Mons. Romero ha testimoniato come Cristo l'amore per un popolo sofferente

Il Cardinale Sepe ricorda a Roma la figura di questo martire

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di Nieves San Martín

BOGOTÁ, venerdì, 26 marzo 2010 (ZENIT.org).- Sono molte le celebrazioni che si stanno svolgendo per i 30 anni dall’assassinio a El Salvador di monsignor Óscar Arnulfo Romero. In un’Eucaristia celebrata a Roma, il Cardinale Crescenzio Sepe ha ricordato che Romero è stato testimone come Cristo dell’amore per un popolo che soffriva.

30 anni fa, domenica 23 marzo, monsignor Romero, in quella che fu la sua ultima omelia, esortava i poteri statali: “In nome di Dio e di questo popolo sofferente… vi chiedo, vi supplico, vi ordino in nome di Dio, cessi la repressione”. Il giorno dopo, il 24 marzo 1980, monsignor Romero morì assassinato nella cappella dell’ospedale La Divina Provvidenza, mentre celebrava l’Eucaristia.

Papa Giovanni Paolo II si rivolse immediatamente al presidente della Conferenza Episcopale Salvadoregna: “Venendo a conoscenza con animo trafitto dal dolore e dall’afflizione dell’infausta notizia del sacrilego omicidio di monsignor Óscar A. Romero, il cui servizio sacerdotale alla Chiesa è stato sigillato con l’immolazione della sua vita mentre offriva la vittima eucaristica, non posso che esprimere la mia più profonda riprovazione di pastore universale di fronte a questo crimine esecrabile che, oltre a flagellare crudelmente la dignità della persona, ferisce nel più profondo la coscienza di comunione ecclesiale e di quanti nutrono sentimenti di fraternità umana”.

Solo nel 2009 il nuovo Presidente di El Salvador, Mauricio Funes, ha riconosciuto la responsabilità dello Stato salvadoregno nel crimine che ha avuto come vittima monsignor Romero.

La Chiesa cattolica a El Salvador realizza da vari mesi attività commemorative, iniziate con un pellegrinaggio partito dalla cappella dell’ospedale La Divina Provvidenza per arrivare al parco Cuscatlán, dove si trova il monumento alle vittime della repressione a El Salvador.

Migliaia di bambini hanno partecipato a un concorso di disegni sul tema “Monsignor Romero, Speranza delle Vittime”.

L’Orchestra Sinfonica Nazionale ha eseguito, in onore di monsignor Romero, l'”Ouverture per un martire”, al Teatro Nazionale.

Questo mercoledì, il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani, José Miguel Insulza, ha detto che è “una figura universale dei diritti umani”. “Oggi El Salvador e il mondo inero lo ricordano come un uomo che ha parlato di ingiustizia senza ambiguità, e anche se la sua morte ha voluto mettere a tacere il suo deciso impegno nei confronti dei più bisognosi e la dignità dei salvadoregni, di fatto l’ha trasformato in un martire”, ha aggiunto.

“Non si contano le organizzazioni della società civile e dei movimenti in difesa dei diritti umani che riconoscono in monsignor Romero una figura di spicco in difesa dei più poveri e un ‘santo’ per il mondo di oggi”, ha affermato Leónidas Ortiz, direttore dell’Osservatorio Pastorale del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM).

“Monsignor Romero è stato, in primo luogo, un Pastore della sua comunità, uomo di fede e di comunione ecclesiale, dedito al servizio dei più poveri, soprattutto alle vittime del conflitto armato che si viveva nella sua patria. In campo sociale ha messo in pratica la Dottrina Sociale della Chiesa, cercando sempre il dialogo nella soluzione dei conflitti, denunciando le ingiustizie e le violazioni sistematiche dei diritti umani ed esortando sempre alla conversione”, ha sottolineato.

“In questo Anno Sacerdotale è confortante porre sul tavolo figure come quella di monsignor Óscar Arnulfo Romero, che hanno lasciato un segno per la loro spiritualità, il loro servizio pastorale e l’impegno con i poveri e gli esclusi, in particolare con le vittime, anche fino alla morte”, ha concluso Ortiz.

Anche la Comunità di Sant’Egidio ha voluto unirsi alle celebrazioni di questo 30° anniversario. In un comunicato, ricorda che “è presente in El Salvador da molti anni e ha raccolto da tempo la memoria di monsignor Romero”.

Ricorda anche che “quest’anno un giovane della Comunità, William Quijano, è stato ucciso da una banda perché impegnato con la Comunità nel salvare i bambini e i giovani dalla violenza nel quartiere periferico di Apopa”.

“Romero visse e predicò la fede – sottolinea la Comunità -. Romero è stato un Vescovo in tempi difficili. Pose se stesso e la sua Chiesa, come guida verso la pace, quando non si vedeva lo sbocco politico per il domani. Credeva nella forza della fede: ‘Al di sopra delle tragedie, del sangue e della violenza, c’è una parola di fede e di speranza che ci dice: c’è una via d’uscita… Noi cristiani possediamo una forza unica’. Resta un modello di Vescovo fedele. Monsignor Romero fu un vescovo al servizio del Vangelo e della Chiesa”.

Questo martedì, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere di Roma, l’anniversario è stato sottolineato con una solenne liturgia eucaristica celebrata dal Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli, alla quale hanno partecipato varie migliaia di persone. Nella Basilica è stato esposto il Messale appartenuto al Vescovo assassinato.

Nella sua omelia il Cardinale, ricordando il momento della sua morte, ha affermato: “Romero lì sull’altare, quasi conscio, come lo era, di un sacrificio che si stava ormai consumando, pone la sua vita, tutto quanto aveva realizzato come Vescovo, nel calice di Cristo, per essere come lui testimone di questo amore per un popolo che soffriva”.

“Romero è caduto e la sua morte, più passa il tempo, più vediamo che porta frutto, perché è un testimone di Cristo, testimone del suo Vangelo di salvezza, testimone della sua carità, del suo amore per gli uomini”.

“Questa sera vogliamo ricordare questo martirio di 30 anni fa, quasi a recarci spiritualmente in pellegrinaggio sulla tomba di questo testimone e trarne forza per la nostra testimonianza che ancora oggi, in tante parti del mondo e non solo del mondo lontano, del mondo anche vicino, richiede coraggio, forza, soprattutto quando, come Romero, si vuole diventare voce di chi non ha voce, si vogliono difendere i deboli, si vuol dare dignità a chi è stata rubata questa dignità umana e cristiana”.

“In fondo il sacrificio di Romero è un po’ la conclusione di tutta una vita vissuta all’insegna del Vangelo e per amore alla Chiesa. Lui, in tutto, si è messo – diceva, parlando di una certa conversione – si è messo al seguito della Chiesa e dei poveri, perché così sentiva di svolgere la sua missione di pastore”, ha sottolineato il Cardinale.

“Il cristiano non si arrende, anche di fronte al male, alle strutture del male, ai mali sociali che alle volte tentano di soffocare la giustizia e la pace. Non ci arrendiamo, anche se assistiamo, anche oggi, a queste violenze (…), alle tante strutture di peccato, a cominciare dalle varie camorre, dalle varie mafie che inquinano. Sembrano quasi come una pietra che voglia soffocare, annullare il bene. Noi non ci arrendiamo perché sappiamo che siamo radicati sulla roccia che è Cristo. Che nessuno ci può togliere, ci può rubare la speranza che diventa appunto il motivo, la forza del nostro reagire alla violenza e al male”, ha concluso il Cardinale Sepe.

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ZENIT Staff

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