di Roberta Sciamplicotti
ROMA, domenica, 17 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Sradicamento della povertà, porre i Paesi sulla via della crescita e dello sviluppo sostenibili, fermare la marginalizzazione del continente nel processo di globalizzazione, lotta senza quartiere alla malaria. Sono questi gli obiettivi indicati per l’Africa da monsignor Francis Chullikatt, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite.
Il presule è intervenuto venerdì a New York sottolineando che “il far fronte ai bisogni speciali dell’Africa richiede partnership di tutti i segmenti della società”, partnership che “aiutino a promuovere una maggiore solidarietà e allo stesso tempo uno sviluppo più sostenibile nel continente”.
A questo proposito, ha osservato che il recente declino nell’economia globale ha creato nuove sfide per l’Africa, visto che “gli investimenti diretti stranieri nella zona sono diminuiti del 36% dal 2008”.
“Il fardello del debito crescente minaccia la sostenibilità futura e mina i miglioramenti che sono stati raggiunti negli ultimi anni”, ha avvertito.
Il presule ha poi ricordato la Nuova Partnership Economica per lo Sviluppo dell’Africa (NEPAD), un programma dell’Unione Africana istituito nel 2001 che gode del sostegno coordinato delle Nazioni Unite. L’Arcivescovo ha concordato con la posizione del NEPAD, per il quale “la salute e il benessere del popolo africano aiuteranno a conseguire la riduzione della povertà e lo sviluppo sostenibile in Africa”.
Lotta alla malaria
La delegazione della Santa Sede ha espresso una particolare gratitudine per il rapporto sulla malaria, che ha descritto i notevoli progressi nella lotta a questa malattia nell’ultimo decennio.
L’Arcivescovo ha ricordato la “recente iniziativa della African Leaders Malaria Alliance (ALMA), in cui i Capi di Stato e di Governo africani si sono riuniti per promuovere l’assicurazione universale degli interventi per il controllo della malaria”.
In particolare, il presule ha chiesto assistenza per le donne in stato di gravidanza, i concepiti e i bambini in tenera età. Gli effetti più devastanti della malattia sono infatti quelli che interessano i bambini sotto i cinque anni: molti dei sopravvissuti a casi gravi di malaria possono riportare danni cerebrali o avere difficoltà di apprendimento. Quanto alle donne in gravidanza, la malaria provoca mortalità dei concepiti, anemia della madre o scarso peso del bambino alla nascita.
“I malati dovrebbero avere accesso a una cura adeguata e gli individui devono poter ricevere test e medicinali accessibili, sicuri e, quando necessario, gratuiti”, ha affermato monsignor Chullikatt.
L’Osservatore Permanente ha quindi ricordato che il 90% del milione di decessi annuali per malaria avviene in Africa. I Paesi più colpiti sono la Repubblica Democratica del Congo, l’Etiopia, il Kenya, a Nigeria e la Tanzania.
Nel mondo, le persone a rischio di malaria sono circa 3,3 miliardi, e ogni anno si verificano 250 milioni di casi, l’86% dei quali nel continente africano.
“Il nostro obiettivo deve rimanere basato sulla cura, la prevenzione e la ricerca”, ha proseguito l’Arcivescovo, rimarcando che bisogna continuare a dedicare risorse a vaccini e medicinali.
Monsignot Chullikatt ha poi segalato la Dichiarazione di Abuja, i cui firmatari si sono impegnati, tra le altre cose, a “sviluppare meccanismi per favorire la diffusione di informazioni affidabili sulla malaria ai decision-makers a livello domestico, comunitario, distrettuale e nazionale, per permettere loro di intraprendere azioni appropriate”.
Il presule ha quindi concluso il suo intervento esprimendo parole di apprezzamento per i molti operatori del sistema sanitario, cattolici e non, che lavorano instancabilmente per assistere chi soffre in Africa.
Nella lotta alla malaria, infatti, “non solo forniscono risorse e capacità tecniche necessarie per assistere i malati, ma hanno anche lavorato per promuovere un maggiore sviluppo in Africa”.
“Con istruzione, infrastrutture e programmi di assistenza sanitaria, spesso nelle comunità più povere e vulnerabili, queste organizzazioni sono partner fondamentali per lo sviluppo a lungo termine dell’Africa”, ha riconosciuto.