ROMA, martedì, 12 aprile 2011 (ZENIT.org).- “Giovanni Paolo II. La biografia”, questo il titolo del libro scritto da Andrea Riccardi, che come lui stesso ha confidato è dovuto alla difficoltà che trovava a intitolarlo. “Dalla sofferenza alla speranza”, “Dalla Polonia al mondo” sono stati alcuni tentativi falliti, e a questo punto è arrivato il suggerimento dell’editore di chiamarla biografia, il che per Riccardi era un po’ pretenzioso.
Dinanzi all’impressione che Giovanni Paolo II superi qualsiasi libro, Riccardi non si scoraggia e ha confidato a ZENIT che ha addirittura “la tentazione di scriverne qualche altro in più”, ma l’idea che possa essere un’enciclopedia non lo convince, e preferisce che sia “solo un libro di storia”, dicendo di aver “tentato di dipingere un’immagine”.
Queste e tante altre sono state le confidenze e le idee venute a galla durante la presentazione del volume, avvenuta questo lunedì all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede con interventi come quelli del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e del portavoce emerito del Vaticano, Joaquín Navarro-Valls. Moderatore è stato l’ambasciatore Francesco Maria Greco.
“Ogni giorno vorrei aggiungere una pagina – ha riconosciuto Riccardi – non per aneddotica, ma perché sembra che manchi qualcosa, perché Giovanni Paolo II ha avuto non solo un lunghissimo pontificato, ma anche una vita poliedrica”.
E “perché, come ha detto il Dr. Navarro-Valls, il suo messaggio va letto nel contesto dell’Europa e del mondo di allora. Se no non se ne capisce né la grandezza né la realtà”.
Il libro mostra Giovanni Paolo II “in quanto personaggio della storia contemporanea, perché è una grande figura non solo del pontificato romano, ma anche dell’umanesimo del Novecento. Un protagonista del pensiero e della vicenda sociale spirituale e politica”.
Riccardi ha ringraziato il Cardinale Sandri per “la sua lettura appassionata, che ci ha fatto rivivere le gioie, le fatiche, le oscurità, la bellezza dei grandi giorni di Giovanni Paolo II”.
Il porporato ha indicato le difficoltà e i limiti in un’opera di questo tipo, perché “Giovanni Paolo II era pienamente umano perché era profondamente di Dio, e per questo trascende tutti gli schemi che possiamo fare su di lui. Siamo dinanzi a una persona dotata da Dio di tanti e tanti doni – le lingue, la figura fisica – e in più di studio e di cultura, sul quale viene a posarsi l’ufficio di Pietro”.
Il Cardinale si è detto tentato di definire questo volume l’“enciclopedia di Giovanni Paolo II”, perché ai dati storici “è associata l’analisi obiettiva su ciascuno dei capitoli fondamentali del Magistero e della leadership di Giovanni Paolo II, al punto da offrirci un compendio, oltre che della vita, della dottrina e delle scelte compiute”.
Il volume è corredato da una ricca bibliografia e da innumerevoli convincimenti che l’autore ha maturato anche grazie alle cosiddette “conversazioni” o “confidenze” con i Sommi Pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e con Cardinali, Vescovi, prelati, e laici, che inaugurano una nuova e originale procedura storiografica.
“Una riscoperta – ha detto il Cardinale Sandri -, quasi in un susseguirsi di flash back, dell”enigma Wojtyla’. Il cuore del suo messaggio sarebbe stato il ‘non abbiate paura’, basato sull’eredità e sull’attualità del martirio”, e “nell’attentato del 1981 ne avrebbe offerto il segno evidente”.
Il professor Gianni Letta ha ricordato la stretta vicinanza del Cardinale Sandri a Giovanni Paolo II, l’annuncio “E’ tornato alla casa del Padre” e come Papa Wojtyła, quando era senza voce, affidò la sua omelia alla voce del Cardinale Sandri.
“Leggendo questa biografia ho sentito una profonda emozione”, ha indicato. Durante il pontificato, Letta era direttore del giornale “Il Tempo” e seguiva in modo privilegiato e molto romano il Pontefice, che aveva la convinzione che “le cose si possono cambiare”, “un uomo che ha provato a cambiare il corso della storia e che non ha rinunciato alla speranza di cambiarla”.
