Il Patriarca di Gerusalemme analizza la “primavera araba”

Intervista a Sua Beatitudine Fouad Twal

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di Christophe Lafontaine*

GERUSALEMME, domenica, 24 aprile 2011 (ZENIT.org).- La “primavera araba”, il ruolo dei cristiani orientali e di quelli della Terra Santa e che cosa si aspetta dai cristiani dell’Occidente sono gli argomenti affrontati in questa intervista dal Patriarca latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Fouad Twal.

Qual è il suo parere sulla “primavera araba” ?

Sua Beatitudine Twal: Da una parte siamo molto contenti di questa presa di coscienza della gioventù, che comincia a prendere nelle sue mani il proprio destino. È un movimento senza colore politico e senza particolari pregiudizi religiosi. Emana dalla consapevolezza della gioventù araba della propria forza e vitalità. Essa è riuscita a spezzare l’elemento della “paura”: paura della polizia, paura dei servizi segreti, paura della prigione. Oggi possiamo affermare che la paura ha cambiato schieramento. I Governi temono questa massa di giovani, questa massa di opinione e di credenze che si stanno risvegliando. La Chiesa ha sempre predicato più democrazia, più libertà e più dignità per il nostro popolo. Nel mio primo messaggio come Patriarca, ho dichiarato che avrei fatto del mio meglio per evitare sia sul piano politico che su quello religioso delle decisioni unilaterali.

D’altra parte, dobbiamo riconoscere che c’è sempre un’incognita riguardo questo genere di movimenti. Nessuno sa cosa accadrà in seguito. Speriamo che sia per il meglio e per il bene comune.

Qual è il ruolo dei cristiani orientali e di quelli della Terra Santa?

Sua Beatitudine Twal: I cristiani del Medio Oriente non dovrebbero restare ai margini di questi movimenti. Come abbiamo detto nel Sinodo nell’ottobre scorso, i cristiani dovrebbero sentirsi al 100% cittadini come i loro compatrioti musulmani. Devono partecipare alla vita del loro Paese se questi movimenti sono per il bene collettivo. Non mi piace vedere i cristiani al di fuori di questi movimenti, perché questo è anche il loro Paese. Non dovrebbero sentirsi in un ghetto a parte.
Quanto ai cristiani della Terra Santa, dobbiamo ricordare che qui la situazione politica è estremamente delicata e molto diversa da quella presente in altri Paesi. Non esiste una ricetta miracolosa. La situazione di ogni Paese è decisamente unica. La Chiesa di Gerusalemme ha una missione particolare e deve cooperare per una pace giusta e duratura attraverso i suoi interventi, le sue istituzioni e le sue scuole. Oggi è chiaro che Israele e i vicini Paesi arabi devono capire il valore di queste proteste generalizzate. Se le proteste di massa dei giovani hanno sollevato questi movimenti all’interno del loro regime, tutti i Paesi, compreso Israele, dovrebbero essere vigilanti. Noi stessi, la Chiesa cattolica e i leader religiosi, siamo interpellati sul modo di guidarli corretamente.

Che cosa si aspetta dai cristiani dell’Occidente?

Sua Beatitudine Twal: Durante il Sinodo, abbiamo toccato da vicino la questione riconoscendo che la Chiesa occidentale non deve guardare la Chiesa d’Oriente solamente come Chiesa d’Oriente. È la stessa Chiesa, di fronte alle medesime sfide che vengono dai giovani, dalla famiglia, dalle vocazioni…

I cristiani che provengono dall’Occidente non devono semplicemente aiutare la nostra Chiesa. Essi dovrebbero considerarsi parte interessata di questa Chiesa, che è la loro Madre Chiesa. Meglio, dovrebbero sentirsi responsabili del futuro dei cristiani che vivono in Terra Santa. Solo venendo a vivere qui, a Gerusalemme, potranno mettere delle “vitamine” nelle loro radici cristiane. Si tratta di un vantaggio reciproco sia in ambito locale che mondiale. Gerusalemme è la dimensione mondiale che sarà sufficiente per la Terra Santa.

Christophe Lafontaine è redattore della pagina del Patriarcato Latino di Gerusalemme, http://www.lpj.org

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ZENIT Staff

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