Il costato di Cristo, fonte della vita e della gioia vera

Il Card. Caffarra nella veglia di preghiera sul tema della GMG

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ROMA, sabato, 16 aprile 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo sabato dal Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, in occasione della veglia di preghiera tenuta nella Basilica di S. Petronio sul tema della Giornata Mondiale della Gioventù, che quest’anno è tratto da un versetto della Lettera di S. Paolo apostolo ai Colossesi: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”.

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Cari giovani, so che molte sono le domande che urgono dentro al vostro cuore. Questa sera, dentro a questa stupenda basilica, una sola, grande domanda vi è posta. Gesù sta in mezzo a voi, e vi chiede: voi chi dite che io sia? Rispondere a questa domanda è di importanza fondamentale per la vostra vita. E in un certo senso siete costretti a rispondere, poiché il dire: “non mi interessa chi tu sia”, come vedremo subito, vi pone in un gravissimo rischio.

Siamo costretti a rispondere alla domanda fattaci da Gesù, perché Egli si presenta con promesse che nessuno prima di lui aveva fatto all’uomo: la promessa di una vita eterna, da subito e non solamente dopo la morte; la promessa di una beatitudine vera. In una parola: di una vita riuscita, non fallita. Di fronte a chi fa promesse simili, non è forse inevitabile chiedersi: ma chi è costui che mi fa simili promesse? Inevitabile, certamente, per chi non si è già rassegnato a vivere senza speranze illimitate, come il cuore suggerisce a ciascuno di noi; per chi non ha decurtato il suo naturale desiderio di vivere una vera storia di amore, e non solo qualche episodio; per chi non ha censurato quella tensione instancabile della propria intelligenza verso la Verità tutta intera; per chi non ha rinunciato a dare un senso alla sua vita.

Cari giovani, quanti prima di voi hanno avuto dentro questa domanda, e non l’hanno censurata. Fra essi Paolo. La sua conversione è cominciata da una domanda che egli rivolge al Cristo che gli si mostra: «Chi sei, o Signore?». Si, cari giovani, perché in questa sera così suggestiva voi, in un certo senso, potete come Paolo dire a Gesù: “ma tu, chi sei, o Signore?”. E quando ebbe risposta, la vita di Paolo cambiò, come avete sentito: «ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo. Anzi ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore».

Nel momento in cui voi rispondete alla domanda che Gesù vi fa questa sera – «voi chi dite che io sia» – ed Egli vi rivela Se stesso, non a parole ma illuminando il vostro cuore, allora voi avete incontrato uno che vi fa vedere nello splendore della verità e gustare nella forza del bene l’intero significato della vita. Vi siete imbattuti nella persona vivente di Cristo e ne restate totalmente affascinati.

Ma, come avete sentito nella pagina evangelica, non bisogno cercare la risposta in “ciò che dice la gente”. Molte sono oggi le false risposte che vi propongono anche i grandi mezzi della comunicazione. Ma ve ne sono due soprattutto da cui dovete guardarvi. La prima è quella che vi presenta Gesù come il grande maestro di regole di vita [stavo per dire: una suocera noiosa che vi dice sempre che cosa dovete o non dovete fare]. La seconda è molto più subdola, e potreste trovarla anche in libri di teologia e catechesi [si fa per dire]. Sono libri o persone che usano una tale sottigliezza di linguaggio da lasciarvi costantemente incerti sulla questione di fondo: ma Gesù è vivo oggi tra noi? lo posso incontrare nella Sua persona vivente della vita risorta?

