ROMA, venerdì, 15 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Sabato 16 ottobre si svolgerà a Bologna, per il secondo anno consecutivo, il pellegrinaggio dei fedeli dell’Emilia Romagna che si avvalgono del motu proprio ‘Summorum Pontificum’ al santuario della Beata Vergine di San Luca (Bologna).
Per i più atletici, ritrovo alle ore 9 in località Meloncello e camminata a piedi fino al Santuario, recitando le tre corone. Per tutti, S. Messa cantata alle ore 10.30.
Si possono trovare ulteriori informazioni presso il sito Hanc igitur (http://www.hancigitur.net/).
ZENIT ha intervistato uno dei promotori dell’iniziativa, don Alfredo Morselli, parroco nella diocesi di Bologna.
Caro don Morselli, anche quest’anno la S. Messa gregoriana al Santuario della Beata Vergine di San Luca?
Don Morselli: Eh sì! Grazie a Dio e al nostro Arcivescovo, il Card. Carlo Caffara: e si può già intravedere che, nonostante le ancora troppe ingiustificate opposizioni al motu proprio Summorum Pontificum, piano piano, queste belle manifestazioni di preghiera non saranno più eccezioni che generano scalpore o meraviglia; ma saranno considerate serenamente “nella norma”.
Il desiderio di Benedetto XVI – la pacifica coesistenza delle due forme del rito romano – è destinato a realizzarsi.
Ci può descrivere quali sono le caratteristiche dei pellegrini che già lo scorso anno sono saliti al Santuario per assistere alla Mesa di San Pio V?
Don Morselli: Gioco forza la mia è una descrizione parziale, in quanto anche lo scorso anno sono giunte tante persone sconosciute agli organizzatori, ma entusiaste di poter sentire i bei canti gregoriani e di partecipare a cerimonie piene di devozione.
Tuttavia posso dire, almeno riguardo alle persone note, che i fedeli dell’Emilia Romagna che si avvalgono del motu proprio Summorum Pontificum hanno le seguenti caratteristiche: non sono coinvolte direttamente nelle problematiche del caso della Fraternità San Pio X, sono obbedienti al Magistero, hanno capito che cos’è l’ermeneutica della continuità, e si vogliono integrare pienamente nelle loro diocesi.
Ci spieghi il primo punto. Cosa significa che i pellegrini sono scollegati dalla FSSPX?
Don Morselli: Innanzitutto, questo non significa che non siano interessatissimi a una pacifica e fruttuosa soluzione del caso, e che non preghino fervorosamente per questo, e neppure che non siano consapevoli della contemporanea crisi neo-modernista.
Ma abbiamo potuto toccare con mano la profonda verità di quello che ha scritto Benedetto XVI in occasione della promulgazione del motu proprio: “Subito dopo il Concilio Vaticano II si poteva supporre che la richiesta dell’uso del Messale del 1962 si limitasse alla generazione più anziana che era cresciuta con esso, ma nel frattempo è emerso chiaramente che anche giovani persone scoprono questa forma liturgica, si sentono attirate da essa e vi trovano una forma, particolarmente appropriata per loro, di incontro con il Mistero della Santissima Eucaristia”.
Il motu proprio, in altre parole, non è solo un gesto per ricondurre alla piena comunione chi non lo è ancora, o un documento per nostalgici, ma è un bene necessario anche se non ci fosse stato il caso Lefèbvre. E la prova è proprio che tanti giovani, che vengono alla Messa gregoriana, conoscono la FSSPX solo per sentito dire.
Ci dica ora perché ha insistito tanto sull’obbedienza al Magistero…
Don Morselli: Alcuni purtroppo pensano che il Vaticano II non ha definito niente, allora non è infallibile; e che quindi si potrebbe non accettare, qualora si ravvedessero delle contraddizioni con il magistero precedente (queste ultime due conclusioni non possono essere vere). In altre parole, alcuni si allargano troppo affermando non solo che “tutto ciò che definito è infallibile” (vero) ma anche che “solo ciò che è definito è infallibile” (falso). Al contrario, la Chiesa propone a credere in tanti altri modi, che non sono definizioni in senso stretto
Certamente talvolta non è immediato vedere la continuità tra il Concilio e la tradizione precedente, dopo che per anni è stata indebitamente sbandierata dal dissenso una sorta di nuova nascita della Chiesa a partire dal Vaticano II. Ma questa è la sfida del momento, l’ermeneutica della continuità: studiare e ristudiare tutto il Magistero, recuperandone la sostanziale omogeneità, garantita dalle promesse del Salvatore. E le posso garantire che le comunità di fedeli che partecipano a questo pellegrinaggio si collocano entusiasticamente su questa linea.
Allora si possono fare critiche al Vaticano II?
Don Morselli: Le critiche potrebbero riguardare, in ipotesi, solo il modo in cui certi concetti sono stati espressi. È vero che non sempre il magistero necessariamente si esprime nel modo migliore o più prudente possibile; come pure potrebbero esserci delle omissioni imprudenti: ma questo si potrebbe dire non solo del Concilio Vaticano II.
Ho usato i “condizionali” perché, per poter dare delle valutazioni libere da considerazioni più emozionali che razionali, ci vorrebbe un clima di sereno dibattito teologico che purtroppo non c’è: il dissenso teologico neo-modernista, che spesso ha indebitamente sulla bocca “Concilio Concilio”, “fa male” al Concilio stesso, presentandolo inaccettabile ai buoni cattolici.
Ci parli ora di un aspetto che ci pare importantissimo: l’integrazione nella pastorale diocesana, che non è marcatamente tradizionalista…
Don Morselli: Le elenco tre fatti: l’Arcivescovo di Bologna ha indetto uno speciale anno di preghiera e di penitenza per le vocazioni sacerdotali: tutti i pellegrini si uniranno alle intenzioni del Cardinale Caffarra e pregheranno per le vocazioni nelle rispettive diocesi.
Un ragazzo che viene alla Messa tridentina ci ha chiesto che cosa può fare durante l’estate ed è stato indirizzato ad andare ad aiutare il suo parroco in un campo scuola, nonostante il parroco disapprovi il suo amore per la liturgia gregoriana (è chiaro che abbiamo ritenuto il giovane sufficientemente formato per reggere qualsiasi “pressing” contrario: e allora abbiamo voluto trasmettergli che se vuole aiutare la Chiesa, la deve aiutare come è, in questo particolare momento storico).
Infine, tra i giovani che hanno servito la S. Messa tridentina a S. Maria della Pietà, in cinque hanno mostrato segni di vocazione; uno solo è andato in una congregazione che celebra in modo stabile in rito antico; gli altri sono andati in congregazioni che celebrano in entrambe le forme e uno frequenta gli incontri per gli adolescenti presso il Seminario arcivescovile di Bologna.