ROMA, domenica, 15 gennaio 2012 (ZENIT.org) – “Un sentito ringraziamento per la testimonianza evangelica e il servizio alla Chiesa e al mondo offerto da voi, che vi siete consacrati totalmente nella sequela di Gesù Cristo”.
Si apre così il messaggio della Commissione Episcopale Italiana pubblicato, il 6 gennaio, giorno della Solennità dell’Epifania del Signore, in occasione della 16° Giornata Mondiale della vita consacrata, che si celebrerà il 2 febbraio 2012.
“La vostra presenza carismatica e la vostra dedizione, in tempi non facili, sono una grazia del Signore, un segno profetico ed escatologico mai abbastanza apprezzato” scrive ancora la CEI, sollecitando il clero e la vita consacrata ad “accogliere cordialmente gli orientamenti pastorali che la Chiesa in Italia si è data per questo decennio”
Tema della giornata è “Educare alla vita buona del Vangelo”, un invito che implica “l’educarsi alla vita santa di Gesù”, quale dono e impegno primario di ogni persona che voglia farsi Sua discepola.
Nel messaggio vengono citate le parole di Giovanni Paolo II, quando, nel documento Vita consacrata, scrisse che essa “costituisce memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù come Verbo incarnato di fronte al Padre e di fronte ai fratelli”.
“Il proprium della vita consacrata – scrive ancora la Commissione Episcopale – è riproporre la forma di vita che Gesù ha abbracciato e offerto ai discepoli che lo seguivano: l’evangelica vivendi forma”, una testimonianza fondamentale per tutte le altre forme di vita cristiana che tratteggia un percorso ideale “educativo, antropologico ed evangelico”.
A partire da questa prospettiva, i presuli italiani richiamano quattro note, a dimostrazione della “coerenza della vita con la vostra specifica vocazione” e al tempo stesso della “fecondità di un assiduo cammino formativo”.
La prima nota indica “il primato di Dio”. Partendo dal presupposto che la sfida principale del tempo presente è la secolarizzazione “che porta all’emarginazione e all’insignificanza di Dio e lascia l’uomo solo con la sua rabbia e la sua disperazione”, come spesso sottolineato da Benedetto XVI, la CEI pone in luce l’urgenza di una nuova evangelizzazione “che metta al centro dell’esistenza umana il primo comandamento di Dio, la confessio Trinitatis e la Parola di salvezza”.
“Nella misura in cui testimoniate la bellezza dell’amore di Dio – si legge ancora nel messaggio – nella vostra esistenza trasfigurata dalla bellezza della sua santità, voi spandete quel ‘buon profumo divino’ che può richiamare l’umanità alla sua vocazione fondamentale: la comunione con Dio, che ogni uomo desidera”.
Il secondo punto è la fraternità universale, “sogno di Dio, Padre di tutti”, che ha come obiettivo la missione di Cristo e dei discepoli di “raccogliere in unità i figli di Dio dispersi”, resa quanto mai attuale dalla dilagante conflittualità “che deteriora le relazioni umane”.
Citando, ancora, le parole di Papa Wojtyla: “per presentare all’umanità di oggi il suo vero volto, la Chiesa ha urgente bisogno di comunità fraterne, le quali con la loro stessa esistenza costituiscono un contributo alla nuova evangelizzazione”, i presuli esclamano: “Che bella testimonianza ecclesiale possono offrire alle parrocchie, alle famiglie e ai giovani autentiche fraternità, capaci di accoglienza, di rispetto e di accompagnamento!”.
Un invito, perciò, alle comunità religiose ad essere scuole di fraternità “che impegnano i propri membri alla formazione permanente alle virtù evangeliche: umiltà, accoglienza dei piccoli e dei poveri, correzione fraterna, preghiera comune, perdono reciproco, condividendo la fede, l’affetto fraterno e i beni materiali”, segni di un amore che “sa aprirsi alla Chiesa particolare, a quella universale e al mondo”.
Segue, quindi, l’esortazione, nella terza nota, allo zelo divino, sul modello di Gesù e degli apostoli che “in un mondo apatico, dominato dagli istinti e dalle passioni” hanno testimoniato la forza straordinaria che proviene dallo Spirito Santo “fuoco divorante, roveto ardente che brucia senza mai consumarsi”.
Lo stesso Benedetto XVI, infatti, rivolgendosi, nel discorso del 22 maggio 2006, ai superiori generali degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica, ebbe a dire: “Appartenere al Signore vuol dire essere bruciati dal suo amore incandescente, essere trasformati dallo splendore della sua bellezza, mantenere sempre ardente nel cuore una viva fiamma d’amore” .
Ed è proprio della perdita di questo zelo che, secondo i vescovi, dovremmo preoccuparci: “non tanto della contrazione numerica delle vocazioni”, ma della mancanza “del fuoco d’amore che animava Gesù e i santi”, pretesto per una vita mediocre.
“Per la nuova evangelizzazione a cui la Chiesa oggi è chiamata – si legge nel documento – occorrono appassionati di Gesù e dell’uomo, sentinelle che sanno intercettare gli orizzonti della storia, di cui ancora una volta Dio ha deciso di servirsi per realizzare il suo disegno d’amore”. Nuovi santi, quindi, da cercare, primariamente, nella vita consacrata “da sempre laboratorio di nuovo umanesimo, cenacolo di cultura che ha fecondato la letteratura, l’arte, la musica, l’economia e le scienze”.
Ultima riflessione su cui i vescovi si soffermano è lo stile di vita all’insegna “dell’essenzialità, della gratuità, dell’ospitalità”, come suggerito dalla povertà evangelica, e incentrato sulla castità consacrata che “aiuta a riqualificare la sessualità e a dare ordine e significato vero agli affetti, orientandoli a un amore fedele e fecondo”.
Un ultimo incitamento, prima di concludere il messaggio e affidare i consacrati alla benedizione della Vergine Maria, perfetta discepola e dolce maestra, è quello vivere lo zelo divino così come Gesù l’ha vissuto “con la costanza e la fiducia che hanno vinto le resistenze più dure e superato i pregiudizi più perversi e con l’amore misericordioso che lo ha spinto a dare se stesso in offerta per tutti. Se lo Spirito di Gesù abita nei nostri cuori, anche noi potremo fare quel che ha fatto lui”.