Letta ha ricordato il percorso storico e spirituale di Riccardi, il contesto del ’68, il senso critico nei confronti delle ideologie, la conoscenza delle borgate, il passaggio per Comunione e Liberazione e poi, in Piazza Sant’Egidio, la strada intrapresa, sottolineando come nella storia personale dell’autore si trovi “il valore aggiunto della biografia di Giovanni Paolo II”, perché “non è una biografia, ma è la biografia di Giovanni Paolo II”.
Ha quindi compiuto un percorso segnalando vari punti di riferimento, quali le visite nelle parrocchie come l’altra faccia dei viaggi internazionali, la visita alla sinagoga di Roma per l’avanzamento nel dialogo tra cattolici ed ebrei, le Giornate della Gioventù e il Giubileo del 2000. ““Sono come immagini che scorrono in un film di 27 anni di storia”, ha commentato.
Una storia che comprende l’inizio del suo pontificato con due grandi blocchi e la guerra fredda, il secondo conflitto dell’Iraq con il pericolo di uno scontro di culture e di religioni, le sue parole ascoltate anche dal mondo arabo musulmano. E poi la caduta del muro di Berlino, l’allargamento degli spazi di democrazia in America Latina, il conflitto in Bosnia, l’11 .
“In ogni evento si vedeva la presenza sofferente del Papa”, “un Papa testimone del Dio della Pace, della giustizia e insieme testimone del dolore unico che ha ogni uomo”, atteggiamento che trova radici “negli anni polacchi, quando aveva vissuto in prima persona prove terribili. La II Guerra, il nazismo con l’invasione della sua patria, i campi di sterminio, il comunismo con i gulag, l’immane tragedia della shoah”, tutte esperienze e tragedie “che aveva vissuto sulla sua pelle”.
Ha anche ricordato l’angosciato appello “Mai più la guerra”, e ancora l’incontro di Assisi, “il vento impetuoso e l’arcobaleno che si disegnò nitido nel cielo quando iniziò a pregare il Papa”. Assisi, un’eredità raccolta dalla Comunità di Sant’Egidio.
Il libro di Riccardi, ha detto Letta, “ci ha fatto conoscere il vero Karol Wojtyła e per intero”, vale a dire “un mosaico veramente artistico”, la “testimonianza della sofferenza, di essere stato al timone della Chiesa malgrado la malattia lo stesse divorando dentro”.
Navarro-Valls
Il portavoce emerito della Sala Stampa ha riferito diversi ricordi, come la grande libertà di informare quando si pensava che Giovanni Paolo II avesse un tumore maligno.
Ha anche riportato i presenti al ricordo del “primo viaggio in America nel 1979, sotto i riflettori di un mondo ipercomunicato, e non a maggioranza cattolica”.
Qui un giornalista cercò di spiegare il successo comunicativo di Giovanni Paolo II con la frase “They love the singer but not the song”, per indicare che alla gente era piaciuto più l’uomo che quanto diceva. Col passare del tempo fu chiaro che ad attirare era non la persona, ma “la sincerità del messaggio che trasmetteva, senza niente di posticcio o di preparato”.
Alla radice della comunicazione c’era l’idea che “sia lui che chi lo ascoltava erano creature di Dio, quindi potevano capirsi e avevano la capacità di conoscere il vero”.
Tra i motivi c’era “la sua capacità di semplificare, di essenzializzare il messaggio depurato dalle aderenze”.
Nel 1987 un critico del New York Times si chiedeva “Perché buca lo schermo?”, e rispondeva: “Il Papa domina la tv semplicemente ignorandola”.
Il centro del suo magistero? Lo disse lo stesso Giovanni Paolo II: “Il punto centrale è la nostra responsabilità nel mantenere il carattere trascendente della persona umana, che può trasformarsi in oggetto; questa è la base del mio insegnamento”.
A tutta una g
enerazione umana ha fatto capire l’inevitabilità del tema di Dio. Ha convinto la sua epoca che non si può capire l’essere umano senza Dio, e lo ha fatto perché il “miglior testimone di quello che diceva era lui stesso”.