di Chiara Santomiero
REGGIO CALABRIA, venerdì, 15 ottobre 2010 (ZENIT.org).- “Nella nostra terra le ombre sono più conosciute delle luci, ma accanto ai limiti ci sono molte risorse umane e sociali che vanno incoraggiate e valorizzate”. Nella sede della Caritas diocesana di Reggio Calabria, accanto alla cattedrale ricostruita dopo il terremoto del 1908, i telefoni squillano in continuazione per rispondere alle numerose esigenze organizzative che sta ponendo la “discesa” nel capoluogo calabrese di 1200 delegati alla 46ma Settimana sociale dei cattolici italiani apertasi il 14 ottobre.
“Accogliamo con gioia questo evento – afferma don Antonino Pangallo, direttore della Caritas diocesana di Reggio Calabria – perchè avvertiamo come particolarmente significativo il fatto che proprio da noi si elabori una tappa di quel percorso della Chiesa italiana per il rinnovamento ecclesiale e civile nel nostro Paese”.
E’ rilevante che “questo processo parta proprio dalla ‘punta dello stivale’” in un momento, tra l’altro, in cui la Calabria e il suo capoluogo stanno vivendo “un delicato periodo di transizione a livello amministrativo e di recrudescenza del fenomeno mafioso, nel quadro di una crisi economica generalizzata”.
Sono tanti i fronti di intervento su cui la Caritas di Reggio Calabria è chiamata a dare il proprio apporto, a cominciare “dalla strada, il luogo in cui si ritrovano sempre più persone che perdono la casa a causa di disoccupazione, separazioni, malattie; dove si trascinano i giovani che cadono nella tossicodipendenza e nell’alcolismo; dove tante donne vengono sfruttate nella prostituzione”.
“La nostra città – aggiunge Pangallo – vive anche una bella esperienza di condivisione con il mondo della malattia mentale. Sono numerose le case famiglia sorte per accogliere i 350 ospiti del manicomio cittadino chiuso dopo la legge Basaglia, sulla scia di una forte mobilitazione civile ed ecclesiale ispirata da don Italo Calabrò, il primo direttore della Caritas diocesana reggina e uno dei fondatori della Caritas nazionale”.
Un altro settore di intervento molto importante in questo contesto è il carcere: “La mentalità mafiosa – afferma Pangallo – può rischiare di diventare dominante. Mentre lavoriamo assiduamente con le giovani generazioni perchè acquisiscano un nuovo modo di guardare alla realtà, non possiamo non farci compagni di cammino di chi sta in carcere e delle loro famiglie, perchè davvero questa esperienza possa adempiere al suo obiettivo di rieducazione”.
Per il direttore della Caritas reggina l’agenda di speranza al centro della Settimana sociale deve porre l’accento per il contesto del sud proprio sul significato di speranza “diversa sia da illusione che da disperazione, perchè c’è sempre la tentazione per noi meridionali di gettare la spugna”. Significa anche rifiuto dell’assistenzialismo: “siamo capaci di camminare con le nostre gambe – afferma Pangallo -; non vogliamo essere considerati la zavorra dell’Italia ma nemmeno abbandonati dal resto della comunità nazionale”.
“Stiamo vedendo – afferma il direttore della Caritas reggina – che il cambiamento è possibile, quando comincia a maturare una coscienza diffusa tra la gente, quando le forze dell’ordine e la magistratura mettono sotto sequestro i beni della mafia e da questi nascono cooperative agricole”.
“Occorre un forte impegno educativo con i giovani – conclude Pangallo – perchè si convincano che cambiare si può, contro la rassegnazione, il lamento sterile, la fuga dalla Calabria”.