Mezzi di comunicazione e polemiche: un’opportunità per la Chiesa

Intervista a Jack Valero, coordinatore di “Catholic Voices”

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di Inma Álvarez

ROMA, venerdì, 15 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Le aspettative e le polemiche nei mezzi di comunicazione, in relazione alla visita del Papa Benedetto XVI nel Regno Unito, hanno rappresentato anche un momento propizio per migliorare la comunicazione della Chiesa.

Questa è l’esperienza di Catholic Voices, un gruppo di volontari laici che in quei mesi si sono preparati per andare a parlare nei media su ogni questione connessa con la Chiesa cattolica.

Il coordinatore di questa iniziativa è lo spagnolo Jack Valero, direttore della comunicazione dell’Opus Dei in Gran Bretagna. Un professionista che ha accumulato esperienza grazie a Dan Brown e il Codice da Vinci. Valero è stato anche capo ufficio stampa in occasione della beatificazione del cardinale Newman.

In questa intervista rilasciata a ZENIT, Jack Valero afferma che è necessario “avere una visione positiva dei mezzi di comunicazione”, poiché questi “hanno diritto a fare domande difficili”. La sua esperienza è una dimostrazione di come è possibile oggi comunicare il messaggio cristiano.

Come è nata l’idea a Catholic Voices di preparare laici capaci di parlare ai mezzi di comunicazione?

Jack Valero: Nel novembre del 2009 vi è stato un famoso dibattito a Londra sulla Chiesa cattolica, che è stato perso clamorosamente. Questo fatto ha spinto i cattolici a riflettere sulla loro capacità di comunicazione, soprattutto in vista della visita del Papa dell’anno successivo.

Allora ho parlato con un mio amico, Austen Ivereigh, con in quale nel 2006 avevamo formato il Da Vinci Code Response Group, un gruppo di cattolici che fossero presenti nei media per parlare di Cristo, della Chiesa, dell’Opus Dei, ecc.

La prima idea è stata quella di riunire nuovamente i componenti di quel gruppo di 4 anni fa. Ma poi abbiamo pensato che sarebbe stato meglio formare un gruppo totalmente nuovo: una ventina di volontari che potessero fare questo lavoro nei mesi precedenti e durante la visita del Papa nel Regno Unito.

Quando abbiamo annunciato l’iniziativa si sono iscritte 90 persone in 10 giorni. Per questo abbiamo dovuto chiudere le iscrizioni; abbiamo intervistato 45 persone, di cui ne abbiamo scelte 24. 21 di queste persone sono ancora presenti nel gruppo.

Durante i mesi di preparazione alla visita, in cui sono nate parecchie polemiche sui media inglesi, qual è stata per voi la difficoltà maggiore, dal punto di vista della comunicazione?

Jack Valero: Penso che le polemiche abbiano contribuito a dare un profilo molto alto alla Chiesa cattolica e al viaggio del Papa, e abbiano fatto in modo che tutti i media ci dessero spazio per spiegare il nostro punto di vista. Lo scandalo della pedofilia nei Paesi europei che è esploso ad aprile è stato certamente negativo, ma per altri versi ha costretto i cattolici ad informarsi bene su ciò che stava accadendo.

Proprio perché consideriamo queste controversie come opportunità per parlare nei media, non mi viene in mente alcun punto particolare che rappresenti una difficoltà dal punto di vista della comunicazione.

Nei giornalisti c’era più ignoranza o più malafede?

Jack Valero: In Catholic Voices abbiamo una visione positiva dei mezzi di comunicazione. Pensiamo che hanno il diritto di fare domande difficili, che riflettono le domande che si pone la gente comune, e che è loro dovere chiedere conto alle persone e alle istituzioni.

Nel Regno Unito, poiché la Chiesa cattolica è una minoranza, i media hanno sempre potuto chiedere conto delle notizie negative. Penso che sia una cosa salutare.

In questo contesto, penso che qui, tra i giornalisti, vi è molta ignoranza sulle questioni religiose, ma anche grande apertura ad ascoltare le spiegazioni. In questo Paese si dà grande valore alla libertà d’espressione. Se uno spiega bene le cose, gli si dà ascolto; se uno le spiega male, nessuno lo sta a sentire.

L’ “anticattolicesimo” dei media inglesi ha reso particolarmente difficile il compito di fare informazione sulla visita? È difficile rompere miti e tabù sulla fede cattolica?

Jack Valero: Io non credo in questo “anticattolicesimo” dei media. Come ho detto esiste molta ignoranza religiosa e molta indifferenza.

D’altra parte, i media sono interessati ai drammi e alle polemiche, non alle storie felici; è così che funzionano. Per questo motivo, la maggior parte delle notizie religiose che appaiono hanno una luce negativa (scandali sessuali o finanziari, ipocrisie, ecc.).

In Catholic Voices abbiamo studiato come fare un “reframing” (rinquadramento) della notizia per parlare dell’argomento in termini positivi e così poter comunicare meglio il messaggio della Chiesa cattolica, ma senza evadere la questione.

Così, per esempio, con le notizie sugli abusi sui minori bisogna accettare (come fa il Papa) la colpa di non aver saputo trattare il tema in modo adeguato nel passato, ma bisogna parlare anche delle norme che la Chiesa si è data a tutela dei minori, che sono tra le migliori di qualunque istituzione in Gran Bretagna; un giudizio che è condiviso anche dal Governo.

Un altro esempio. Nel parlare dell’Aids in Africa è bene spiegare il grande interesse della Chiesa nel risolvere questo problema, testimoniato dall’assistenza che fornisce a più del 25% delle vittime dell’Aids in Africa, e dal fatto che è l’istituzione che fa di più in termini di salute pubblica in quel continente.

