Nessuna corsia preferenziale per Giovanni Paolo II

Parla mons. Slawomir Oder, postulatore della causa del Papa polacco (I)

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di Anita S. Bourdin e Sergio Mora

ROMA, mercoledì, 6 aprile 2011 (ZENIT.org).- La causa di beatificazione di Karol Wojtyla ha seguito il normale iter richiesto da un processo canonico di questo tipo. Il solo strappo alla regola è stata la dispensa concessa da Benedetto XVI dall’attesa di cinque anni per l’avvio della causa.

Questo perché il miracolo che ha spalancato le porte alla beatificazione del Papa polacco, che si terrà il 1° maggio prossimo, è avvenuto a pochi mesi dalla sua morte.

A spiegarlo, in questa intervista a ZENIT, è mons. Slawomir Oder, postulatore della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II, che ha descritto l’iter processuale come una “bellissima avventura” personale.

In che modo lei, come sacerdote, ha vissuto questo processo? È stata una croce, una gioia, l’ha trasformata, che cosa è successo?

Mons. Oder: Nella prospettiva della Pasqua, la croce è sempre il preludio della gioia. E dall’altra parte non c’è vera gioia, come ci insegna la trasfigurazione di Gesù, senza il passaggio attraverso la croce. L’incarico che mi era stato affidato aveva i suoi aspetti pasquali, se non altro perché si è sovrapposto a un lavoro che svolgo ordinariamente come vicario giudiziale e all’attività pastorale che porto avanti come rettore di una chiesa romana. Perciò, si sono aggiunte tante cose che in questi cinque anni hanno riempito la mia giornata. E poi senz’altro, anche il processo stesso, presentava alcuni elementi che imponevano un grosso sforzo, un grande coinvolgimento, anche a livello emotivo. Perciò i momenti di difficoltà non sono mancati.

Tutti danno per scontato che Giovanni Paolo II sia un santo, e quindi sembra tutto un po’ scontato…“santo subito”, ecc. quindi il processo di canonizzazione sembrava quasi una passeggiata. Il Papa però ha invitato a seguire l’iter normale del processo canonico. Però è stato anche detto che c’è stata una sorta di corsia preferenziale e che si è spinto un po’ sull’acceleratore. Si è trattato quindi di un processo normale oppure no?

Mons. Oder: Assolutamente, sì. L’unica dispensa che è stata ottenuta in questo processo è la dispensa dai cinque anni di attesa per l’apertura del processo. Ma il processo stesso si è svolto, assolutamente, in piena osservanza delle norme canoniche. Con tutti i criteri che ci sono stati negli altri processi canonici. Perciò, non c’è stata una vera dispensa, una via preferenziale, in questo senso. Invece, quello che possiamo dire è che la prassi della Congregazione è quella di portare avanti le cause che oltre alla eroicità delle virtù hanno già un miracolo, che sono due processi diversi. Normalmente nella Congregazione, il processo avviene in questo modo: si svolge l’inchiesta diocesana, la documentazione viene trasmessa alla Congregazione delle cause dei santi, dove viene preparata la positio, per poi essere sottoposta alla discussione dei teologi e dei cardinali. E la positio aspetta perché appunto ci vuole il miracolo.

La positio è stata portata avanti e immediatamente sottoposta alla discussione dei teologi e dei cardinali perché il miracolo che doveva accreditare la causa è avvenuto molto presto, e il processo sul miracolo è stato depositato presso la Congregazione delle cause dei santi il giorno prima del processo sulle virtù e questo in qualche modo ha subito spianato la possibilità di andare avanti.

Quanto tempo è passato dalla morte di Giovanni Paolo II fino alla presentazione del miracolo?

Mons. Oder: Il miracolo, riconosciuto come tale, è avvenuto a luglio dello stesso anno.

E dopo quanto tempo è stato riconosciuto?

Mons. Oder: Noi abbiamo concluso il processo nel 2007, e quello sul miracolo è stato presentato un giorno prima della chiusura dell’inchiesta diocesana sulle virtù. Perciò siamo a giugno del 2007.

Sono stati presentati altri miracoli?

Mons. Oder: Ci sono state tante grazie e anche presunti miracoli. Di questi alcuni sono stati approfonditi, perché è la prassi. Perché prima di compiere uno studio sul miracolo, si fa uno studio previo che in qualche modo dà la garanzia sul processo stesso. In alcuni casi abbiamo fatto degli approfondimenti e comunque le premesse erano buone. Non sono stati avviati solo perché era in già corso il processo sul miracolo che era stato scelto.

Ci può dire in quali Paesi sono avvenute queste grazie?

Mons. Oder: Si sono verificate in Francia, negli Stati Uniti, in Germania e in Italia.

Poi c’è stata tutta una discussione mediatica in merito…

Mons. Oder: Su questa cosa è difficile discutere, poiché c’è stata tutta una montatura mediatica.

E’ stato necessario un ulteriore approfondimento medico?

Mons. Oder: E’ un fatto normale che nei processi sul miracolo venga svolta un’indagine e che il materiale venga poi sottoposto allo studio dei medici ed è ovvio che un medico possa chiedere qualche nuova delucidazione, qualche documento, qualche analisi suppletiva. E’ normalissimo. Sono state compiute tutte le indagini considerate opportune dai medici coinvolti nel processo.

Quindi non c’è stata proprio ombra di dubbio?

Mons. Oder: Lei mi pone delle domande a cui non posso rispondere, perché sono coperto dal segreto processuale e perché non ne sono a conoscenza. Questi particolari sono di competenza dei medici.

Ha scoperto delle cose che non conoscenva di Giovanni Paolo II? Un aspetto privato che lo rende diverso dalla sua immagine pubblica?

Mons. Oder: Ho già avuto l’opportunità di dire questa cosa. E’ chiaro che il processo è stata una bellissima avventura, perché non si conosce mai una persona fino in fondo. Ed è chiaro, perciò, che tanti aspetti riguardavano i particolari della sua vita, le attività e i contatti con le persone che aveva. Però direi che è una avventura che potrebbe riguardare ciascuna persona, che è un mondo in sé. Invece per quanto riguarda quello che è emerso nel contesto del processo di beatificazione, non ci sono delle cose strepitose. Nel senso che effettivamente Wojtyla era così come l’abbiamo conosciuto in pubblico. Perciò non c’era uno sdoppiamento, ma una perfetta trasparenza del personaggio. Sicuramente il processo ha messo in luce tanti aspetti.

Qualche aspetto che non conosceva e che l’ha colpita?

Mons. Oder: La cosa che mi ha stupito, a parte l’aspetto più importante, è la scoperta che la sorgente, l’origine di questa attività straordinaria, di questa generosità nell’agire, della profondità del suo pensiero è il rapporto con Cristo. E’ venuto fuori sicuramente un uomo mistico. Un mistico nel senso che era un uomo che viveva la presenza di Dio, che si lasciava guidare dallo Spirito Santo, che era in dialogo costante con il Signore e che ha impostato tutta la sua vita attorno alla domanda: “Mi ami tu?”. Così che la sua vita è stata la risposta a questa domanda essenziale del Signore. Perciò, penso che questo aspetto sia il tesoro più grande del processo.

[La seconda parte dell’intervista verrà pubblicata giovedì 7 aprile]

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ZENIT Staff

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