Il Papa: consolidare la pace nel bicentenario della Repubblica di Colombia

Riceve in udienza il nuovo ambasciatore presso la Santa Sede

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CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 18 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI spera che il bicentenario della Repubblica di Colombia sia un’opportunità per imparare dal passato, consolidare la sicurezza e la pace e guardare con speranza al futuro.

Lo ha affermato questo lunedì ricevendo in Vaticano il nuovo ambasciatore del Paese presso la Santa Sede, César Mauricio Velásquez Ossa, che presentava le sue lettere credenziali.

Nel suo discorso al diplomatico, il Papa ha ricordato che quest’anno ha luogo la commemorazione dei 200 anni dall’inizio del processo che portò all’indipendenza e alla costituzione della Repubblica e ha affermato che si tratta di “un momento particolarmente importante per la Colombia”.

“Sono certo che questo significativo anniversario sarà un’occasione unica per accogliere le lezioni che la storia offre, per intensificare le iniziative e le misure in grado di consolidare la sicurezza, la pace, la concordia e lo sviluppo integrale di tutti i suoi concittadini e per guardare con serenità e speranza al futuro che si avvicina”, ha detto.

“In questo cammino è di fondamentale importanza la partecipazione di tutti, di modo che gli aneliti più profondi e i progetti del popolo colombiano diventino sempre più una realtà felice e promettente”.

Benedetto XVI ha sottolineato la presenza della Chiesa cattolica in Colombia “dagli albori dell’arrivo degli spagnoli in America” e il suo “ruolo fondamentale e decisivo” fino ad oggi.

In questo senso, ha invitato a salvaguardare e potenziare il “patrimonio spirituale che è germogliato nel corso degli anni” con gli “sforzi, non esenti da sacrifici e avversità”, di tanti Vescovi, presbiteri, religiosi e laici.

“In questo appassionante compito, la Chiesa in Colombia non esige alcun privilegio. Aspira solo a poter servire i fedeli e tutti coloro che le aprono le porte del proprio cuore, con la mano tesa, e sempre disposta a rafforzare tutto ciò che promuove l’educazione delle nuove generazioni, la cura dei malati e degli anziani, il rispetto per i popoli indigeni e le loro legittime tradizioni, lo sradicamento della povertà, del narcotraffico e della corruzione, l’attenzione per i detenuti, gli sfollati, gli emigranti e i lavoratori, come pure l’assistenza alle famiglie bisognose”.

“In questo quadro di reciproca collaborazione e di cordiali relazioni fra la Santa Sede e la Repubblica di Colombia”, il Pontefice ha voluto “ribadire l’interesse da parte della Chiesa a tutelare e a promuovere l’inviolabile dignità della persona umana”.

Per questo, ha dichiarato, “è fondamentale che l’ordinamento giuridico rispetti la legge naturale in aree tanto essenziali come la tutela della vita umana, dal suo concepimento fino al suo termine naturale, il diritto a nascere e a vivere in una famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna e il diritto dei genitori a far ricevere ai propri figli un’educazione conforme ai loro criteri morali e alle loro credenze”.

“Sono tutti pilastri insostituibili nell’edificazione di una società veramente degna dell’uomo e dei valori che le sono consustanziali”.

Benedetto XVI ha infine espresso la sua “vicinanza spirituale” e ha assicurato le sue preghiere “a quanti in Colombia sono stati ingiustamente e crudelmente privati della libertà”.

“Prego anche per i loro familiari e, in generale, per le vittime della violenza in tutte le sue forme, supplicando Dio affinché si ponga fine una volta per tutte a tanta sofferenza e tutti i colombiani possano vivere riconciliati e in pace in questa terra benedetta”, ha aggiunto.

Nel saluto che ha rivolto al Papa, riporta “L’Osservatore Romano”, l’ambasciatore ha detto di giungere in rappresentanza di un popolo che nonostante le difficoltà “oggi si rialza con coraggio per dire al mondo che il male non ha l’ultima parola e che il male si combatte con abbondanza di bene”.

Ricordando i rapimenti, una delle piaghe che affliggono la Colombia, ha chiesto al Pontefice “di continuare a pregare per quanti ancora sono nell’inferno del sequestro”.
 
Altri problemi sono il terrorismo e il narcotraffico, che “procedono di pari passo; attentano contro l’ecologia umana e l’ecologia ambientale, infrangono l’unità familiare e sociale. Sono un inganno, un’illusione piena di malvagità”, ha aggiunto.

“Quando in alcuni Paesi industrializzati si propone la depenalizzazione delle droghe, si dimentica che il narcotraffico è un delitto che dovrebbe essere ritenuto di estrema gravità, poiché distrugge l’umanità e diviene motore di omicidi, sequestri, massacri, schiavitù, torture, sparizioni forzate e stupri – ha avvertito –. Senza dimenticare che presuppone anche la negazione della dimensione spirituale e umana della persona”.

L’ambasciatore ha sottolineato che i drammi vissuti dalla Colombia “hanno risvegliato un sentimento cristiano nella maggioranza dei colombiani, provati nell’avversità”.

“La storia della Colombia, come quella dell’Europa, ha profonde radici cristiane che non possiamo recidere. Una parte essenziale della nostra identità è radicata nella Fede e nella Speranza della Buona Novella”.

“Oggi in Colombia il sangue versato non grida vendetta, ma invoca sì rispetto per la vita e la pace. A tale proposito, mi permetta di ribadire il fervente desiderio del popolo colombiano di accoglierla nuovamente nella nostra patria, che Lei, Santità, ha visitato quando era Cardinale”, ha concluso.

Nel saluto che ha rivolto al Papa, riporta “L’Osservatore Romano”, l’ambasciatore ha detto di giungere in rappresentanza di un popolo che nonostante le difficoltà “oggi si rialza con coraggio per dire al mondo che il male non ha l’ultima parola e che il male si combatte con abbondanza di bene”.

Ricordando i rapimenti, una delle piaghe che affliggono la Colombia, ha chiesto al Pontefice “di continuare a pregare per quanti ancora sono nell’inferno del sequestro”.
 
Altri problemi sono il terrorismo e il narcotraffico, che “procedono di pari passo; attentano contro l’ecologia umana e l’ecologia ambientale, infrangono l’unità familiare e sociale. Sono un inganno, un’illusione piena di malvagità”, ha aggiunto.

“Quando in alcuni Paesi industrializzati si propone la depenalizzazione delle droghe, si dimentica che il narcotraffico è un delitto che dovrebbe essere ritenuto di estrema gravità, poiché distrugge l’umanità e diviene motore di omicidi, sequestri, massacri, schiavitù, torture, sparizioni forzate e stupri – ha avvertito –. Senza dimenticare che presuppone anche la negazione della dimensione spirituale e umana della persona”.

L’ambasciatore ha sottolineato che i drammi vissuti dalla Colombia “hanno risvegliato un sentimento cristiano nella maggioranza dei colombiani, provati nell’avversità”.

“La storia della Colombia, come quella dell’Europa, ha profonde radici cristiane che non possiamo recidere. Una parte essenziale della nostra identità è radicata nella Fede e nella Speranza della Buona Novella”.

“Oggi in Colombia il sangue versato non grida vendetta, ma invoca sì rispetto per la vita e la pace. A tale proposito, mi permetta di ribadire il fervente desiderio del popolo colombiano di accoglierla nuovamente nella nostra patria, che Lei, Santità, ha visitato quando era Cardinale”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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