Asciugare le lacrime, guarire le ferite

Un progetto di 14 incontri di preghiera per la vita ispirato dalle lacrime di Maria a Civitavecchia

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CIVITAVECCHIA, sabato, 7 gennaio 2012 (ZENIT.org).- E’ il tema e l’intento della Preghiera Universale per la Vita a Civitavecchia nei prossimi tre anni – 2012/2015 – in 14 incontri a tema, così come sono state 14 le lacrimazioni miracolose che hanno segnato il volto della Madonnina di Civitavecchia e quello dell’umanità nel volgere del nuovo millennio.

La piccola statua della Madonna, proveniente da Medjugorje, era quella custodita e venerata allora – al tempo degli eventi prodigiosi – nel giardino della famiglia Gregori e ora nel Santuario della Madonna delle Lacrime presso la Parrocchia di Sant’Agostino.

Questo progetto di preghiera per la vita ispirato dalle lacrime di Maria era già da tempo nei nostri cuori, ma un fatto e una notizia particolare l’ha rinnovato e così il desiderio a poco a poco si è delineato in un progetto di 14 incontri di preghiera al Santuario di Civitavecchia.

Il fatto e la notizia sono che il Beato Giovanni Paolo II ha venerato con un gesto affettuoso e solenne la Madonnina di Civitavecchia. Tutto ciò è raccolto nel volume “La vera storia di un doloroso dramma d’amore”, Mons. Girolamo Grillo, Editrice Shalom, edito proprio quest’anno in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II (vedi pag. 6).

Certo il drammatico appello delle lacrime di Maria attende una risposta. E’ evidente che recarci a Civitavecchia con un progetto di preghiera per la vita vuole essere un modo per asciugare le lacrime di Maria con un rinnovato amore ma nello stesso tempo vuole capire il messaggio di queste stesse lacrime e raccoglierne quindi la grazia di quell’amore materno e accorato che perdona, rinnova, consola, guarisce le ferite che il male ha inferto e aperto nel cuore dell’uomo e dell’umanità.

Un male veramente vasto e profondo: il peccato del rifiuto di Dio e del rifiuto dell’uomo quando gli si nega il diritto alla dignità e alla inviolabilità.

Un male che investe l’uomo e la società anche e particolarmente in questo nostro tempo, a partire dalla gravissima ingiustizia della violazione della vita nascente.

A questo proposito sono davvero rilevanti le parole del Card. Bagnasco: Un’ecatombe progressiva…

Il primordiale diritto alla vita, alla dignità intangibile di ogni pur iniziale vita umana.Come non capire che si consuma un delitto incommensurabile: quasi tre milioni di bimbi non nati solo nel 2008, ossia ogni undici secondi, venti milioni negli ultimi quindici anni. E all’orizzonte nulla si muove che possa lasciar intravedere un qualsiasi contenimento di questa ecatombe progressiva, […] ormai un metodo «normale» di controllo delle nascite”.

Il contesto politico e sociale di questo vero genocidio negato e rimosso è quello di una cultura di morte: «Non si dimentichi che le legislazioni su divorzio, aborto, controllo delle nascite sono state vissute come conquiste da parte dei regimi democratici, un’evoluzione che ha agito in profondità. La secolarizzazione è un movimento potente e radicale, tale per cui, oggi, serve una nuova evangelizzazione, più attenta alla morale. Ma questa rifondazione deve passare per una teologia più unitaria: una cristologia, che rimetta al centro il Figlio quale modello per un nuovo umanesimo, senza eclissarne la componente divina. Se siamo d’accordo che la dicotomia fra cristianesimo nominale e vissuto sia il prodotto dell’imponente fenomeno della secolarizzazione, allora il rimedio non è facile né immediato. Esige, però, una gradualità capace di riportare a un umanesimo conforme al mandato della Chiesa».

È una sfida di vasta portata, che mette in gioco molteplici elementi culturali: «La scienza risolve il caos iniziale con la teoria del Big bang, che individua nel caso l’origine del tutto. Ma il problema evolutivo non esclude il finalismo: si appella, anzi, ancor più alla creazione. Dobbiamo riscoprire il legame ontologico del tutto col Cristo mistico, con la sua presenza sacramentale, e ciò può venire solo da un’approfondita conoscenza dei testi, a tu per tu col Figlio. Il rimedio all’insensibilità del mondo attuale, è la fondazione d’una nuova pastorale, che partendo dalla Bibbia sappia scendere nella concretezza della vita».

Questo tornante dell’esistenza umana sta nell’iniziazione cristiana: «Fra i cinque e i dodici anni, si è molto aperti al contatto con Dio; è a quell’età che avviene la preparazione ai sacramenti. Si tratta d’un movimento essenziale, che si preoccupa di non staccare la fase sacramentale dalla crescita. E ciò è tanto più urgente in una realtà in cui la crisi della famiglia non è più in grado di farlo».

Si tratta, insomma, di recuperare l’evangelica pienezza dei tempi: «Il tempo propizio – conclude monsignor Sgreccia – non è quello in cui la gente batte le mani, in attesa della venuta del Signore. Il tempo propizio, quello biblico, è tale anche quando le cose vanno male, la casa brucia, le persone care muoiono. Propizio, vuol dire che è indilazionabile l’intervento del Signore. E quel tempo è adesso». (Card. Elio Sgreccia, dal quotidiano Avvenire del 15 settembre 2011, pag. 14).

Come pervenire ad una vera civiltà della vita e dell’amore dove ogni bambino sia accolto, amato e viva?

La forza della ragione e la fiducia del cuore si rivolgono innanzitutto con la preghiera e l’impegno della vita a Dio che illumina e sostiene i passi dell’uomo sulle strade del bene e della vita.

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ZENIT Staff

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