Campagna in Iraq per salvare la vita di Tarek Aziz

Il Vescovo di Mosul intercede per due alte cariche del regime di Saddam

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di Nieves San Martín

ROMA, venerdì, 29 ottobre 2010 (ZENIT.org).- L’Arcivescovo Georges Casmoussa di Mosul (Iraq) ha rivolto un appello al Governo del Paese dopo la sentenza di morte contro Tarek Aziz per le sue responsabilità durante il regime di Saddam Hussein.

Il presule ha annunciato l’intenzione di avviare una campagna simile a favore di un altro condannato dal Tribunale Superiore del Paese del Medio Oriente, l’ex Ministro della Difesa Sultan Hashim Ahmad, musulmano.

L’Arcivescovo Casmoussa ha definito la sentenza del Tribunale Supremo iracheno un “errore”, e ha affermato che chiederà sia al Presidente che al Primo Ministro di salvare la vita di Aziz, che ha 74 anni.

L’ex mandatario del regime di Saddam, che nelle ultime immagini rese pubbliche appare dimagrito e invecchiato, è stato accusato e condannato per presunta persecuzione religiosa e presunto coinvolgimento in esecuzioni illegali.

Parlando dal nord dell’Iraq, l’Arcivescovo siro-cattolico ha detto all’associazione cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) che è necessario “rivolgere un appello internazionale al Governo iracheno per modificare la decisione su Tarek Aziz”.

“Sono disposto a firmare qualsiasi documento chiedendo che la sentenza di morte non venga eseguita”, ha dichiarato.

L’Arcivescovo ha annunciato di voler esortare tutti i cristiani e i musulmani di Mosul a firmare un appello al Tribunale Supremo contro la sentenza di Aziz, che è cattolico di rito caldeo.

L’intervento del Vescovo è arrivato 24 ore dopo che la Santa Sede aveva emesso una nota ribadendo la ferma opposizione della Chiesa alla pena di morte.

Il portavoce vaticano, Federico Lombardi, ha ricordato questa posizione ecclesiale, sottolineando che “ci si augura quindi davvero che la sentenza contro Tarek Aziz non venga eseguita, proprio per favorire la riconciliazione e la ricostruzione della pace e della giustizia in Iraq dopo le grandi sofferenze attraversate”.

Monsignor Casmoussa ha detto di voler intraprendere una campagna simile anche contro la condanna dell’ex Ministro della Difesa Sultan Hashim Ahmad.

Dopo l’udienza in Vaticano del 14 febbraio 2003, concessa da Papa Giovanni Paolo II a Tarek Aziz, allora vice Primo Ministro iracheno, la Sala Stampa della Santa Sede emise un comunicato in cui spiegava che il mandatario iracheno aveva avuto, prima del suo incontro con il Papa, “un ampio scambio di vedute sul noto pericolo di un intervento armato in Iraq, che aggiungerebbe ulteriori gravi sofferenze a quelle popolazioni, già provate da lunghi anni di embargo”.

“Il Sig. Aziz – diceva la nota – ha voluto dare assicurazione circa la volontà del Governo iracheno di cooperare con la comunità internazionale, in particolare in materia di disarmo, mentre da parte della Santa Sede è stata ribadita la necessità di rispettare fedelmente, con impegni concreti, le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, garanti della legalità internazionale”.

Aziz si è arreso alla coalizione che ha invaso l’Iraq appena due mesi dopo la visita a Roma, nell’aprile 2003, poco dopo la conquista della capitale Baghdad.

Nel marzo 2009 è stato condannato a 15 anni di carcere per il suo presunto coinvolgimento nella morte di 42 commercianti iracheni. Cinque mesi dopo ha ricevuto un’altra sentenza di reclusione, accusato di partecipare al trasferimento forzato della popolazione curda.

L’indulto a Tarek Aziz, per ragioni umanitarie e per il suo ruolo di mediatore presso la Santa Sede e altre istanze internazionali, cercando di evitare una guerra che si è rivelata disastrosa per il suo Paese, sarebbe non solo un atto di pietà da parte dell’attuale Governo iracheno, ma anche una dimostrazione del riconoscimento delle sue continue asserzioni sull’inesistenza di armi chimiche nel suo Paese, alle quali non si è mai dato credito.

Quanti oggi fungono da mediatori, dopo una guerra che hanno contribuito a provocare grazie a un’efficiente opera di disinformazione, sarebbero i migliori intercessori presso chi ha il potere il concedere la grazia, il Governo iracheno.

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ZENIT Staff

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