di Nieves San Martín
SANTIAGO DEL CILE, giovedì, 14 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Durante il salvataggio dei 33 minatori rimasti intrappolati a centinaia di metri di profondità, non c’è stata una parola più pronunciata di questa: Dio. Anche il Presidente Piñera l’ha ripetuta varie volte.
I minatori sono usciti indossando tutti una maglietta con scritto sul davanti “Grazie Signore!” e sul retro un versetto biblico.
La Chiesa si è mantenuta in veglia in molte chiese del Paese, pregando per il buon esito dell’operazione nella miniera San José. La Conferenza Episcopale Cilena ha definito quella del salvataggio “una giornata di Pasqua”.
La parola “Dio” si pronunciava con forza nel campo Esperanza mentre i minatori risalivano verso la superficie. Il segno della croce e la preghiera hanno caratterizzato la giornata di questo mercoledì, in un’“operazione San Lorenzo” durata la metà di quanto era stato previsto.
“Mentre in vari punti del Paese si realizzano veglie di preghiera che si concluderanno con il salvataggio dell’ultimo minatore, un popolo grato ed emozionato ha seguito dettagliatamente l’operazione San Lorenzo, com’è stato battezzato questo recupero in omaggio al diacono e martire, patrono dei minatori”, segnalavano i Vescovi del Cile in una nota.
A Santiago, il Cardinale Francisco Javier Errázuriz ha iniziato la veglia di preghiera per il successo dell’operazione con un’Eucaristia concelebrata.
“Con la nostra preghiera vogliamo essere uniti a questi 33 minatori e alle loro famiglie, uniti nella preghiera, chiedendo al Signore che possa riportare in superficie tutti loro, che non abbiano alcun problema di salute una volta usciti e che questa vita, che per loro sarà una vita nuova che comincia, conti in ogni momento sulla benedizione di Dio. Che sia una vita di famiglia, molto felice. Vogliamo pregare per questo salvataggio e allo stesso tempo per la vita che inizia in loro”, ha segnalato all’inizio della celebrazione.
Nell’omelia, monsignor Cristián Contreras ha riflettuto su questa esperienza partendo da Gv 3, 1-8, ricordando tutto ciò che il popolo cileno ha vissuto in questo periodo e affermando che la notizia che i minatori erano in vita “si è diffusa anche più rapidamente delle disgrazie e degli scandali che in genere occupano le prime pagine”.
“Non solo erano vivi, ma in un primo contatto hanno chiesto che cosa fosse accaduto ad altri lavoratori che erano nella miniera al momento del crollo: una lezione di solidarietà e di autentico spirito cileno”, ha aggiunto.
“Uomini e donne, bambini e anziani, famiglie intere sono usciti a festeggiare in strada, si sono uniti nelle piazze e dai tetti degli edifici si sentivano persone che dicevano: ‘Sono vivi, sono vivi! Miracolo! Grazie a Dio!’”, ha ricordato.
L’impossibilità di contenere la gioia è stata identificata dal presule con un esempio di ciò che i Vescovi latinoamericani hanno identificato ad Aparecida (nº 14) come un’effusione di gratitudine e di gioia, “quell’atteggiamento naturale e fondamentale a partire dal quale noi cristiani siamo chiamati a comunicare ovunque il dono del nostro incontro con Gesù Cristo”.
L’Eucaristia è terminata dopo la mezzanotte, quando il primo minatore, Florencio Ávalos, è giunto in superficie. Il Cardinale Errázuriz ha assistito a questo momento emozionante grazie a un dispositivo mobile situato nella Plaza de Armas della capitale cilena, in compagnia dei Vescovi, dei vicari e dei sacerdoti che hanno concelebrato la Messa, oltre che di numerosi passanti che si trovavano sul posto.
Il Vescovo di Copiapó ha invitato fin dall’inizio delle operazioni di recupero tutte le comunità ad accompagnare con la preghiera i familiari dei minatori nel campo Esperanza. “In questi momenti cruciali, dobbiamo mantenere la speranza e accompagnare con preghiera e fede”, ha segnalato monsignor Gaspar Quintana CMF.
Il presule ha indicato che tutta l’operazione “non ci deve far dimenticare le lezioni di questo incidente, ovvero fondamentalmente costruire una società in cui sia rispettato il diritto di lavorare in condizioni di sicurezza e in cui ciascuno assuma la responsabilità che gli spetta perché fatti del genere non tornino a verificarsi”.
Il leader del gruppo dei 33, che era capo di turno nella miniera ed è stato l’ultimo a uscirne, ha detto lo stesso al Presidente Piñera: “Le consegno il turno e che non torni a ripetersi”.
Monsignor Quintana è stato per 70 giorni accanto ai familiari e ha celebrato l’Eucaristia ogni domenica pomeriggio nel campo Esperanza. Nel giorno del salvataggio ha parlato con alcuni familiari dei minatori, esortandoli ad avere forza e speranza e a condividere la gioia delle famiglie i cui cari erano già stati salvati. E’ poi tornato a Copiapó per presiedere un’Eucaristia di ringraziamento nel Santuario della Candelaria.
L’immagine della Madonna della Candelaria ha presieduto accanto alla miniera tutte le tappe dell’odissea dei lavoratori, tornando poi nel suo Santuario di Copiapó.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]