CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 26 marzo 2010 (ZENIT.org).- Le nuove accuse del New York Times contro Benedetto XVI sono "mera speculazione", spiega la Santa Sede, confermando che il Papa è estraneo alla reintegrazione pastorale nell'Arcidiocesi di Monaco di un sacerdote condannato per atti di pedofilia.

Il quotidiano newyorkese ha ripreso questo venerdì in un articolo le informazioni pubblicate dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung in cui si accusava il Cardinale Joseph Ratzinger di aver assegnato quel sacerdote, conosciuto come "H.", all'assistenza pastorale in una parrocchia di Monaco senza alcun limite.

Si tratta del secondo articolo pubblicato dal New York Times in questi giorni per attaccare direttamente Benedetto XVI. Entrambi gli articoli sono stati categoricamente smentiti dal Vaticano.

Questo venerdì padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, si è riferito a un nuovo comunicato dell'Arcidiocesi bavarese in cui si ribadisce che il Cardinale Ratzinger non ha avuto alcun ruolo nella decisione di reintegrare a livello pastorale quel sacerdote, spettata all'allora vicario generale, Gerhard Gruber, che se ne è assunta la piena responsabilità.

Secondo l'Arcidiocesi, Ratzinger si era limitato ad accogliere nella propria Arcidiocesi il presbitero, proveniente dalla Diocesi di Essen, nel gennaio 1980, perché fosse sottoposto a terapia a Monaco a causa dei suoi disordini sessuali e potesse avere una residenza.

"Ancora speculazioni" è il titolo della breve nota con la quale informa della questione il quotidiano della Santa Sede, "L'Osservatore Romano", nella sua edizione italiana del 27 marzo.

In base alla smentita dell'Arcidiocesi di Monaco, presentata da padre Lombardi ai giornalisti, che in Vaticano hanno chiesto una spiegazione questo venerdì, "l'articolo del New York Times non contiene alcuna nuova informazione oltre a quelle che l'Arcidiocesi ha già comunicato sulle conoscenze dell'allora Arcivescovo sulla situazione del sacerdote H.".

"L'Arcidiocesi conferma quindi la sua posizione, secondo cui l'allora Arcivescovo non ha conosciuto la decisione di reinserire il sacerdote H. nell'attività pastorale parrocchiale".

"Essa rifiuta ogni altra versione come mera speculazione", conferma il comunicato. "L'allora Vicario generale, Mons. Gerhard Gruber, ha assunto la piena responsabilità della sua propria ed errata decisione, di reinserire H. nella pastorale parrocchiale".

“Campagna di diffamazione e calunnia” contro il Papa

ROMA, venerdì, 26 marzo 2010 (ZENIT.org).- Espressioni di solidarietà e sostegno giungono da più parti a Benedetto XVI, oggetto di una campagna mediatica mirante a gettare ombre sul suo passato o a screditarne l’impegno nel contrastare gli abusi sessuali compiuti da sacerdoti e religiosi.

Questo venerdì, al termine della loro Assemblea plenaria di primavera, svoltasi a Lourdes, i Vescovi francesi si rivolgono al Papa con una lettera etichettando come fatti “inammissibili” quelli utilizzati in “una campagna volta ad attaccare la vostra persona e la vostra missione al servizio del corpo ecclesiale”.

“Noi tutti – continuano – soffriamo per questi comportamenti indegni e teniamo a dirvi che portiamo con lei la pena che provocano le calunnie che vi colpiscono e vi rinnoviamo l’espressione della nostra comunione e del nostro sostegno”.

Sulla questione è intervenuto anche il Cardinale André Vingt-Trois, Presidente della Conferenza dei Vescovi di Francia, che in chiusura dell’Assemblea plenaria ha parlato di una “campagna di diffamazione e calunnia, orchestrata per offuscare l’immagine del Papa”.

“Sappiamo tutti – ha detto il porporato – con quale vigore egli ha agito, prima come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e poi come Sommo Pontefice, per mettere a disposizione dei vescovi i modi per affrontare con forza e chiarezza le situazioni penali”.

“La Lettera del Papa ai cattolici irlandesi – ha riconosciuto il Cardinale Vingt-Trois – esprime la compassione per le vittime, riconosce coraggiosamente gli errori e le omissioni del passato e chiama a prendere misure severe per evitare che simili aberrazioni si possano ripetere”.

Dal canto suo mons. Vincenzo Pelvi, Arcivescovo ordinario per l’Italia, in una lettera inviata a tutti i fedeli della Chiesa ordinariato militare ha detto: “Addolora questa forma subdola di progressiva e continua irrisione e di aperta aggressività a tutto quello che la Chiesa cattolica propone per tenere lo sguardo rivolto verso l’alto, dimensione autentica di libertà”.

“Meraviglia, poi, che questo Pontefice, così ricco di mitezza evangelica e di onestà intellettuale, susciti sentimenti di astio e forme di anticlericalismo che si pensava fossero superate”, continua.

“Agli ingiusti e menzogneri attacchi – sottolinea poi –, la Chiesa castrense risponde concorde e unanime nella preghiera per il Sommo Pontefice che antepone Cristo e il bene delle anime ad ogni umana considerazione, consapevole che è meglio lasciar perdere le opinioni terrene”.

In una intervista alla Radio Vaticana, mons. Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze, ha parlato invece di “un’evidente manipolazione dei dati”.

“Io qui – ha detto – posso portare quella che è la mia diretta esperienza di Arcivescovo di una diocesi d’Italia che si è trovata a doversi confrontare con questo tipo di problematiche e che ha sempre trovato nella Congregazione per la Dottrina della Fede la massima attenzione e direi la massima severità di fronte al fenomeno”.

“Non s’insabbiano queste cose nella Congregazione per la Dottrina della Fede – ha aggiunto –, né al tempo in cui la responsabilità era dell’allora Cardinale Ratzinger e dell’allora Segretario Bertone, né ora che Joseph Ratzinger è il nostro Santo Padre Benedetto XVI e altri suoi collaboratori sono preposti a questo compito. Questo posso testimoniarlo”.

Il presule ha poi richiamato il caso di don Lelio Cantini, il sacerdote ritenuto colpevole di abusi sessuali e psicologici ai danni minori tra il 1973 e il 1987, quando era parroco della chiesa “Regina della pace”, e che nel 2008 venne ridotto da Benedetto XVI allo stato laicale.

Quel caso, ha spiegato mons. Betori, “dimostra come neanche il vincolo della prescrizione abbia fermato la Santa Sede dal prendere posizione e dall’emettere una sentenza su questo caso molto, molto grave. Potendo contare su prove concrete, il caso è stato portato avanti fino ad arrivare ad una sentenza, che è stata una sentenza assai pesante”.