La Chiesa in Iran ha “nuove foglie e porta frutti”

La testimonianza di mons. Thomas Meram, Arcivescovo di Urmia dei Caldei

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ROMA, giovedì, 14 ottobre 2010 (ZENIT.org).- “Malgrado le continue emigrazioni e il numero ristretto di cattolici, vediamo che le vocazioni aumentano e che la Chiesa, in Iran, come un albero ha adesso nuove foglie e porta frutti”. E’ quanto ha detto questo giovedì, prendendo la parola nell’Aula sinodale, mons. Thomas Meram, Arcivescovo di Urmia dei Caldei. 

“La Chiesa caldea – ha ricordato all’inizio – è stata particolarmente perseguitata ed ha sacrificato migliaia e migliaia dei suoi figli sull’altare della fedeltà e dell’amore per Cristo: per questo fu chiamata la Chiesa dei Martiri e ha continuato a emigrare di città in città, di paese in paese, fino ad oggi, senza mai abbandonare nulla della propria fede, irrigata del sangue di questi martiri e santi da cui essa è custodita, rafforzata e confermata”.

Il cristianesimo in Iran è nato in un ambiente religioso al di fuori dell’influenza romano-bizantina delle altre Chiese primitive, ed ha subito molte persecuzioni soprattutto sotto il regno di Shapur II e di Bahram V, tra il IV e il V sec. La sorte dei cristiani persiani ha tuttavia conosciuto un qualche miglioramento sotto il regno di Cosroe II (590-628), grazie alla conversione della moglie.

“Ogni giorno – ha aggiunto – i cristiani si sentono dire, dagli altoparlanti, dalla televisione, dai giornali e dalle riviste, che sono infedeli e per questo vengono trattati come cittadini di serie B, ma essi restano saldi senza cambiare la propria fede, e divengono più coraggiosi e perfino più orgogliosi di essa”.

La Chiesa in Iran, ha continuato, “si sente maggiormente responsabile quando si trova ad affrontare serie difficoltà e malgrado le prove e le tribolazioni, o l’occasionale mancanza di rispetto, vediamo che essa cresce e prospera”.

L’Arcivescovo di Urmia dei Caldei ha quindi accennato alla drastica diminuzione di cristiani, in particolare di cattolici. In un solo ventennio infatti, dal 1976 al 1996, negli anni cioè della Repubblica islamica instaurata nel 1979, il numero dei cristiani è passato da169 mila a 78mila. Le espulsioni del 1980 colpirono l’85% del clero cattolico.

Oggi i cristiani in Iran dovrebbero essere all’incirca 100mila su una popolazione di 70 milioni, di cui 80mila armeni gregoriani, 8mila assiro-caldei cattolici e altrettanti ortodossi, 5 mila protestanti, 2 mila latini e 500 armeno-cattolici.

Tuttavia, ha affermato, “vediamo anche che le vocazioni religiose e sacerdotali sono in aumento fra gli abitanti di questo paese”.

L’Arcivescovo ha quindi ricordato mons. Annibale Bugnini, l’ultimo Nunzio apostolico in Iran, che nel 1979 scrisse un libro intitolato “La Chiesa in Iran” in cui descrisse tutto ciò che fa la Chiesa cattolica attraverso i servizi cristiani, umanitari e culturali, e parlò dell’esistenza di una sola casa di accoglienza per gli anziani e i disabili.

“Adesso – ha raccontato mons. Thomas Meram – abbiamo quattro case, che forniscono servizi gratuiti a queste persone che provengono da tutte le denominazioni cristiane, senza discriminazioni in base all’appartenenza ecclesiale o l’identità nazionale”.

Nel 1979, c’erano soltanto 51 sacerdoti, di cui solo uno era iraniano e due iraniani naturalizzati. Vi erano 73 suore, di cui solo due erano iraniane. La maggior parte di suore e sacerdoti lavorava nel campo dell’insegnamento.

“Adesso – ha aggiunto –, dopo la rivoluzione islamica, la Chiesa sta affrontando la crisi peggiore per quanto concerne la presenza di suore e sacerdoti”.

Tuttavia, ha spiegato mons. Thomas Meram , “possiamo vedere che lo Spirito Santo non ha lasciato sola la Chiesa ad affrontare questo momento di crisi, ma ha infuso nel cuore dei suoi figli e delle sue figlie un senso profondo di responsabilità nei confronti della loro fede e della loro Chiesa”.

“E malgrado le continue emigrazioni e il numero ristretto di cattolici, vediamo che le vocazioni aumentano e che la Chiesa, in Iran, come un albero ha adesso nuove foglie e porta frutti”.

L’Arcivescovo ha poi fatto sapere che oggi nel Paese ci sono 14 sacerdoti – 6 dei quali sono iraniani ed altri due servono la Chiesa fuori dal proprio paese – 4 Vescovi che non sono iraniani, e 21 suore di cui 15 sono iraniane.

“Chiediamo a Dio di far crescere queste vocazioni”, ha quindi concluso.

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ZENIT Staff

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