Benedetto XVI esorta a ricambiare l'amore di Cristo per noi

“La fede richiede l’amore, altrimenti è morta”

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ROMA, giovedì, 21 aprile 2011 (ZENIT.org).- “Signore, tu hai desiderio di noi”, “suscita anche in noi il desiderio di te”. E’ la preghiera che Papa Benedetto XVI ha elevato questo giovedì pomeriggio, presiedendo nella Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma la Messa “in Coena Domini”.

Ricordando le parole di Gesù “Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione” (Lc 22,15), il Papa ha sottolineato che Cristo “nel suo intimo” “ha atteso quel momento che avrebbe dovuto essere in qualche modo le vere nozze messianiche: la trasformazione dei doni di questa terra e il diventare una cosa sola con i suoi, per trasformarli ed inaugurare così la trasformazione del mondo”.

“Nel desiderio di Gesù possiamo riconoscere il desiderio di Dio stesso – il suo amore per gli uomini, per la sua creazione, un amore in attesa”, “che attende il momento dell’unione, l’amore che vuole attirare gli uomini a sé, per dare compimento con ciò anche al desiderio della stessa creazione”.

“Gesù ha desiderio di noi, ci attende”, ha sottolineato il Papa. “E noi, abbiamo veramente desiderio di Lui? C’è dentro di noi la spinta ad incontrarLo? Bramiamo la sua vicinanza, il diventare una cosa sola con Lui, di cui Egli ci fa dono nella santa Eucaristia? Oppure siamo indifferenti, distratti, pieni di altro?”.

Posti vuoti

Dalle parabole di Gesù sui banchetti, ha riconosciuto Benedetto XVI, “sappiamo che Egli conosce la realtà dei posti rimasti vuoti, la risposta negativa, il disinteresse per Lui e per la sua vicinanza”.

“I posti vuoti al banchetto nuziale del Signore, con o senza scuse, sono per noi, ormai da tempo, non una parabola, bensì una realtà presente, proprio in quei Paesi ai quali Egli aveva manifestato la sua vicinanza particolare”.

Allo stesso modo, Gesù sapeva di ospiti “che sarebbero sì venuti, ma senza essere vestiti in modo nuziale – senza gioia per la sua vicinanza, seguendo solo un’abitudine, e con tutt’altro orientamento della loro vita”.

“Che genere di persone sono quelle che vengono senza abito nuziale?”, si chiedeva San Gregorio Magno. “In che cosa consiste questo abito e come lo si acquista?”. E rispondeva: “Quelli che sono stati chiamati e vengono hanno in qualche modo fede. È la fede che apre loro la porta. Ma manca loro l’abito nuziale dell’amore”.

“Chi vive la fede non come amore non è preparato per le nozze e viene mandato fuori”, ha detto il Papa. La comunione eucaristica richiede la fede, ma la fede richiede l’amore, altrimenti è morta anche come fede”.

Preghiera

“Durante l’ultimo convito, Gesù ha soprattutto pregato”, ha proseguito Benedetto XVI.

“Le parole della transustanziazione sono parte di questa preghiera di Gesù. Sono parole di preghiera. Gesù trasforma la sua Passione in preghiera, in offerta al Padre per gli uomini”.

“Questa trasformazione della sua sofferenza in amore possiede una forza trasformatrice per i doni, nei quali ora Egli dà se stesso. Egli li dà a noi affinché noi e il mondo siamo trasformati”.

“Lo scopo proprio e ultimo della trasformazione eucaristica è la nostra stessa trasformazione nella comunione con Cristo”, ha sottolineato il Pontefice. “L’Eucaristia ha di mira l’uomo nuovo, il mondo nuovo così come esso può nascere soltanto a partire da Dio mediante l’opera del Servo di Dio”.

Unità

Dai Vangeli sappiamo che Gesù, nella sua preghiera durante l’Ultima Cena, ha rivolto delle suppliche al Padre. Il Papa ne ha scelta una, quella per l’unità, che “può esserci soltanto se i cristiani sono intimamente uniti a Lui, a Gesù”.

Questa unità, ha indicato il Vescovo di Roma, “non è dunque una cosa soltanto interiore, mistica”, ma “deve diventare visibile, così visibile da costituire per il mondo la prova della missione di Gesù da parte del Padre”.

“Sacramento dell’unità” è l’Eucaristia, ha dichiarato.

“E’ l’incontro personalissimo col Signore e, tuttavia, non è mai soltanto un atto di devozione individuale. La celebriamo necessariamente insieme”.

Pietro, il convertito

Il Papa ha infine ricordato la figura di Pietro. “Nell’umiltà di chi sa di essere peccatore, egli viene chiamato. Egli deve sempre di nuovo ritrovare questa umiltà”.

“Presso Cesarea di Filippo Pietro non aveva voluto accettare che Gesù avrebbe dovuto soffrire ed essere crocifisso. Ciò non era conciliabile con la sua immagine di Dio e del Messia. Nel cenacolo egli non ha voluto accettare che Gesù gli lavasse i piedi: ciò non si adattava alla sua immagine della dignità del Maestro. Nell’orto degli ulivi ha colpito con la spada. Voleva dimostrare il suo coraggio. Davanti alla serva, però, ha affermato di non conoscere Gesù”.

“Tutti noi dobbiamo sempre di nuovo imparare ad accettare Dio e Gesù Cristo così come Egli è, e non come noi vorremmo che fosse – ha sottolineato il Papa –. Anche noi stentiamo ad accettare che Egli si sia legato ai limiti della sua Chiesa e dei suoi ministri. Anche noi non vogliamo accettare che Egli sia senza potere in questo mondo”.

“Tutti noi abbiamo bisogno di conversione che accoglie Gesù nel suo essere-Dio ed essere-Uomo”.

Visto che “Pietro, il convertito, è chiamato a confermare i suoi fratelli”, il Papa ha confessato che è per lui “un grande conforto sapere che in ogni Celebrazione eucaristica tutti pregano per lui; che la nostra preghiera si unisce alla preghiera del Signore per Pietro”.

“Solo grazie alla preghiera del Signore e della Chiesa il Papa può corrispondere al suo compito di confermare i fratelli – di pascere il gregge di Gesù e di farsi garante per quell’unità che diventa testimonianza visibile della missione di Gesù da parte del Padre”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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