WASHINGTON, D.C., lunedì, 4 aprile 2011 (ZENIT.org).- I Vescovi degli Stati Uniti esortano i leader di Governo ad analizzare l’uso della forza militare in Libia in base ai principi della responsabilità morale e della difesa della vita umana.
Monsignor Howard Hubbard, Vescovo di Albany (New York), presidente del Comitato per la Giustizia Internazionale e la Pace della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, ha scritto nei giorni scorsi una lettera al Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Thomas Donilon, sottolineando questi aspetti.
“Di recente la nostra Nazione, in coalizione con altre, ha intrapreso una missione militare internazionale sanzionatrice, per difendere i civili della Libia dal proprio Governo”.
A seguito dei rapporti sui “massacri” di manifestanti libici e sui bombardamenti contro le forze ribelli da parte di Muammar Gheddafi, leader del Paese da 42 anni, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la Risoluzione 1973, che autorizza la comunità internazionale a istituire una no-fly zone e a usare tutti i “mezzi necessari” per difendere i civili libici.
Il 19 marzo scorso, vari Paesi hanno lanciato attacchi con bombe contro le basi militari libiche a Tripoli e in altre zone.
Sottolineando l’insegnamento cattolico, per il quale “l’uso della forza deve essere sempre l’ultima risorsa per una causa giusta”, il Vescovo ha spiegato che “la causa giusta articolata dalla Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza Nazionale è la richiesta di ‘un cessate il fuoco e la totale fine della violenza e di tutti gli attacchi e gli abusi contro i civili’”.
Negli anni recenti, ha osservato monsignor Hubbard, “la Santa Sede ha sottolineato il ruolo degli organismi internazionali nell’autorizzazione di interventi umanitari nelle Nazioni sovrane”.
“Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha bisogno di continuare a seguire con attenzione la missione e l’uso della forza in Libia”, ha aggiunto.
Il presule ha quindi indicato “domande importanti” a questo proposito: “Come l’uso della forza sta difendendo la popolazione civile della Libia?”, “Sta provocando conseguenze più gravi del male che si sperava di sradicare?”, “Quali sono le implicazioni dell’uso della forza per il benessere futuro del popolo libico e per la stabilità della regione?”.
“La giustizia di una causa”, ha sottolineato, “non sminuisce la responsabilità morale di rispettare le norme dell’immunità civile e della proporzionalità”.
A tale riguardo, il Vescovo ha formulato altre domande: “Si stanno evitando le perdite di civili? La distruzione di vite è proporzionata al bene conseguito in termini di salvezza di vite civili?”.
“Come pastori e maestri”, ha detto a nome degli altri membri della Conferenza, “ci siamo astenuti dal dare giudizi definitivi visto che la situazione sul campo continua ad essere complessa e implica molte decisioni al di là della nostra esperienza”.
“Sappiamo che si tratta di domande difficili che hanno poche risposte semplici, ma è nostra responsabilità morale come Nazione esaminare rigorosamente l’uso della forza militare alla luce della necessità di difendere la vita e la dignità umana”.