Giovanni Paolo II: la testimonianza di un politico musulmano (II)

di Mohammad Al-Sammak*

ROMA, giovedì, 21 aprile 2011 (ZENIT.org).- Durante la cena di cui ho parlato in precedenza, Giovanni Paolo II mi raccontò la storia della costruzione della moschea e del centro islamico a Roma. Mi disse che un giorno il sindaco della Capitale gli fece visita portando con sé la lettera ufficiale degli ambasciatori delle nazioni islamiche in cui esprimevano il loro desiderio comune di costruire una moschea, e chiedendo cosa ne pensasse. Il Papa non solo espresse il suo consenso, ma chiese al sindaco di offrire il terreno per costruire la moschea e il centro culturale gratuitamente.

E quando visitò il Libano nel maggio 1997, dove presentò l’esortazione apostolica frutto dei lavori del Sinodo speciale per il Libano, dedicò una sincera attenzione all’unità nazionale tra i musulmani e i cristiani, insistendo sull’importanza di rafforzare i legami tra gli arabi musulmani e i cristiani, e sul ruolo particolare che dovrebbero svolgere i cristiani libanesi per rinsaldare tali legami. In quel giorno dichiarò che il Libano è più di una nazione, è un messaggio. E a noi libanesi spetta il compito di essere all’altezza di questo nobile messaggio.

Per quanto riguarda le relazioni islamo-cristiane in modo generale, il Papa prese diversi provvedimenti che hanno gettato ponti di comprensione reciproca e di fratellanza senza precedenti. Pensate, ad esempio, che non ha mai legato in linea di principio nessuna religione al terrorismo. Immaginate se non avesse invitato a un incontro islamo-cristiano di alto livello in Vaticano per dichiarare che la religione – ogni religione – è distinta dal terrorismo. E che l’islam quindi non è fonte di terrorismo. Immaginate se avesse fatto l’opposto assumendo le posizioni di alcuni pastori del sionismo messianico negli Stati Uniti come Jerry Followell, Franklin Graham, Batt Robertson, Hall Lindsay e altri… immaginate se avesse semplicemente taciuto, e il suo silenzio fosse stato interpretato come un tacito assenso. Dove sarebbero oggi i rapporti islamo-cristiani?

Immaginate se il Papa non si fosse opposto alla guerra anglo-americana contro l’Iraq. Immaginate se non avesse detto che era immorale e ingiustificata. Immaginate, invece, se si fosse pronunciato come volevano Washington e Londra. Cosa sarebbe accaduto ai rapporti islamo-cristiani?

È triste e vergognoso, nonostante tutto ciò, che i cristiani in Medio Oriente e soprattutto i cristiani in Iraq, vengano aggrediti e oltraggiati. Anche quando l’ex presidente americano George Bush aveva affermato che la guerra in Iraq era una nuova crociata, il Papa ha ribadito che essa era una guerra contraria ai valori cristiani. Per un quarto di secolo si è prodigato a mettere in pratica le raccomandazioni del Concilio Vaticano II, divenute in seguito i principi guida per la vita della Chiesa, soprattutto per quanto riguarda i rapporti tra i cattolici e le altre religioni e confessioni. Giovanni Paolo II ha dato vita a tante iniziative che hanno gettato ponti di rispetto reciproco con i fedeli delle altre religioni.

Il Papa defunto ci ha lasciato una preziosa eredità alla quale dobbiamo rimanere fedeli e che non dobbiamo gettare alle nostre spalle o nell’oblio. Un modo per essergli fedeli è quello di continuare a collaborare insieme, come cristiani e musulmani, in Libano, nel mondo arabo e nelle diverse società in Oriente e Occidente, affinché i nostri rapporti siano costruiti sulla base dell’amore e del rispetto reciproco. Io credo che Giovanni Paolo II abbia capito con profonda spiritualità il detto di Cristo nel Vangelo di Giovanni: «ho altre pecore che non appartengono a quest’ovile» (10,16). Ha capito, grazie alla sua pura fede, il senso dell’esistenza di altre pecore, ovvero l’esistenza dell’altro, e il senso delle sfumature nella fede nell’unico Dio. E così la sua apertura all’altro e il suo rispetto per lui erano espressione della sua accettazione della diversità e del suo rispetto per la varietà. Così ha inaugurato una pagina nuova e splendente della storia dei rapporti islamo-cristiani con la sua firma caratterizzata dall’amore. E ancora oggi abbiamo bisogno di leggere questa pagina e di arricchirci con il suo contenuto di spiritualità e amore.

La salute del Papa non era sempre buona. Ha spesso risentito degli effetti di un incidente che ha subìto durante il suo lavoro in una cava in Polonia, quand’era ancora giovane. Poi ha subito due fratture alla spalla e alla gamba mentre praticava lo sci. È stato colpito in seguito da una grave malattia all’intestino, e da un’altra malattia alle articolazioni. Ma li combattuti con successo fino a quando non è stato colpito dal Parkinson. Senza dubbio, l’attentato per mano del giovane turco che lavorava per i servizi segreti bulgari durante l’epoca comunista ha aumentato gli effetti negativi di tutte queste malattie. Da allora sono aumentati i provvedimenti di sicurezza durante i suoi spostamenti e le visite internazionali, ma lui sminuiva il valore di questi provvedimenti dicendo: non sono stato vittima di attentati tranne che in piazza di san Pietro!! E ha riconosciuto di essere riuscito a scampare all’attentato grazie al nostra signora Mariam [Maria Vergine, ndt]. Per questo si è rivolto a lei con una bellissima preghiera di ringraziamento al santuario di Fatima in Portogallo. Ogni volta che visito Roma, visito la sua tomba in Vaticano, mi fermo con pietà davanti alla sua tomba e dico: Mi scusi, signore. Ho visto ciò che lei ha fatto per il Libano… però mi vergogno di raccontarle cosa gli abbiamo fatto noi.

 

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[La prima parte è stata pubblicata il 20 aprile]

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*Mohammad Al-Sammak è Consigliere politico del Gran Mufti del Libano.

[Traduzione dall’arabo di Robert Cheaib]

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ZENIT Staff

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