Cari giovani, alla fine la questione è questa: Gesù appartiene al passato e può essere solo ricordato oppure è vivo oggi e può essere incontrato? il resto sono chiacchiere. Avete sentito che cosa ci ha detto poc’anzi Benedetto XVI: «Anche a noi è possibile avere un contatto sensibile con Gesù, mettere, per così dire, la mano sui segni della sua Passione, i segni del suo amore: nei Sacramenti Egli si fa particolarmente vicino a noi, si dona a noi. Cari giovani, imparate a “vedere”, a “incontrare” Gesù nell’Eucaristia, dove è presente e vicino fino a farsi cibo per il nostro cammino; nel Sacramento della Penitenza, in cui il Signore manifesta la sua misericordia nell’offrirci sempre il suo perdono. Riconoscete e servite Gesù anche nei poveri, nei malati, nei fratelli che sono in difficoltà e hanno bisogno di aiuto».

Cari giovani, avete sentito la risposta di Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Noi questa sera siamo qui perché il Padre nostro che è nei cieli riveli anche a ciascuno di noi la verità di questa risposta; ce la faccia “sentire” nelle profondità della nostra persona. Ma che cosa in realtà quelle parole significano? «Tu sei il Figlio del Dio vivente». Gesù, cari amici, è la presenza stessa di Dio in mezzo a noi. Non siamo più soli nella traversata della vita: siamo imbarcati e sulla nostra piccola zattera c’è anche Dio. Non possiamo affondare.

Cari amici, Gesù ci ha donato molti doni e ci ha detto parole stupende che non passeranno mai. Ma il dono più grande che ci ha fatto è Lui; è che Lui sia presente fra noi. L’apostolo Paolo, parlando dei pagani del suo tempo, li descrive nel modo seguente: «senza speranza e senza Dio nel mondo» [Ef 2, 12]. Naturalmente egli ben sapeva che avevano molti dei, molti templi e pratiche religiose. Ma erano «senza Dio nel mondo»; cioè: vivevano in un mondo da cui ritenevano che Dio fosse assente. Ritenevano che la divinità non volesse, non potesse, non dovesse interessarsi delle brutte faccende umane. Quale era il risultato? vivevano «senza speranza», perché alla fine un mondo da cui Dio era assente, era buio.

Cari giovani, quanto è attuale la descrizione che fa S. Paolo dei pagani del suo tempo! Un mondo da cui Dio fosse assente spegne la speranza; la speranza, intendo, che la nostra vita non finisca nel vuoto eterno. “Gesù” – dice Pietro – «tu sei … il Figlio del Dio vivente». Cioè: in te è presente fra noi Dio stesso. Dopo molti anni, un altro apostolo, Giovanni, scriverà: «la Vita eterna si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta». Se Dio è presente in mezzo a noi, noi possiamo conoscerlo; possiamo essere nella sua compagnia [“dimorare nel suo amore”, dice Giovanni stupendamente]: e questo significa avere speranza.

Ascoltiamo che cosa dice un grande scrittore russo. «Su Cristo, potete discutere, non essere d’accordo … Tutte queste discussioni sono possibili e il mondo è pieno di esse, e a lungo ancora ne sarà pieno. Ma io e voi … sappiamo che sono tutte sciocchezze, che Cristo – in quanto solo uomo – non è Salvatore e fonte di vita, e che la sola scienza non completerà mai ogni ideale umano e che la pace per l’uomo, la fonte della vita e la salvezza dalla disperazione per tutti gli uomini, la condizione sine qua non e la garanzia per l’intero universo si racchiudono nelle parole : il Verbo si è fatto carne e nella fede in queste parole» [F. Dostoevskij]. È questa la portata della risposta di Pietro.

Cari amici, come sarebbe la vostra vita se da essa, se dal mondo in cui vivete, Dio fosse assente? pensate veramente che la scienza, la politica, il benessere economico, l’uso sregolato della vostra sessualità possano darvi le risposte vere e definitive a ciò che il vostro cuore desidera più profondamente? «Tu sei … il Figlio del Dio vivente», ha risposto Pietro; e, logicamente, in un altro contesto egli dice: «tu hai parole di vita eterna, da chi andremo?».

