ROMA, domenica, 10 aprile 2011 (ZENIT.org).- Sono arrivati a Cracovia per mantenere una promessa. Mille ragazzi dell’Unitalsi hanno iniziato venerdì 8 aprile un pellegrinaggio in Polonia sui passi di Giovanni Paolo II.
La prima tappa è stata al santuario mariano di Czestochowa, dove hanno lasciato una croce che a Roma, lo scorso anno, avevano posto sulla tomba del Papa per sottolineare l’impegno a recarsi nella sua terra. Il 9 aprile, invece, l’incontro a Cracovia, nella centralissima Basilica Mariacka, con il Card. Stanislaw Dziwisz, Arcivescovo di Cracovia e per molti anni segretario di Giovanni Paolo II, accompagnati dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
“Siamo venuti – ha spiegato a ZENIT Elena Spadaro, responsabile giovani dell’Unitalsi – nel segno di quelle parole che il Santo Padre ha rivolto ai giovani al termine della sua vita: ‘io vi ho cercato e voi siete venuti’”.
Il pellegrinaggio in Polonia è una tappa di un itinerario che sta portando i giovani dell’Unitalsi a visitare, negli ultimi anni, i luoghi di spiritualità europei: è iniziato a Loreto, poi Assisi, quindi Siracusa, con il santuario della Madonna delle lacrime, e Roma.
“Nella città di Pietro – ha proseguito la Spadaro – abbiamo deciso la nuova tappa della Polonia perché il Pietro della nostra generazione, quella tra i 18 e i 35 anni, è stato Giovanni Paolo II”.
Un viaggio che si è arricchito di nuovi significati dopo la notizia della beatificazione, il prossimo 1° maggio, e che ha rappresentato “una sfida dal punto di vista organizzativo e logistico”. I giovani sono partiti da sei aeroporti diversi – Catania, Lamezia Terme, Bari, Napoli, Pescara e Verona – portando con sé anche 80 ragazzi in sedie a rotelle. “Sono proprio i ragazzi disabili – ha raccontato la Spadaro – i più entusiasti dell’iniziativa e quelli che ci hanno dato il coraggio e la determinazione ad andare avanti”.
A tutti “Giovanni Paolo II ha insegnato che la sofferenza non deve essere nascosta e che ha un valore per l’umanità”.
“I malati – ha ricordato il Card. Dziwisz nell’incontro in Basilica – erano chiamati da Giovanni Paolo II ‘i miei più grandi collaboratori’, ed insegnava che Cristo ha salvato il mondo attraverso la Croce dando senso alla sofferenza”.
“Quando poi – ha aggiunto l’Arcivescovo di Cracovia – è toccato a lui di soffrire e molto, specie negli ultimi anni, ha vissuto come predicava”.
Nella Basilica Mariacka, così come in molte chiese della Polonia, accanto all’altare è posto discretamente a lato, per ora, un quadro di Giovanni Paolo II, in attesa che la beatificazione del 1° maggio dia il via ufficiale al culto e consenta di spostarlo al centro, assecondando l’attesa di tanti fedeli.
“Durante i suoi funerali – ha ricordato Dziwisz rivolgendosi ai giovani – la gente aveva i cartelli con scritto ‘santo subito’, quasi la sua beatificazione fosse già iniziata. Voi siete qui a ripetere in qualche modo la stessa cosa”.
Il sindaco di Roma Alemanno avverte con particolare intensità “il compito di rappresentare Roma nel momento in cui si compie quella promessa di ‘santo subito’ scaturita dalla voce della gente e in particolare dai romani, ai quali il primo Papa straniero degli ultimi 400 anni era entrato nel cuore”.
“Voi – ha aggiunto Alemanno rivolto ai ragazzi dell’Unitalsi – siete gli avamposti di quella grande festa del 1° maggio che coinvolge tutti, non solo i cattolici, ma anche i laici e gli ebrei”.
A Roma sono attesi 300.000 fedeli per la beatificazione, ma i numeri saliranno nei giorni successivi con tutti coloro che si recheranno a rendere omaggio alle spoglie di Giovanni Paolo II, esposte fino all’esaurimento del flusso dei pellegrini.
A Cracovia Alemanno ha incontrato il sindaco Jacek Majchrowski per rinsaldare i vincoli di amicizia tra le due città “legate dal grande ‘ponte’ costituito da Giovanni Paolo II” e “lanciare un messaggio di accoglienza per l’evento della beatificazione”.
“I molti santi della nostra terra – ha affermato Majchrowski – sollecitano il senso di appartenenza nazionale dei polacchi come nessun altro evento sociale e politico riesce a fare”.
Questo vale ancora di più per Wojtyła, “la cui importanza nella storia del nostro Paese non deve essere considerata solo sotto il profilo della santità, ma anche per il contributo agli avvenimenti politici e per aver accelerato la caduta del Muro di Berlino”.
“Non si può capire fino in fondo Giovanni Paolo II se non si viene nella sua terra”: questo anche il parere del presidente dell’Unitalsi, Antonio Diella.
“Lui era così – ha detto a ZENIT – perché veniva da questa straordinaria storia di formazione e di vita e da una Nazione che sa cosa sia la sofferenza”.
Il valore della sofferenza è stato uno dei temi che Wojtyła è riuscito ad imporre all’attenzione di un mondo contemporaneo poco propenso ad accettarla e a renderla visibile.
“I nostri malati – ha proseguito Diella – hanno invece trovato nell’insegnamento di Giovanni Paolo II un grande motivo di speranza: lui, ci dicevano, ci fa capire che anche noi siamo importanti per Dio e per gli uomini”.
A un mese dalla scadenza del mandato di presidente nazionale, un’indicazione per il cammino dell’associazione potrebbero essere “le parole che il Santo Padre mi disse in occasione del centenario dell’Unitalsi nel 2003: mi raccomando, coraggio e pazienza”.