di padre Angelo del Favero*
ROMA, giovedì, 12 gennaio 2012 (ZENIT.org).- Gv 1,35-42
“Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di Dio!”. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì – che tradotto significa Maestro -, dove dimori?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.”
1Cor 6,13c-15a.17-20
“Fratelli, il corpo non è per l’impurità, ma per il Signore e il Signore è per il corpo…Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta è fuori del suo corpo; ma chi si da all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi”.
Dopo aver contemplato il Signore immergersi nelle acque limpide del Giordano per essere battezzato da Giovanni, in questa II Domenica del Tempo Ordinario il nostro sguardo è attratto direttamente dal volto purissimo dell’Agnello di Dio, rivolto verso di noi.
Gesù mi fissa e mi chiede: “Che cosa cerchi?”. Rispondo: “Maestro, dove dimori?” (Gv 1,38), dove posso vederti ed incontrarti?
Ma la domanda di Gesù ne implica un’altra imprescindibile: “Amico, che sguardo hai?”.
Infatti, solo a chi ha gli occhi puri di un bambino è possibile vedere il luogo dove Gesù dimora, come Egli stesso insegna : “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (Mt 5,8). Poiché ha a che fare con la visione di Dio, la beatitudine dei puri di cuore comporta necessariamente la castità dello sguardo.
Prolungando l’affermazione odierna di Paolo, possiamo perciò dire: fratelli, state lontani dall’impurità, se volete vedere Dio! Infatti “chi si da’ all’impurità, pecca contro il proprio corpo” (1 Cor 6,18), trasforma in cataratta la trasparenza della sua coscienza e diviene incapace di riconoscere Dio, la sua Verità e il suo Amore.
Per approfondire, non trovo parole migliori di quelle del beato Giovanni Paolo II sulla castità dell’amore umano:
“Per il bene dell’amore, per la realizzazione della sua essenza in ciascuna delle persone e tra loro, bisogna sapersi liberare da ogni erotismo. In quest’esigenza sta il vero nocciolo del problema della castità. La parola “castità” contiene l’idea di eliminazione di tutto ciò che “rende impuro”. Bisogna che l’amore sia trasparente; ogni atto che lo manifesta deve lasciar intravedere il riconoscimento del valore della persona. Di conseguenza, poiché i sensi e i sentimenti possono generare l’erotismo che priva l’amore di questa trasparenza, per preservarne il vero carattere e l’aspetto oggettivo è necessaria una virtù speciale: la castità”. (Karol Wojtyla, Amore e responsabilità, parte III: La persona e la castità)
Abbiamo udito il monito di Paolo: “Qualsiasi peccato l’uomo commetta è fuori del suo corpo; ma chi si da’ all’impurità, pecca contro il proprio corpo” (1 Cor 6,18).
Per capirlo a fondo è necessario comprendere il significato che la Bibbia attribuisce al corpo:
“Nella concezione della Sacra Scrittura il corpo e l’anima operano insieme. L’uomo non risulta costituito dal corpo e dall’anima, ma è corpo e anima (Sal 63,2; 84,3). L’espressione “salvezza dell’anima” non è biblica, poiché nella Bibbia si pensa alla salvezza di tutto l’uomo.
Nel N.T. corpo per lo più significa “persona viva” (1Cor 6,19; Rm 8,23). Il corpo non è “cattivo”; esso è stato creato da Dio, però partecipa al peccato” (La nuova Bibbia per la famiglia, Piccolo Dizionario Biblico, p. 51).
Gloria di Dio e membra di Cristo è l’uomo vivente, e, appartenendo al Signore che glielo ha dato, il corpo (con la sua sessualità) è destinato alla Risurrezione ad opera di quello Spirito Santo che già dimora in esso.
“Che cosa cercate?” (Gv 1,38), ripete oggi l’Agnello di Dio a tutti e ad ognuno di noi, e significa: “Dove volete dimorare?”, cioè a dire: “Dove e che cosa guardano gli occhi del vostro cuore?”.
A queste parole, fino dal grembo di sua madre, non c’è uomo al mondo che non risponda: voglio dimorare nell’amore!
Sì, perché: “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non lo sperimenta, non lo fa proprio, non vi partecipa vivamente.” (G. Paolo II, Enciclica Redemptor Hominis, n. 10).
“State lontani dall’impurità!” (1Cor 16,18), grida oggi san Paolo in risonanza profonda con Giovanni Paolo II, “il corpo non è per l’impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo” (1Cor 16,13): dimorate in Cristo!
Il nostro corpo è puro e santo, e va guardato, toccato e trattato con il rispetto sacro dovuto all’Eucaristia, che è il Corpo di Cristo. L’incarnazione del Verbo ha conferito al corpo umano un’immensa dignità; lo ha trasformato in oro puro fin dal concepimento, poichè il Figlio di Dio, prendendo un corpo nel corpo della purissima Vergine Maria, “si è unito in certo modo ad ogni uomo” (Enciclica R. H., n. 8).
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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.