* * *
Signor Ambasciatore,
Sono lieto di riceverla, Eccellenza, in questo solenne atto nel quale mi consegna le Lettere che l’accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario del Cile presso la Santa Sede. Desidero porgerle il mio più cordiale benvenuto, e nello stesso tempo la ringrazio per le parole di saluto da parte del Presidente della Repubblica, il dottor Sebastián Piñera Echenique, e del suo Governo.
La presenza di Sua Eccellenza nella Santa Sede mi fa pensare con rinnovato vigore a un Paese che, sebbene geograficamente lontano da qui, serbo nel profondo del cuore, soprattutto dopo il terribile terremoto che ha subito recentemente. Fin dal primo momento, ho voluto mostrare la mia vicinanza al popolo cileno e, attraverso la visita del Segretario di Stato, il Cardinale Tarcisio Bertone, ho trasmesso il mio conforto e la mia speranza alle vittime, ai loro familiari e ai numerosi sinistrati, che tengo particolarmente presenti nel mio cuore. Non mi dimentico neppure dei minatori della regione di Atacama e dei loro cari, per i quali prego con fervore.
A tale proposito, desidero sottolineare e valorizzare l’unità del popolo cileno dinanzi alle disgrazie, la sua risposta tanto generosa e solidale quando la sofferenza imperversa, come pure lo sforzo immenso che la Chiesa cattolica in Cile, molte delle cui comunità sono state a loro volta duramente colpite dal sisma, sta realizzando per cercare di aiutare quanti ne hanno bisogno.
Lei, Eccellenza, comincia la sua missione presso la Santa Sede proprio nell’anno in cui il Cile celebra il Bicentenario della sua Indipendenza, il che mi offre l’opportunità di sottolineare ancora una volta il ruolo della Chiesa negli eventi più importanti del suo Paese, come pure nel consolidamento di un’identità nazionale propria, profondamente segnata dal sentimento cattolico. Sono molto numerosi i frutti che il Vangelo ha prodotto in questa terra benedetta. Frutti abbondanti di santità, di carità, di promozione umana, di ricerca costante della pace e della convivenza. In tal senso, desidero ricordare la celebrazione, lo scorso anno, del venticinquesimo anniversario della firma del Trattato di pace e di amicizia con l’Argentina, nazione sorella, che, con la mediazione pontificia, ha posto fine al contenzioso australe. Questo Accordo storico resterà per le generazioni future un esempio luminoso del bene immenso che la pace porta con sé, come pure dell’importanza di conservare e di promuovere quei valori morali e religiosi che costituiscono il tessuto più intimo dell’anima di un popolo. Non si può pretendere di spiegare il trionfo di questo anelito di pace, di concordia e di intesa, se non si tiene conto di quanto profondamente il seme del Vangelo si è radicato nel cuore dei cileni. In tal senso e ancora di più nelle circostanze attuali, nelle quali bisogna far fronte a tante sfide che minacciano la stessa identità culturale, è importante favorire soprattutto fra i giovani un sano orgoglio, un rinnovato apprezzamento e una rivalorizzazione della loro fede, della loro storia, della loro cultura, delle loro tradizioni e della loro ricchezza artistica e di ciò che costituisce il migliore e più ricco patrimonio spirituale e umano del Cile.
In questa ottica, vorrei sottolineare che, sebbene lo Stato e la Chiesa siano indipendenti e autonomi ognuno nel proprio campo, entrambi sono chiamati a sviluppare una collaborazione leale e rispettosa per servire la vocazione personale e sociale delle persone stesse (cfr. Gaudium et spes, n. 76). Nel compimento della sua missione specifica di annunciare la Buona Novella di Gesù Cristo, la Chiesa cerca di rispondere alle aspettative e agli interrogativi degli uomini, basandosi anche su valori e principi etici e antropologici iscritti nella natura stessa dell’essere umano. Quando la Chiesa fa sentire la sua voce dinanzi alle grandi sfide e ai problemi attuali, come le guerre, la fame, la povertà estrema di tanti, la difesa della vita umana dal concepimento fino al suo termine naturale, o la promozione della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna e prima responsabile dell’educazione dei figli, non agisce per un interesse particolare o per principi che possono percepire solo quanti professano una determinata fede religiosa. Rispettando le regole della convivenza democratica, lo fa per il bene di tutta la società e a nome dei valori che ogni persona può condividere con la sua retta ragione (cfr. Discorso al Presidente della Repubblica italiana, 20 novembre 2006).
A tale proposito, il popolo cileno sa bene che la Chiesa in questa Nazione collabora, in modo sincero ed efficace, e desidera continuare a farlo, a tutto ciò che può contribuire alla promozione del bene comune, del giusto progresso e della pacifica e armoniosa convivenza di tutti coloro che vivono in questa bella terra.
Signor Ambasciatore, prima di concludere questo incontro, le formulo i miei voti migliori per lo svolgimento della sua alta missione, e nello stesso tempo l’assicuro della cordiale accoglienza e della disponibilità da parte dei miei collaboratori. Con questi sentimenti, invoco di cuore su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e sugli altri membri di questa Missione Diplomatica, come pure su tutto l’amatissimo popolo cileno e sui suoi dirigenti, per intercessione della Vergine del Carmen, l’abbondanza delle benedizioni divine.
[© Copyright 2010 – Libreria Editrice Vaticana]