Volendo vivere non in un mondo senza speranza; volendo incontrare il Cristo, il Figlio del Dio vivente, per ascoltare da Lui “le parole che danno la vita eterna”, vi chiedete coi primi due discepoli che seguirono Gesù: «dove abiti?» [Gv 1, 38]. Cari giovani, l’incontro con Cristo – non solo il suo ricordo – è possibile oggi a ciascuno di voi perché Cristo è p
resente nella Chiesa
. Alla domanda: “Gesù dove abiti, perché io possa venire ad incontrarti, e rimanere con te?” Egli risponde: “nella Chiesa”. È la Chiesa la dimora dove abita il Figlio del Dio vivente.

«Nella totalità del suo essere essa ha per fine di rivelarci il Cristo, di condurci a Lui, di comunicarci la sua grazia; non esiste insomma che per metterci in rapporto con Lui. Essa solo lo può fare, e non potrà mai cessare di farlo … se il mondo perdesse la Chiesa, perderebbe la redenzione» [H. De Lubac, Meditazione sulla Chiesa, Paoline – Jaca Book, Milano 1979, 136], perché perderebbe Gesù.

Senza la Chiesa, cari amici, la nostra vita sarebbe senza speranza perché la notizia che Dio è presente fra noi e che in Gesù ci ha mostrato il suo volto, sarebbe un discorso puramente informativo. Non sarebbe cioè in grado di trasformare la nostra vita, facendoci sentire nel cuore la verità delle parole di Pietro: Signore, tu solo hai parole di vita eterna. Cari giovani, forse sentendo queste parole, comincia ad insinuarsi in voi un dubbio: ma come è possibile che la Chiesa sia la custode della vita eterna, la custode della vera speranza per me, la presenza vera di Gesù fra noi, quando essa è fatta di uomini carichi di tanta miseria? Non vi preoccupate. Questo dubbio è vecchio di duemila anni. Quando Gesù si presentò come colui che rendeva presente ed operante la grazia e l’amore di Dio, dicevano: «non è costui l’artigiano, il figlio di Maria … E si scandalizzavano» [Mc 6, 2.3].

Come potete vedere, lo stesso “scandalo” che ha per oggetto la Chiesa, ebbe per oggetto Gesù. Ma voi dovete guardare più in profondità la cosa. Non è commovente che Dio si sia umiliato fino al punto di essere fra noi, vicino a noi mediante non una società di angeli ma di uomini? Non è commovente che alla domanda di speranza che ciascuno di voi questa sera gli rivolge, abbia risposto non nel modo seguente: “cercami da solo”, ma “cercami là dove c’è una comunità di uomini e donne come te, che credono in Gesù”?

«Dobbiamo diventare beati l’uno con l’altro, dobbiamo giungere a Dio l’uno insieme all’altro e presentarci a Lui l’uno con l’altro» [Ch. Peguy, cit. da Youcat, 78]. Perché è nella Chiesa che voi incontrate la persona vivente di Gesù? perché in essa vi sono i Sacramenti. Soprattutto l’Eucarestia e la Confessione. L’Eucarestia è il sacramento in cui Gesù ci dona il suo Corpo e il suo Sangue – ovvero se stesso – perché anche noi ci uniamo a Lui nell’amore, divenendo un solo Corpo, la Chiesa. La Confessione è il sacramento in cui Dio ci perdona e rimette i nostri peccati: ogni nostra piaga viene curata.

Cari amici, il racconto della passione di Gesù scritto dal suo amico prediletto, Giovanni, termina con l’apertura del costato di Cristo crocefisso da cui sgorga sangue e acqua. È la ferita dell’amore. Accostate le vostre labbra in questi giorni pasquali a quella fonte della vita; lasciatevi purificare e rigenerare da quell’acqua che, sgorgata dal costato di Cristo, scorre nel sacramento della penitenza. E dentro il vostro cuore fiorirà la gioia vera; metterà radice la speranza; la luce della verità vi illuminerà, e diventerete capaci di fare della vostra vita uno splendido dono.

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ZENIT Staff

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