Musica liturgica o liturgia della musica?

Sulle polemiche intorno alla presunta nomina del direttore della Cappella Sistina

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MACAO, martedì, 5 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Con questo primo articolo di Aurelio Porfiri, musicista e docente universitario, nasce la rubrica “Note liturgiche”. Gli articoli affronteranno temi collegati al rapporto fra liturgia e musica, temi che specialmente nel momento in cui viviamo assumono una rilevanza particolare. L’intento è quello di far riflettere, di far riscoprire l’importanza che la liturgia (e la musica ad essa connessa) ricopre nella vita di ognuno di noi.

 

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di Aurelio Porfiri*

Il dibattito sulla musica liturgica o su quello che deve essere giudicato appropriato alla celebrazione liturgica non conosce momenti di sosta. Anche nel mese di settembre 2010, queste polemiche si sono rinnovate grazie alle notizie di un probabile avvicendamento alla guida della Cappella Sistina, il coro del Papa. Personalmente non voglio entrare nel merito di questa notizia, mi interessa un pochino di più cercare di sondare alcune nozioni fondamentali intorno alla musica usata per le celebrazioni liturgiche. Mi interessa capire perchè ad ogni notizia che riguarda la musica di chiesa ci si trova sempre ad osservare scaramucce varie che alla fine portano ad una stasi che dura da decenni.

Da almeno quarant’anni diverse visioni di ciò che dovrebbe essere la musica per la liturgia si danno battaglia per affermare l’una o l’altra posizione. Ora, credo un minimo di chiarezza sui termini del discorso contribuirebbe al vero progresso in questo campo, che certamente è stato devastato come non pochi nei difficili anni del dopo Concilio. Già dal nome da accompagnare con il termine ‘musica’ ci si trova in innumerevoli pastoie: musica sacra? Musica liturgica? Musica rituale? Musica di chiesa? Musica santa? Come si vede la battaglia della terminologia può essere abbastanza complicata. Solo con questo si creano molte divisioni, non solo in Italia, un pò dappertutto.

Mi sembra interessante introdurre questa distinzione: musica liturgica o liturgia della musica? Cosa intendo con questo? Intendo che bisogna mettere in ordine il materiale prima di poter possedere una possibile via di uscita dalle pastoie polemiche che non fanno bene a nessuno. Intendiamo con ‘musica liturgica’ quella musica che si intende come servizio all’azione liturgica. Ora bisogna un attimo chiarire il termine ‘servizio’. Certamente servizio può avere un senso diminutivo, come di ‘essere servo’. Ma io penso si possa far passare questo senso se ne possiamo capire le coordinate. Questo servizio, non è diminutivo se il ‘padrone’ è la liturgia, non i liturgisti o i musicisti. Mi spiego: se la musica si pone come scopo quello di adornare la liturgia della bellezza che scaturisce in ogni caso dalla liturgia stessa, allora essa veramente adempie la sua missione. La musica è come un’amplificatore, per parlare in termini un pochino semplici: se è adatta alla azione liturgica non fa che renderla più viva ed efficace (ed ascoltabile) nel cuore dei fedeli. La liturgia è il “padrone”, non le smanie di musicisti o liturgisti. La musica è qui l’ancilla che Maria ha cantato nel Magnificat, come Maria è intimamente unita al Figlio suo così la musica è unita intimamente alla liturgia, la Sacrosanctum Concilium dirà che ne è “parte necessaria ed integrante”.

Più di così, cosa si vuole? La liturgia della musica accade quando si cerca di trovare la soluzione ai problemi della musica per le celebrazioni liturgiche all’interno della musica stessa, come se bastasse votarsi ad uno stile musicale per risolvere i problemi della musica nella liturgia. Non dimentichiamo che i grandi stili di musica liturgica, come quelli già esaltati da san Pio X nel suo epocale Motu Proprio “Tra le sollecitudini” del 1903, non erano grandi solo in quanto musica, ma lo erano in quanto perfettamente aderenti all’azione liturgica. Ecco la grandezza del canto gregoriano e della polifonia rinascimentale ed ecco perchè saranno sempre grandi. Certo, erano anche frutto della perizia di musicisti professionisti, ma non basta essere geni della musica per produrre buona musica liturgica. E non dimentichiamo che questi repertori, al tempo, erano la cultura musicale del tempo.

Il problema è che oggi la musica liturgica non è più portatrice di una cultura largamente condivisa, non influenza la musica in generale, ma è anzi influenzata dagli stili dominanti, è una specie di sottocultura musicale, detto senza nessun intento offensivo. Come ritrovare la strada maestra per la musica liturgica? Domanda interessante. Bisogna che le forze migliori si rimettano a lavorare per fare in modo che quanto scaturisce dagli insegnamenti della Chiesa si faccia note, note che possano farsi vera cultura del popolo e non esercitazioni di gruppi nostalgici degli anni Sessanta o di tempi d’oro che non potranno mai più tornare. Bisogna saper essere robusta cultura, basata su una tradizione importante ma aperta all’epoca che ci è dato vivere e in attesa della manifestazione finale dello splendore della liturgia celeste.

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*Aurelio Porfiri vive a Macao ed è sposato con un figlio. E’ professore associato di musica liturgica e direzione di coro e coordinatore per l’intero programma musicale presso la University of Saint Joseph a Macao (Cina). Sempre a Macao collabora con il Polytechnic Institute, la Santa Rosa de Lima e il Fatima School; insegna inoltre allo Shanghai Conservatory of Music (Cina). Da anni scrive per varie riviste tra cui: L’Emanuele, la Nuova Alleanza, Liturgia, La Vita in Cristo e nella Chiesa. E’ socio del Centro Azione Liturgica (CAL) e dell’Associazione Professori di Liturgia (APL). Sta completando un Dottorato in Storia. Come compositore ha al suo attivo Oratori, Messe, Mottetti e canti liturgici in latino, italiano ed inglese. Ha pubblicato al momento quattro libri, l’ultimo edito dalle edizioni san Paolo intitolato “Abisso di Luce”.

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ZENIT Staff

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