Ci può raccontare qualche aneddoto significativo sul suo gruppo di lavoro?

Jack Valero: Dopo aver terminato i corsi, il nostro gruppo è stato nei media (televisione e radio) più di 100 volte, 70 delle quali durante i quattro giorni della visita del Papa.

Oltre a questo, abbiamo partecipato a diversi dibattiti pubblici sulla Chiesa, il Papa, la visita nel Regno Unito, ecc.

Un caso particolarmente interessante è stato quando la coalizione dei gruppi di protesta ha svolto un incontro, il 12 agosto, per pianificare le proteste e le manifestazioni. Qualche giorno prima, hanno scritto alla Chiesa ponendo una serie di questioni e offrendo la possibilità di partecipare per difendere la posizione cattolica davanti alle 60 persone lì riunite.

Alla fine è andato uno del nostro gruppo: il professore Neil D’Aguiar. Dopo un’ora in cui ha ascoltato i capi dei diversi gruppi anti-visita del Papa che hanno svolto i loro discorsi negativi, lo hanno invitato a rispondere.

Neil ha parlato solo 15 minuti, convenendo sull’idea che si trattasse di problemi reali e dicendo che lui avrebbe voluto risolverli insieme a loro, anche se ribadito che vi erano molte cose che loro non conoscevano bene.

Quando questi hanno realizzato che non li avrebbe attaccati, lo hanno ascoltato in silenzio. Poi gli hanno chiesto una serie di cose e si sono scambiati i recapiti per mantenersi in contatto. Il giorno dopo, uno dei gruppi che erano presenti ha deciso di cancellare la sua protesta.

Penso che sia stata una delle poche volte che gruppi così si siano seduti insieme a dei cattolici a parlare di questi temi controversi e ad ascoltarsi reciprocamente.

Lei è stato anche portavoce della beatificazione del cardinale Newman, una figura ammirata ma anche controversa. Qual è stata la sua difficoltà maggiore in questo ambito?

Jack Valero: Più che di difficoltà preferisco parlare di opportunità. Fino all’anno scorso, quando è stata annunciata la sua beatificazione, Newman era praticamente sconosciuto in questo Paese, a parte gli ambienti cattolici o intellettuali.

Poi sono sorte diverse polemiche che hanno portato i media ad intere
ssarsene. Ho parlato in altre sedi dei cinque punti controversi su Newman: se fosse omosessuale, se fosse liberale o conservatore, se fosse realmente santo, se il miracolo che ha permesso la sua beatificazione sia un vero miracolo, e se la sua beatificazione è motivo di unione o di divisione con gli anglicani.

Queste controversie hanno permesso a molte persone di scrivere articoli, di uscire sui media parlando di Newman, facendolo conoscere meglio. Personalmente ho potuto parlare del primo punto controverso, scrivendo un articolo sull’amicizia e sul celibato sacerdotale sul Guardian, un quotidiano molto influente qui. Se non ci fosse stata quella controversia, nessuno mi avrebbe pubblicato l’articolo e tanto meno il Guardian.

Riguardo alla visita del Papa, si può parlare di un successo mediatico senza precedenti in questo Paese. Il Papa è passato dall’essere il “nazista” al “nonnino amoroso”, secondo l’espressione di un giornale irlandese. Qual è stato l’elemento chiave, la stessa personalità di Benedetto XVI? Il suo messaggio? Entrambe le cose?

Jack Valero: Come è avvenuto per altre visite (Stati Uniti, Australia, Malta) le proteste si fanno più veementi con l’avvicinarsi della data del viaggio, ma appena atterra, la gente può vederlo e ascoltarlo direttamente, e l’opinione pubblica cambia completamente.

Nel caso del Regno Unito, la personalità del Papa (timido, rispettoso, ecc.) è molto vicino all’indole britannica e i messaggi che ha dato nei suoi discorsi e omelie sono stati straordinariamente buoni. Penso che sarà considerato un viaggio molto importante di questo pontificato.

Chi ha sorpreso di più l’opinione pubblica britannica? Il Papa o gli stessi cattolici inglesi?

Jack Valero: Il Papa ha sorpreso l’opinione pubblica, così come è avvenuto nelle altre visite.

Dal suo punto di vista professionale, quale considera essere il maggiore problema dell’informazione religiosa nei media occidentali? Mancano formatori di opinione o manca conoscenza sul tema religioso?

Jack Valero: Un po’ di tutto. Ma ciò che abbiamo imparato in Catholic Voices è che sono i laici che possono comunicare meglio il messaggio cattolico nei media. I laici sono quelli che vivono e lavoro a fianco agli altri, sono quelli che devono pagare il mutuo e accudire il figlio malato la notte. Quando dicono cose alla televisione o alla radio, entrano facilmente in sintonia con il pubblico e usano il giusto vocabolario per spiegare bene le cose.

Penso che in futuro, la Chiesa potrà fare arrivare messaggio molto più lontano, se si organizzassero corsi di formazione per i laici che abbiano questa facilità di comunicazione. Si potrebbe dire che occorre scoprire nella Chiesa la vocazione alla comunicazione.

Molti giornalisti sono intellettualmente, professionalmente e affettivamente molto lontani dalla religione. Crede sia necessaria una “pastorale” dei giornalisti?

Jack Valero: È un’ottima idea quella di informare bene i giornalisti sui temi religiosi. La maggioranza di loro non ha grande conoscenza della Chiesa o della religione. Se si fornisse loro una buona e tempestiva informazione, potrebbero fare molto meglio il loro lavoro e lo apprezzerebbero molto.

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ZENIT Staff

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