristiani”. “Con tre altri cardinali europei, condanna con fermezza l’ideologia razzista ed eugenista dei nazisti in un libro Les chrétiens contre le racisme, une hérésie anti-romaine, pubblicato nel dicembre 1938”, spiega l’autrice, che menziona anche la testimonianza del bollettino delle SS, che lo cita tra “gli ecclesiastici più attivi”, assieme al cardinale George William Mundelein, di Chicago, e Arthur Hinsley, di Westminster.
Nel 1980, il cardinale Pierre-Marie Gerlier è stato dichiarato “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem a Gerusalemme. Prima di diventare sacerdote, fu un brillante avvocato a Parigi. “Il suo impegno incondizionato per salvare gli ebrei a partire dal marzo 1942 lo porta ad entrare in una forma di disobbedienza civile vicina alla resistenza”.
Monsignor Valerio Valeri viene nominato da Papa Pio XI, Nunzio Apostolico in Francia il 1° luglio del 1936, all’ora del Fronte Popolare. Mantiene rapporti cordiali con Léon Blum e dopo l’invasione continua il suo incarico sotto il regime collaborazionista di Vichy, conducendo una vita “ritirata e semplice”. “Sosteneva personalmente la cappellania cattolica dei campi del Père Lagarde, che aiutava gli ebrei internati”. Al Maresciallo Pétain aveva comunicato che “la Santa Sede non approvava le leggi francesi”. E durante i rastrellamenti dell’estate 1942 fece su e giù Roma per ricevere le istruzioni del Papa: si impegnerà per il riconoscimento da parte del Vaticano del Governo provvisorio della Repubblica francese, retto dal generale Charles de Gaulle.
Alcune date di riferimento: dal 26 luglio al 31 agosto 1940, il cardinale Emmanuel Suhard viene arrestato ed interrogato dalle forze di occupazione; ottobre 1940: il primo statuto degli ebrei; giugno-luglio 1941: il secondo statuto e legge sull’arianizzazione delle proprietà; il 24 luglio 1941: dichiarazione dei vescovi sui diritti della persona umana; marzo 1942: Gerlier si pone garante della difesa degli ebrei; 16-22 luglio 1942: rastrellamenti in zona non-occupata, protesta non pubblica; agosto-settembre 1942: serie di protesta pubblica dal pulpito in cinque diocesi della zona libera; dicembre 1942-marzo 1943: iniziative segrete di Suhard e Pio XII per proteggere gli ebrei rifugiati nella zona italiana; agosto 1943: intervento segreto di Pio XII per evitare che Pétain firmasse la legge sulla denaturalizzazione; febbraio 1944: il cardinale Gerlier chiede al prefetto di Parigi di consegnare le sue liste.
HCM sottolinea che nel cuore dell’Europa occupata, “di fronte ai rastrellamenti e alle deportazioni, Pio XII e i vescovi sono stati in grado di contrastare la macchina nazista. Facendo pressione su Mussolini e Pétain, poi prendendo a testimone il pubblico e nonostante i ricatti dell’occupatore”.
L’autrice cita un rapporto del colonnello Knochen, capo delle SS in Francia, nell’agosto 1943: “Il Maresciallo Pétain ha detto che monsignor Chappoulie, rappresentando i cardinali in Francia, era venuto a trovarlo due giorni fa, dicendogli che il Papa era molto preoccupato di sapere che nuove misure contro gli ebrei sarebbero ammesse in Francia dal Maresciallo. Il Papa, ha detto, è personalmente preoccupato per la salvezza dell’anima del Maresciallo. Il Maresciallo era visibilmente impressionato dalla visita di questo alto ecclesiastico”.
Un capitolo interessante e significativo è quello dedicato alle diocesi “rifugio”, attestate dagli archivi dello Yad Vashem. La storica Jeanine Franck Levana “stima che dal 10 al 15% sono effettuati da reti ebree (...), dal 10 al 15% da reti cristiane, e il 68% da salvatori che si sono impegnati (...) in seguito a contatti fortuiti”.
Nella regione di Lione, alcuni scambi dimostrano “la solidarietà dei vescovi per salvare gli ebrei”. Monsignor Rémond, vescovo di Nizza, si era lamentato presso il cardinale Gerlier che molte delle sue chiese erano state perquisite, anche di notte, con interrogatori dei sacerdoti, sotto il pretesto che ci fossero degli ebrei ospitati lì”.
I vescovi di Montauban, Marsiglia, Tolosa, Clermont, Lione e Tulle diedero l’ordine di aprire i conventi durante il rastrellamento del 26 agosto 1942. Ad Annecy, monsignor Cesbron accoglie degli ebrei a casa sua. I rabbini hanno anche ricevuto l’aiuto dei vescovi di Tarbes, Auch, Agen, Grenoble, Narbonne e Nizza, secondo i rapporti del Concistoro Centrale. Nella diocesi di Albi, le case religiose hanno accolto dei bambini.
A rendere possibile l’accoglienza nei conventi femminili di clausura è stata l’azione dei vescovi, gli unici autorizzati a dare il permesso di rompere la clausura: l’autore cita il Carmel di Lione. La comunità lo accetta con un voto. Le donne rifugiate vi rimangono nascoste tre mesi e vi celebrano lo shabbat.
[Traduzione dal francese a cura di Paul De Maeyer]