di Giuseppe Adernò*

ROMA, martedì, 5 aprile 2011 (ZENIT.org).- Nella scuola, luogo e momento di aggregazione sociale, il dialogo diventa prassi e stile di relazione educativa e consente di dare efficaci risposte alle nuove esigenze della società di oggi che si consolida sempre più nella dimensione multietnica e multiculturale.

Accanto all’interculturalità, che connota l’integrazione dei popoli, la dimensione religiosa, che fa parte dell’uomo e non è una sovrastruttura, si innesta nel dialogo di relazione e di scambio tra le persone che, come cittadini del mondo, collaborano “insieme” e “non solo accanto” al processo di costruzione di un mondo migliore.

Ed ecco lo slogan “Educare comunicando e Comunicare educando”, che sintetizza le finalità e gli obiettivi che declinano ed accompagnano l’azione educativa e formativa della scuola nel suo compito istituzionale di “servizio” per la crescita sociale e civile della comunità nella quale opera.

L’esplicitazione delle azioni da mettere in atto “per un agire comunicativo nella vita quotidiana della scuola”, “per imparare a dialogare”, “per crescere come persona e come cittadini” costituisce la segnaletica del percorso formativo da realizzare guidando ed indirizzando gli educatori (docenti e genitori) verso una corretta comunicazione ed un positivo intervento formativo, e quindi gli studenti che chiedono alla scuola le risposte ai loro perché ed in essa realizzano il processo di crescita e di formazione scoprendo la dimensione dei valori e dell’Assoluto.

Come tutti i progetti anche il “Face to faith” promosso dalla Tony Blair Faith Foundation, presente nei diversi continenti e per l’Europa in Inghilterra ed ora in Italia, diventa epifania di un “atto intenzionale”, attraverso il quale, coloro che lo condividono ed intendono realizzarlo, mettono in atto un loro desiderio. Scriveva, infatti, Tomas Maldonado che “quando speriamo in qualcosa, vuol dire che abbiamo qualcosa da dire e da realizzare. Diventa, infatti, inutile ed infruttuoso l’avvio di un progetto, quando non si ha nulla da dire, niente in cui sperare e nulla da comunicare”.

Tony Blair, al termine del suo mandato di primo ministro, ha dedicato la sua azione “politica” a servizio della ricerca religiosa come fonte di dialogo interculturale tra i popoli. Come fare a non ribadire che la scuola, luogo di educazione si fonda sul dialogo? Come si può costruire una vera relazione tra le persone se le diversità vengono considerate barriere ed ostacoli? Oggi sperimentiamo sempre più che la diversità colori la scuola e caratterizzi i saperi e i volti dei nostri ragazzi.

Il progetto di formazione e di ricerca-azione, coinvolge direttamente i docenti, ma è destinato agli alunni delle scuole secondarie di primo grado ed intende favorire nelle scuole un nuovo stile comunicativo e creare le condizioni di un efficace ambiente di cooperazione, al fine di prevenire i disagi e recuperare gli svantaggi; qualificare il rapporto interpersonale (che suppone quello con se stessi e con la realtà) tra tutti i soggetti coinvolti nelle comunità scolastiche; educare a una cittadinanza attiva e responsabile e quindi “educare alla mondialità”.

Le sei scuole d’Italia coinvolte nel progetto sperimentale - “Settembrini” di Roma, “Casteller” di Paese (Treviso), “Bobbio” di Torino, “Cuoco Sassi” di Milano, “Michelangelo” di Bari e “Parini” di Catania - sono impegnate a progettare interventi educativi volti a realizzare una maggiore reciprocità nei rapporti tra alunni e insegnanti e tra gli stessi alunni.

Introducendo un nuovo stile comunicativo all’interno della scuola, si promuove una reale cooperazione tra docenti e studenti nella convergenza dei comuni obiettivi formativi, dei metodi che vivificano l’attività didattica, dei criteri di valutazione, che coinvolgono l’andamento umano e culturale del gruppo-classe, così da attivare un interscambio di saperi, e di culture, anche in vista di un effettivo orientamento circa il proseguimento degli studi e le scelte professionali.

Il positivo clima di confronto di idee e di esperienze culturali che coinvolge le diverse componenti della scuola favorisce inoltre molteplici iniziative: incontri con adulti e scambi generazionali, cooperazione con altre istituzioni culturali, realtà sociali, agenzie educative, così da allargare gli orizzonti e consentire alla scuola di aprirsi alla globalità, avviando allo stesso tempo un rapporto costruttivo, critico e problematico dei giovani nei confronti della realtà sociale e politica, attraverso la discussione in classe, la lettura e la comprensione dell’attualità e della storia contemporanea. Anche attraverso i giornali e le testimonianze dei rappresentanti della società civile e delle Istituzioni.

Gli incontri, i dialoghi e gli scambi culturali tra studenti di diversa provenienza favoriscono un allargamento di orizzonti culturali ai quali la scuola ha il dovere di dare seguito, aprendo le finestre della classe e guardando con occhi nuovi la variegata realtà umana che ci circonda

 


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*Il prof. Giuseppe Adernò è preside dell’Istituto “G. Parini” di Catania.